Il 31 dicembre prossimo entrerà a pieno regime la riforma del welfare calabrese varata nel 2019 con la dgr 503. A quella data, la nuova organizzazione delle politiche sociali calabresi sarà definitivamente implementata e la Calabria avrà un rinnovato sistema di assistenza alla persona. Tuttavia, l’attuazione progressiva della dgr.503, sta già ampiamente mostrando gravi criticità tanto dalla prospettiva degli utenti che da quella degli erogatori di prestazioni nonché degli enti locali – gli ambiti territoriali – ai quali sono state trasferite dalla Regione tutte le competenze in tema di politiche di assistenza. Tutto ciò non lascia sperare per il futuro che il nuovo sistema di assistenza riuscirà realmente a migliorare le condizioni del bisogno delle fasce deboli calabresi e sarebbe necessario correre ai ripari prima che sia troppo tardi. Difatti, la fotografia dello stato attuale del welfare in Calabria offre un quadro ancora più disarmante rispetto al passato. Il tentativo di riformare il sistema si sta trasformando in un attentato alla sopravvivenza di quello che, seppure storicamente non è mai stato un settore privilegiato dalla nostra Politica regionale e dalle sue programmazioni, costituiva pur sempre un sistema di accoglienza economicamente sostenibile ed in buona sostanza funzionante. Oggi il caos amministrativo e politico regna sovrano. Una cabina di regia regionale molto “indecisa” che cambia le regole in modo compulsivo, strutture di accoglienza per minori, disabili, anziani e via dicendo in gravi difficoltà economiche per ritardi nel rimborso delle prestazioni. Per carità, i ritardi di pagamenti sono stati sempre una costante in questo settore, tuttavia, oggi il problema è ancora più grave considerato l’aumento vertiginoso del costo della vita dovuto alla congiuntura economica degli ultimi anni.
La riforma di cui parliamo, o più correttamente ritorniamo a parlare, per chi non lo ricordasse o per chi non lo sapesse, ha un antefatto precedente alla 503 del 2019. Precisamente, la delibera di Giunta regionale 449 del 2016 con la quale l’allora Governo Regionale decide di entrare a gamba tesa nel settore dell’assistenza, per riformare e riorganizzare il sistema di intervento alla persona che da diverso tempo era stato dimenticato dalla mano del legislatore regionale. L’intenzione appariva opportuna visto che in Calabria non aveva ancora trovato applicazione la L.R. 23/2003 di riforma del sistema di assistenza. Ed è così che la giunta regionale di quel tempo partorisce la dgr 449 del 2016 di attuazione della l.r. 23/2003. Delibera di giunta che sprofonda immediatamente nell’insuccesso politico nonostante ammantata da buoni propositi, perché puntando ad istituire un sistema di assistenza dall’ingente aumento delle tariffe sociali – oltre 20 milioni di euro in più rispetto al passato – essenzialmente a carico delle fasce deboli e degli enti locali, si palesò subito come una vera e propria follia per la nostra Regione. Fortemente contrastata in Consiglio regionale anche da consiglieri regionali di maggioranzavenne bocciata anche in sede giudiziaria per gravi vizi procedurali, dalla giustizia amministrativa di primo e secondo grado, in seguito all’impugnativa promossa da diversi attori interessati. Tuttavia, l’allora governo regionale non abbandonò nonostante il sonoro insuccessol’idea di riformare il settore dell’assistenza in Calabria, o forse meglio, non abbandonò la volontà di raggiungere gli obiettivi che si era prefissati con la 449. Ed è così che ritorna sul tema e, ripulita la bocciata 449 dai vizi formali e procedurali che ne avevano determinato l’annullamento dinanzi al Tar, sfodera la dgr. 503 del 2019. Ci riesce a fine legislatura (un paio di mesi dopo ci fu il rinnovo del Consiglio Regionale) quando l’attività politica di quella legislatura regionale era ormai compiuta e l’attenzione dei rappresentanti politici era rivolta ad altro. Desiderata e pervicacemente voluta ad ogni costo dal mondo dell’associazionismo calabrese (così qualcuno sosteneva…) la Calabria a novembre del 2019 approva la riforma del welfare.
La nostra parte sociale – il privato profit – non ha mai condiviso il tipo di riforma come organizzato dapprima con la dgr 449 del 2016 e poi con la 503 del 2019, contestandone metodi e, soprattutto, contenuti perché siamo sempre stati scettici verso un modello di assistenza strutture centrico che amplifica gli erogatori privati di prestazioni con accreditamento indiscriminato senza lettura del fabbisogno, ed aumenta il costo delle tariffe sociali senza parametrarle al reale bisogno assistenziale ed, infine, alla compartecipazione alle tariffe sociali. La nostra contrarietà nasce dalla consapevolezza che il tessuto economico della nostra Regione non consente un impianto assistenziale a pagamento e non giustifica un assetto di strutture tanto numeroso come generato da questa riforma (oggi in Calabria contiamo oltre 575 strutture socio-assistenziali alle quali si aggiungono altrettante strutture socio sanitarie e quelle pubbliche).
Ben presto in una Regione come la Calabria dall’economia depressa e dalla bassa densità questo sistema si tradurrà in un serio default economico con conseguente rinuncia alle prestazioni sociali da parte delle fasce deboli. La nostra parte sociale è stata la prima voce che nel 2017 si è sollevata contro questo tipo di riorganizzazione sin da quando si chiamava dgr. 449, sfidando il muro di opposizione di sostenitori forti che allora vantava questa riforma. Sostenitori che, invece, alla prova dei fatti di questi anni di rodaggio del nuovo sistema, sono ritornati sulle proprie posizioni ed hanno iniziato a darci ragione.
E’ proprio così, oggi di questa pseudo-riforma sono scontenti tutti compresi i suoi sostenitori. Lo ribadiamo con chiarezza e la storia ci è testimone. Oggi è passato un po’ di tempo da che nello scenario della nostra Regione ha fatto capolino per la prima volta la riforma del welfare ed il tempo – come si sul dire – è galantuomo. Tuttavia, non possiamo lasciare che le cose accadono come se nulla fosse soprattutto in una Regione che spesso e forse troppe volte si trova a dover scontare errori del passato e responsabilità individuate. Le rinnovate istituzioni politiche della nostra Regione hanno il dovere di fermare questo aberrante sistema che al 31 dicembre sarà definitivo piuttosto che opporre a giustificazione i soliti slogan – deresponsabilizzanti ai quali i calabresi sono abituati per atavica rassegnazione – del tipo “il problema lo abbiamo ereditato dal passato” e via dicendo…
Noi vogliamo, ancora una volta, sollevare la nostra voce – che questa volta non è fuori dal coro – affinché le istituzioni politiche accendano la propria attenzione su questo percorso che si sta compiendo anche per inerzia e nel silenzio di tanti.
*Presidente regionale Filiera Salute Confapi Calabria
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