COSENZA Due casi drammaticamente simili avvenuti nello stesso luogo e a pochi giorni di distanza l’uno dall’altro. Due casi di presunta malasanità (sarà chi di dovere ad accettarlo) che vanno ad aggiungersi ad altre vicende più o meno recenti verificatesi sempre in Calabria. Ma partiamo dalla fine, da ciò che è accaduto in appena dieci giorni a Corigliano Rossano. Il 27 maggio un bracciante agricolo di 37 anni è vittima nella sua abitazione di un attacco cardiaco con fibrillazioni. Sul posto, giunge l’ambulanza del “Soccorso avanzato” senza medico a bordo. L’uomo, secondo la ricostruzione dell’Asp di Cosenza, viene defibrillato senza successo per cinque volte. E muore accanto ai suoi figli. Quaranta minuti dopo, da Trebisacce arriva sul posto una nuova ambulanza, stavolta con medico a bordo, al solo scopo, pare, di compilare il documento di accertamento del decesso avvenuto. I familiari del bracciante agricolo, sconvolti dal dolore, decidono di denunciare l’accaduto: perché l’ambulanza era senza medico, e perché il secondo mezzo, con medico a bordo, è arrivato a Corigliano Rossano quaranta minuti dopo la seconda chiamata al 118? Acquisita la denuncia, il sostituto procuratore della procura di Castrovillari Luca Primicerio dispone il sequestro del corpo e il conseguente esame autoptico. Sulla vicenda interviene la sera stessa il commissario straordinario (pochi giorni dopo promosso direttore generale) dell’Asp di Cosenza Antonio Graziano. «Anche in Lombardia – rivela al Corriere della Calabria – in questi casi, come da protocollo, si interviene con un “Soccorso avanzato” del 118 con a bordo soltanto infermieri i quali, nella circostanza di oggi a Corigliano Rossano, hanno fatto di tutto per salvare l’uomo ma, evidentemente, le sue condizioni erano già compromesse. Aspetteremo comunque l’esito dell’autopsia per accertare le cause della morte». Quattro giorni fa l’associazione “Codici” ha presentato un esposto in procura sulla morte del 37enne, chiedendo se sia possibile attendere più di mezz’ora per un’ambulanza, per giunta senza medico. «Ed è possibile – ha sottolineato l’associazione – attendere un’altra mezz’ora per l’arrivo della seconda, arrivata quando ormai non c’era più nulla da fare?». Tutto questo 24 ore prima di un nuovo drammatico evento. Il 6 giugno, infatti, a Corigliano Rossano un cittadino rumeno di mezza età ha un attacco di cuore, viene chiamata l’ambulanza, anche in questo caso non medicalizzata. Viene praticato il massaggio cardiaco e, nel frattempo, il personale paramedico attiva un’altra ambulanza di supporto e l’Elisoccorso da Cirò. Una delle due ambulanze giunge subito in ospedale per prendere l’equipe arrivata con l’elisoccorso composta da anestesista, rianimatore e infermiere. Ma una volta raggiunta l’abitazione dell’uomo, i medici non possono fare altro che constatarne il decesso. Di paradossale, in questa situazione, c’è la distanza tra l’abitazione della vittima e l’ospedale spoke “Giannettasio”: circa 300 metri.
Ma, come anticipato, non sono pochi i casi recenti di pronto intervento del 118, privo di medico a bordo, conclusisi con il decesso dei pazienti. Il 21 febbraio 2023 muore a Lamezia Terme un uomo, Enzo Mascaro, dopo aver atteso per mezz’ora l’ambulanza che giunge poi sul posto senza medico e defibrillatore. In quella circostanza, la consigliera regionale di opposizione Amalia Bruni, pur sottolineando che nessuno può avere la «certezza che con medico e defibrillatore le cose sarebbero andate in modo diverso», afferma «che non è stato fatto quello che sarebbe stato necessario. E non è stato fatto perché il servizio di emergenza urgenza è ormai praticamente inesistente e ridotto ad una pura funzione di taxi». «Il commissario Occhiuto – evidenzia in quella circostanza ancora Bruni – ha i poteri per intervenire rapidamente, per trovare i fondi necessari e offrire ai colleghi gli incentivi necessari a ripagare tutti i loro sforzi. Ma bisogna farlo subito, ci sono delle zone, soprattutto nel Lametino, dove il settanta per cento dei turni del 118 è sprovvisto di medico a bordo».
Ma è la testimonianza dei familiari di Mascaro a colpire maggiormente. «Probabilmente – affermano – Enzo non si sarebbe salvato nemmeno con l’intervento tempestivo di personale medico con adeguata attrezzatura di rianimazione, ma non abbiamo purtroppo questa certezza ad alleggerire il dolore che proviamo. Rimane, pressante, il dubbio: e se ci fosse stata anche una sola possibilità di salvezza? Non possiamo quindi non domandarci: perché non è garantito a tutti equo accesso al diritto alla cura e al soccorso? Perché a Lamezia è in servizio una ambulanza del 118 senza medico rianimatore e senza defibrillatore? Basta rassegnazione. Non possiamo lasciar cadere questo episodio nell’oblio, con la solita rassegnazione che sembra accompagnare noi calabresi».
Il 23 marzo 2023 la storia di ripete a San Pietro Apostolo, nel Catanzarese, stavolta in una Rsa. Un 84enne viene colpito da un attacco di cuore e si chiama l’ambulanza che, partita da Tiriolo, giunge nella struttura per persone anziane senza medico. Si pratica il massaggio cardiaco ma quando arriva l’elisoccorso, per l’uomo non c’è più nulla fare. Un episodio, questo, che mette in risalto le difficoltà croniche affrontate quotidianamente dall’Asp di Catanzaro, che deve fare i contri con gravi carenze di medici nelle postazioni d’emergenza di Tiriolo, Sersale e Maida.
Andando leggermente indietro nel tempo, c’è da registrare un altro singolare episodio del settembre scorso, verificatosi ancora a Lamezia Terme. Un medico, Raffaele Caparello, muore nella notte del 27 settembre a seguito di un malore. Intorno alle 3 di notte il dottore avverte forti dolori al petto e al braccio. I familiari contattano il 118 ma si sentono rispondere dagli operatori che non ci sono ambulanze disponibili. La stessa risposta viene fornita dopo un’ora. Al termine di un consulto con la gurdia medica, Caparello viene portato immediatamente nel Pronto soccorso dell’Ospedale di Lamezia, dove però muore poco dopo.
Riccardo Borselli dirigente medico della centrale operativa 118 dell’Asp di Cosenza, in un’intervista rilasciata giovedì scorso al Corriere della Calabria (leggi qui), conferma quella che può essere definita, senza timore di smentite, una situazione drammatica che riguarda tutte le province calabresi alle prese con una carenza di personale medico sempre più rilevante (anche se, sottolinea Borselli, i concorsi in regione non mancano). Solo nella provincia di Cosenza i medici oggi sono 62 rispetto ai 180 precedenti. Numeri preoccupanti che, però, secondo il dirigente medico, miglioreranno da qui a breve grazie anche «a una formazione molto più efficiente ed efficace, specialmente per gli infermieri che si approcciano solo ora ai sistemi di emergenza».
Va detto che già nel luglio del 2022 il presidente nazionale del Sis 118 Mario Balzanelli aveva denunciato la situazione di forte disagio vissuta dalla categoria in tutto il Paese. «Chiamare il 118 – aveva detto – è un terno al lotto. Negli ultimi 7-8 anni il sistema di soccorso salva-vita è stato smantellato», anche se dalle sue parole era emersa una situazione peggiore nel Nord del Paese rispetto al Sud. Balzanelli, inoltre, aveva evidenziato come per il 118 si spenda l’1,7% di tutta la spesa sanitaria nazionale. «Ogni regione – aveva spiegato ancora il presidente nazionale del Sis 118 – fa a modo suo. E così succede che a Milano su centinaia di ambulanze, quelle medicalizzate, cioè con medico e infermiere a bordo, sono solo cinque. Nel Lazio ce ne sono 16, poche in tutto il Friuli. A Taranto invece chi chiama il 118 sta tranquillo perché il medico arriva sempre, come in Sicilia e Calabria (a quanto pare, però, in quest’ultimo caso non sarebbe più così, ndr), dove però c’è carenza di ambulanze e quindi sono sempre in ritardo mettendo a rischio la vita dei cittadini. Troppo spesso sulle ambulanze ci sono solo soccorritori, volontari o persone che hanno seguito corsi certificati di rianimazione e che non possono intubare, dare farmaci, insomma salvare la vita alla gente».
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