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l’intervista

Vittoria Belvedere: «A Milano i bambini non volevano giocare con me perché ero calabrese»

L’attrice originaria di Vibo Valentia è stata intervistata dalla Stampa. «Oggi le cose sono un po’ cambiate, i nuovi “terroni” sono i migranti»

Pubblicato il: 19/06/2023 – 12:55
Vittoria Belvedere: «A Milano i bambini non volevano giocare con me perché ero calabrese»

COSENZA «Be’, Milano era un po’ snob e all’epoca i meridionali non erano ben visti. Per molti, io ero la “terrona”: c’era chi diceva “non giocare con lei perché è terrona” o anche “non andare a casa sua”. Io però mi limitavo ad alzare le spalle e a giocare con altri: non ci soffrivo perché avevo dietro una famiglia solida, ero piena di affetto». Vittoria Belvedere oggi è una mamma felice che, con meno intensità rispetto a una decina di anni fa, continua a svolgere il suo lavoro con non poche gratificazioni. Eppure la sua vita, almeno da giovanissima, non è stata semplicissima. Ad appena nove mesi ha lasciato la Calabria, Vibo Valentia, per trasferirsi insieme alla famiglia a Vimercate, in Lombardia. A soli tredici anni, la sua bellezza sfolgorante, le ha permesso di entrare nel mondo della moda prima e successivamente del cinema e del teatro, grazie soprattutto all’agente Paola Petri. Dai vent’anni in poi, ha preso parte a una serie di film e fiction televisive di successo che l’hanno fatta conoscere al grande pubblico. La sua infanzia, però, ammette oggi, è stata tutt’altro che in discesa. Da calabrese non è stato agevole farsi accettare in una terra che spesso ha messo a nudo il proprio atavico razzismo nei confronti del Sud Italia. L’attrice ne ha parlato in una intervista rilasciata al quotidiano La Stampa. Oggi, ha rivelato Vittoria Belvedere, non ci sono più certi pregiudizi, o forse continuano a esserci solo «tra la gente ignorante. È complesso – ha continuato l’attrice, paragonando i “terroni” di una volta ai migranti di oggi – accettare altre persone in un Paese dove gli abitanti faticano a trovare lavoro. Credo che il problema sia sostanzialmente politico: li vogliamo ma poi non sappiamo gestirli, né garantire loro una dignità economica».
A guardarla Vittoria Belvedere, tutto sembra tranne che una bellezza tipica calabrese. Proprio come le disse una volta il grande Massimo Troisi. «Sapevo che stava cercando delle interpreti del Sud per il ruolo da protagonista (per “Il Postino”, ndr) e così mi presentai – ha ricordato l’attrice –. Ricordo che Troisi mi guardò allibito e quasi non credeva che fossi calabrese, per via della mia fisicità androgina e nordica. Mi spiegò che cercava un altro canone di bellezza ma, vedendomi in imbarazzo e alle prime armi, mi rincuorò, aggiungendo che se avesse avuto bisogno di una nordica mi avrebbe contattata». Premiata a Salina per la “sua capacità di caratterizzare qualsiasi ruolo, sia brillante che drammatico”, l’attrice calabrese ha svelato di avere ricevuto avances per fare carriera, «anche, indirettamente, da Weinstein: alcuni suoi assistenti mi proposero di andare a cena per fare dei film con lui. Rifiutai. Non sono mai stata ambiziosa: se fallivo un provino, semplicemente passavo a quello dopo. Forse anche per questo mi veniva quasi facile dire “no”: non mi interessava l’offerta». «È gravissimo – ha detto ancora Vittoria Belvedere – sentirsi dire, come a volte mi è successo, che per fare carriera bisogna concedersi». Ma, ha tenuto a sottolineare, non si è mai considerata una femminista. «Le femministe hanno lottato per dei diritti importantissimi, che oggi abbiamo grazie a loro. Tuttavia diffido dalle posizioni rigide ed estreme: in fondo, senza gli uomini noi donne non andremmo da nessuna parte. Loro hanno bisogno di noi, e viceversa».

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