IMPERIA Un uomo aggressivo, collerico, violento. È questo il ritratto di Salvatore Aldobrandi, 73 anni nato a San Sosti, in provincia di Cosenza, da anni residente a Sanremo che emerge negli atti della misura di custodia cautelare richiesta dalla Procura di Imperia che lo accusa di aver ucciso Sargonia Dankha, 21 anni, di origini irachene naturalizzata svedese, sparita nel nulla da Linköping nel primo pomeriggio del 13 novembre 1995.
Un uomo che in Svezia, prima di conoscere Sargonia aveva già due condanne per violenze nei confronti di altre donne. A pochi mesi dalla scomparsa di Sargonia, Salvatore Aldobrandi tornò in Italia. Nel suo paese, come risulta dalle carte, si è sposato altre due volte, sempre con donne straniere e sempre molto più giovani di lui.
E anche con loro sarebbe stato violento. «Capace di grande aggressività nei confronti della coniuge – si legge in un provvedimento del Tribunale dei Minori di Genova, in cui i giudici stigmatizzano il comportamento dell’uomo nei confronti di moglie e figli – come emerge anche dalle relazioni sociali, oltre che dal comportamento da lui tenuto durante e dopo le udienze in tribunale».
Nei confronti della prima donna sposata in Italia «avrebbe più volte manifestato violenza “con minacce verbali e fisicamente”». Una violenza che la stessa Sargonia, a detta di amici e familiari, avrebbe sperimentato più volte, tanto da decidere di interrompere la relazione con l’italiano.
Nel tardo pomeriggio del 13 novembre 1995, giorno della scomparsa di Sargonia, Aldobrandi chiamò una sua ex svedese e chiese in prestito la sua auto, dicendole che doveva trasportare alcune cose dalla propria abitazione al ristorante presso cui lavorava. Nel bagagliaio di quell’auto, e nell’appartamento e su una giacca di Aldobrandi, gli investigatori troveranno tracce del sangue di Sargonia.
A un amico svedese, gestore di un pub, Aldobrandi chiese una mano «per traportare sacchi neri dell’immondizia contenenti vestiti (…) Allora mi confessò di aver ucciso sul letto una donna». Stessa cosa racconta un altro uomo, che agli inquirenti ha dichiarato come Aldobrandi, «scosso e tremante» lo aveva supplicato di avere in prestito un’auto e di essere «aiutato a nascondere il cadavere di Sargonia fatto a pezzi, a fronte del pagamento di 100 mila corone». Affermazioni smentite dall’italiano, che agli inquirenti disse che erano tutte invenzioni.
Si è avvalso della facoltà di non rispondere ai giudici di Imperia Salvatore Aldobrandi, il pizzaiolo di 73 anni accusato dagli inquirenti di aver ucciso Sargonia Dankha, 21enne di origini irachene, naturalizzata svedese, sparita nel nulla da Linköping nel primo pomeriggio del 13 novembre 1995. Scortato in Procura dagli agenti della polizia penitenziaria, Aldobrandi è comparso davanti al giudice assistito dall’avvocato del foro di Genova Andrea Rovere. «Si è avvalso della facoltà di non rispondere, ovviamente – ha detto il legale -. Abbiamo solo contestato l’utilizzabilità degli atti dell’autorità giudiziaria svedese, sotto un profilo: siccome il processo è ancora aperto in Svezia e lui ha la doppia cittadinanza, italiana e svedese, vorrei sapere una volta per tutte dove si fa il processo e chi lo giudica. Dopodiché valuteremo le strategie a seconda della situazione».
Aldobrandi, che da ormai 28 anni ha abbandonato la Svezia e si è rifatto una vita a Sanremo, dove lavora e dove ha una famiglia con una donna di trent’anni più giovane e due bambini, «è una persona che purtroppo ha un bypass e due valvole mitraliche cambiate – sottolinea l’avvocato -. L’ho trovato molto confuso, nel senso che capisce perfettamente, è consapevole, ma c’è stata una tendenza a rimuovere questo episodio dalla sua vita. Siccome è un processo indiziario questo, perché non c’è il corpo né il coltello, si fonda molto sulle contraddizioni e sui dettagli: e ad una persona confusa, fare un processo indiziario che si fonda sulla valutazione dei dettagli, comporta una oggettiva difficoltà». Per il presunto omicidio della ragazza, Aldobrandi era già stato incarcerato in Svezia per alcune settimane. Gli inquirenti hanno sempre ritenuto che le prove a suo carico fossero schiaccianti. Ma in Svezia non si può essere processati per omicidio in assenza di cadavere. Questo il motivo per cui la famiglia di Sargonia Dankha si è rivolta all’Italia. Grazie alla determinazione della Procura di Imperia, e in particolare del giovane sostituto procuratore Matteo Gobbi, si è arrivati all’esecuzione della misura cautelare, che ha portato l’uomo in carcere. (Ansa)
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