RENDE “Salviamo la sanità pubblica“. È questo il claim lanciato da Rende, nel corso di una conferenza stampa, indetta dall’Intersindacale dei dirigenti medici, veterinari e sanitari, insieme alle associazioni dei pazienti e dei cittadini. «Paghiamo uno scotto che è dovuto da 14 anni di piano di rientro in Regione. Però credo che il problema della sanità parta da lontano, dal Fondo Nazionale della Sanità che è sempre più depauperato», sostiene ai nostri microfoni Roberto Siciliano della Uil Fpl.
Il futuro del settore sanitario nazionale, ma soprattutto di quello calabrese resta decisamente incerto, secondo il sindacalista. «Ci saranno meno meno soldi per assumere personale, ci saranno sicuramente meno soldi per i posti letto, per potenziare gli ospedali. Attualmente quello che noi riusciamo a vedere è un depotenziamento continuo delle strutture, siamo dinanzi alla desertificazione sanitaria».
L’attuale condizione spinge i pazienti lontano dalla sanità pubblica e verso una scelta decisa nei confronti delle strutture private. «Il privato fa sicuramente il suo mestiere. Quindi propone delle soluzioni facili anche ai cittadini. Ma noi siamo qui per difendere la sanità pubblica e il servizio sanitario nazionale, perché il diritto e la tutela alla salute che la costituzione prevede deve essere uguale e universale su tutto il territorio della Repubblica». Le condizioni drammatiche della sanità calabrese si riflettono sulla qualità del servizio offerto in termini di accoglienza, cure e offerta sanitaria legata all’utilizzo delle migliori tecnologie disponibili. «All’aumento generale dei costi delle materie prime occorre sottolineare anche quello relativo all’acquisto di farmaci, delle apparecchiature tecnologiche necessarie ai presidi sanitari. Il parco tecnologico andrebbe rinnovato ogni 5 anni, ma questo non accade».
«Il percorso non è semplice. Non abbiamo grossi strumenti in mano, quelli sono fondamentalmente di natura governativa», precisa al Corriere della Calabria Domenico Minniti, vicepresidente nazionale Aaroi Emac. «Ci stiamo avvicinando ad un tipo di sanità duale, simile al sistema sanitario americano – continua – e la cosa paradossale è che mentre gli Stati Uniti, fino a qualche tempo fa, con Obama guardavano con molto interesse al nostro welfare, noi invece stiamo andando verso un sistema di privatizzazione che certamente rischia di affossare il sistema sanitario pubblico».
Di chi sono le responsabilità? «Diciamo che la la responsabilità è negli ultimi 20 anni di tutti i governi, di qualunque colore siano, che si sono avvicendati». Già 10 anni fa, Anaao Assomed aveva lanciato un campanello d’allarme. «Un’analisi prospettica, aveva ipotizzato “i nostri ospedali saranno senza medici”. Era il 2002, nel 2020 scoppia il Covid e scoperchia una pentola che comunque era già in ebollizione», dice ancora Minniti che aggiunge: «sono il vicepresidente nazionale degli anestesisti, ed è dal 2000 non abbiamo anestesisti rianimatori sufficienti».
(f.benincasa@corrierecal.it)
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