VIBO VALENTIA «Quello dei pasti sta andando in pensione, se ne va in pensione questo mese… dice che vuole farmi un regalo… se arrivo a prendere 600/700 pasti… 200 sono i tuoi e 500 sono i miei». Quello di Gregorio Coscarella è il racconto di un regalo di pensionamento. Di bizzarro c’è che è il pensionato – un funzionario dell’Asp di Vibo Valentia – a proporre l’omaggio all’imprenditore e non il contrario. Meno strano, per il quadro che dell’Azienda sanitaria provinciale descrive l’inchiesta “Maestrale-Carthago”, è invece che quell’omaggio avvenga a spese della collettività e vada a premiare interessi privati. Non soltanto privati, nel caso di Coscarella, che i magistrati della Dda di Catanzaro considerano legato al clan di San Gregorio d’Ippona.
È Coscarella a parlare del “regalo” in una conversazione con Domenico Colloca, altro imprenditore considerato vicino alle cosche del Vibonese. Per i magistrati antimafia – l’inchiesta è firmata dal procuratore Nicola Gratteri e dai pm Antonio De Bernardo, Annamaria Frustaci e Andrea Buzzetti – Coscarella parla «della proposta fattagli dall’incaricata dell’Asp di Vibo Valentia, responsabile del conteggio dei pasti per i degenti, la quale, anticipando che a febbraio 2019 sarebbe andata in pensione», avrebbe manifestato all’imprenditore «la volontà di “fargli un regalo”, consistente nell’attestare un numero superiore di pasti giornalieri relativi ai nosocomi della Provincia rispetto a quelli effettivamente necessari, facendo rientrare nel conteggio anche i pazienti in day hospital che non avrebbero diritto al pasto». Nell’intercettazione si delineano anche le «modalità operative» del presunto «accordo corruttivo»: secondo la ricostruzione dell’accusa «l’azienda di Colloca, non preparando realmente i pasti, avrebbe fatturato la quota in surplus generando il provento illecito» che, una volta pagato dall’Asp, sarebbe stato diviso tra lo stesso Colloca e Coscarella.
È il pragmatismo a guidare i ragionamenti. Passi per il gentile omaggio promesso, ma il vero punto è fare in modo che il settore continui a essere governato da una figura amica. I due imprenditori sperano che il dirigente sanitario «individui in alternativa o una persona a loro compiacente o qualcuno che non fosse stata competente». La prospettiva è che trovi «qualcuna che non sa contare» così «la freghiamo e non capisce… all’inizio a questa che viene […] prima che impara.. gli facciamo un culo a questa!».
La conferma dell’aumento dei pasti arriverebbe ancora da Coscarella, il quale riferisce «che aveva avuto accesso ai sistemi informatici dell’Asp, verificando che erano stati 10mila i ricoveri registrati per il mese trascorso ma loro hanno fornito soltanto 9.500 pasti, pertanto avrebbero inserito altri 500 pasti per raggiungere la quota di 10mila, così da far coincidere ricoveri con pasti ed eludere eventuali verifiche. I 500 pasti non contabilizzati erano da riferire a pazienti ricoverati in day hospital e di cui l’Asp non aveva richiesto il pasto poiché non ne avevano diritto». Confermato, dunque, il modus operandi. Che i magistrati antimafia considerano «una prassi ben consolidata e ben rodata». D’altra parte, Coscarella viene considerato dai pm «il reale dominus di tutte le vicende riguardanti la Dussman», che – va specificato – dopo i fermi della Dda ha sospeso il dipendente considerato espressione dei clan.
I due “compari” sembrano essere molto sicuri della loro posizione di forza. Altri imprenditori gli si rivolgono per chiedere se possono dare disponibilità alla Dussman per eventuali locali mensa: ricevono risposte sbrigative («gli ho detto di farsi i cazzi suoi»). Colloca avrebbe poi riferito a Coscarella che «se la Dussman avesse interrotto il rapporto di collaborazione» con la sua azienda «non avrebbe trovato nessun altra azienda che poteva fornirgli quel servizio poiché Cesare Pasqua (ex dirigente dell’Asp indagato nell’inchiesta, ndr) gli avrebbe chiuso tutti i punti cottura da loro individuati». È un segnale, secondo gli inquirenti, che «i rappresentanti della Dussman stessero sondando il terreno per trovare un’alternativa a Colloca, rivolgendosi a diverse aziende sul territorio». Difficile muoversi in un contesto come quello della sanità vibonese nel quale il quadro delineato da “Maestrale-Carthago” traccia «la strettissima interconnessione di una serie di dirigenti sanitari con la criminalità organizzata, ottenendo una chiara dimostrazione di come l’Azienda sanitaria provinciale rappresenti al suo interno differenti esponenti criminali e politici, che tramutano l’ente sanitario e i relativi poteri in un mero strumento al servizio della criminalità organizzata e di alcune correnti politiche». (p.petrasso@corrierecal.it)
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