LAMEZIA TERME Dalla potenza dei dialetto alla necessità di dare voce alla ribellione delle donne contro la ‘ndrangheta. Valentina Bellè torna a raccontare “The Good Mothers” come passaggio fondamentale nella sua carriera. E parte da quello che poteva sembrare l’ostacolo maggiore – il calabrese di Rosarno – per lei che è una veronese doc. E invece si è rivelato un punto di forza per calarsi nei panni di Giuseppina Pesce per la serie tv che rende omaggio a donne che si opposero alla ’ndrangheta. Per quella interpretazione, Bellè ha ricevuto il Nastro d’argento come miglior attrice non protagonista a Napoli.
Dell’accento rosarnese l’attrice dice al Corriere della Sera che «è una lingua potente, secca. Mi ha aiutato a entrare in un posto nuovo per me, la Calabria. Conoscevo Lea Garofalo grazie al film, splendido, di Giordana. Di Giuseppina non sapevo nulla, c’è anche poco materiale, al contrario di Maria Concetta Cacciolla che mi è stato molto utile». Così come, in generale, c’è meno materiale cinematografico sulla ‘Ndrangheta rispetto alle produzioni su Mafia e Camorra. «È più impenetrabile e discreta, meno appariscente. È la sua forza. Questa serie, per nulla spettacolarizzata, credo la racconti bene».
x
x