COSENZA L’indagine coordinata dal Procuratore della Repubblica di Cosenza Mario Spagnuolo ed operata dal Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale e Forestale di Cosenza, coadiuvato dal personale della stazione Carabinieri Forestali di Aprigliano, ha portato al sequestro preventivo della discarica di località Vetrano, nel comune San Giovanni in Fiore, e delle opere di collettamento, raccolta e scarico del percolato. «È da anni che Legambiente – riporta una nota dell’associazione – porta avanti questa battaglia sottolineando la pericolosità insita nell’utilizzo della discarica e chiedendo al Comune la chiusura di un’area sottoposta a vincoli ambientali derivanti da una direttiva europea (la discarica è inserita nella zona di protezione speciale Marchesato e Fiume Neto – ZPS IT9320302) e la messa in sicurezza urgente del sito in quanto pericoloso e fatiscente a detta persino dello stesso gestore privato, il consorzio Valle Crati.Una situazione grave perché la discarica è stata utilizzata ben oltre la sua capienza originaria ed ha visto, nel corso del tempo, una serie di interventi che hanno reso fragili i versanti e inadeguate le strutture di recupero del biogas e del percolato. Una situazione ulteriormente peggiorata dopo l’incendio, le cui cause sono ancora ignote, che nel 2020 ha interessato la discarica.Legambiente ha, quindi, sempre sostenuto che la discarica di Vetrano dovesse essere messa in sicurezza e chiusa perché costituisce una bomba ecologica, in seguito ad una lunga serie di errori gestionali da parte delle amministrazioni comunali di San Giovanni in Fiore e del Consorzio Valle Crati oltretutto sottoposto a procedura fallimentare. In base all’inchiesta, dalla discarica consortile di località Vetrano, nel comune di San Giovanni in Fiore, gestita dal Consorzio Valle Crati, venivano sversati nel fiume Neto e nel canale Vetrano-Vardavecchia, senza alcun processo depurativo, svariati quantitativi di percolato, cosi’ inquinando i relativi tratti fluviali per come accertato dalle analisi effettuate dai laboratori Arpacal della Regione Calabria. L’accusa nei confronti degli indagati è quindi di inquinamento ambientale del fiume Neto e del torrente Vardavecchia, eco-reato inserito nel codice penale dalla legge n. 68/2015, fortemente voluta dall’associazione ambientalista». Legambiente Calabria seguirà l’iter processuale costituendosi parte civile nell’interesse della collettività e chiedendo che vengano perseguiti e puniti tutti i responsabili. «L’azione meritoria della magistratura e delle Forze dell’Ordine – commenta Anna Parretta, presidente di Legambiente Calabria – sta riportando la questione della discarica di località “Vetrano” nel Comune di San Giovanni in Fiore nella direzione della legalità per come reiteratamente richiesto dalla nostra associazione nel corso degli anni. Situazioni di questo genere devono essere affrontate con decisione e celerità sia per la salvaguardia dell’ambiente che per la tutela della salute delle persone. Il problema della gestione dei rifiuti in Calabria deve essere affrontato e risolto in una strategia complessiva nella quale le discariche, rispetto alle quali ribadiamo la nostra più netta contrarietà, non devono trovare spazio e ragione di esistere. Dobbiamo uscire da un sistema errato e patologico: i calabresi hanno il diritto ad un patrimonio ambientale integro ed alla concretizzazione sull’intero territorio regionale dei principi dell’economia circolare e della gestione sostenibile dei rifiuti». «L’inchiesta che ha portato al sequestro della discarica di San Giovanni in Fiore – aggiunge Antonio Nicoletti, presidente del Circolo Legambiente Sila – deve accertare le responsabilità di tutti soggetti pubblici e privati che hanno permesso al Consorzio Valle Crati di continuare a mal gestire un’area anche dopo il fallimento dello stesso e violando, come sta emergendo dai primi risultati delle indagini, le più elementari regole di buona gestione della cosa pubblica. A più riprese abbiamo pubblicamente denunciato le condizioni di pericolo della discarica che, a causa dei ripetuti sopralzi effettuati per conferire maggiori cubature di rifiuti, sono peggiorate negli anni senza che le autorità preposte, a partire dal Comune, prendessero provvedimenti. I sindaci che si sono susseguiti si sono serviti delle dichiarazioni di emergenza della Regione per usare la discarica come un bancomat al fine di sanare i debiti del Comune senza effettuare i dovuti controlli nonostante le opere per il recupero del percolato e del biogas fossero palesemente insufficienti per una discarica che in pochi anni è diventata la pattumiera dell’intera provincia di Cosenza. Chiediamo alla Procura di Cosenza di fare luce sull’intera vicenda, a partire dalle responsabilità di aver affidato al Consorzio Valle Crati la gestione della discarica e che si definisca con urgenza un progetto per la bonifica e la riqualificazione del sito di località Vetrano che proponiamo venga inserito tra le aree da bonificare».
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