CATANZARO Un solo difensore, per i collaboratori di giustizia, e nessun altro. Nell’aula bunker di via Paglia a Catanzaro, che questa mattina ospita l’udienza del processo d’appello Rinascita Scott, si sono ritrovati il collegio, il pm, gli imputati, un difensore per i collaboratori e nessun altro. L’udienza ha avuto inizio alle 9:30 ma un’ora dopo non c’era nemmeno l’ombra di un difensore per gli imputati. E questo nonostante il calendario delle udienze fosse stato comunicato il 12 giugno e fossero state comunicate nei giorni scorsi le posizioni sulle quali si discute, giusto per farsi due conti.
Tra l’altro l’appello è stato proposto, per la maggior parte delle posizioni, dagli stessi difensori perché l’ufficio di Procura ha appellato solo cinque posizioni su 79. E tra quelli che hanno proposto appello c’è Gregorio Gioffrè, condannato in abbreviato a 13 anni, considerato elemento di spicco della cosca di San Gregorio d’Ippona, che è stato portato appositamente in aula per seguire l’udienza in presenza visti i presunti problemi di udito.
Tutto questo e nemmeno un difensore presente, tanto che la Corte ha dovuto rivolgersi all’ordine degli avvocati di Catanzaro perché mandasse qualcuno. Alla fine bastano un paio di avvocati.
Si parla della lungaggine dei processi, si lanciano strali sul diritto di difesa, si lamenta la lontananza dell’aula bunker di Lamezia Terme e i suoi disagi (anche se nessuno menziona mai i ben più gravi disagi della bunker di Catanzaro). Ma in questo caso sono stati lasciati per oltre un’ora senza difesa 79 imputati fino a quando non è arrivato il difensore d’ufficio di turno, a Catanzaro, in un processo voluto al 90 percento dalle difese. Parafrasando il romanziere americano Raymond Carver, di cosa parliamo quando parliamo di diritto di difesa? (a.truzzolillo@corrierecal.it)
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