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Gratteri: «Una pubblica amministrazione asservita all’organizzazione ‘ndranghetistica» – VIDEO

Il procuratore di Catanzaro racconta l’inchiesta su clan e politica a Crotone. Angelosanto: «Tutto serviva per ottenere pacchetti di voti». Nel mirino anche le elezioni regionali

Pubblicato il: 27/06/2023 – 13:32
di Alessia Truzzolillo
Gratteri: «Una pubblica amministrazione asservita all’organizzazione ‘ndranghetistica» – VIDEO

CATANZARO «Noi oggi abbiamo arrestato 41 presunti innocenti che sono indagati per associazione per delinquere di stampo mafioso, per associazione a delinquere semplice, per tutta la gamma dei reati che riguarda la pubblica amministrazione e tutti i reati di mafia». «L’epicentro dell’indagine – spiega il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri – è la provincia di Crotone con il locale di ‘ndrangheta dei papaniciari che ha rapporti sistematici con la pubblica amministrazione che partono dal 2014 fino al 2020. Una pubblica amministrazione asservita all’organizzazione ‘ndranghetistica con rapporti diretti con la politica regionale. Gli elementi per cui oggi siamo qui e abbiamo eseguito 41 misure cautelari e almeno 10 avvisi di garanzia, comprendono i rapporti con la pubblica amministrazione e la politica regionale che aveva un ruolo attivo, apicale, dominante».

Dove finivano i capitali dei Papanice

L’organizzazione criminale – dominata dalla cosca di Papanice – investiva i capitali accumulati illecitamente anche in attività lecite, dal commercio di bestiame ad attività immobiliari, spiega Pasquale Angelosanto, comandante generale del Ros. Gli indagati non solo garantivano lucrosi affari ma così si difendevano dall’attività investigativa. Queste attività sono state individuate anche fuori dalla regione Calabria: in Lombardia (a Milano), nel Veneto (a Padova), in Emilia Romagna (a Parma), «individuando gli imprenditori di riferimento che hanno agito nell’interesse dell’organizzazione», ha detto Angelosanto il quale ha specificato che l’inchiesta è stata possibile anche grazie al supporto del Bka, la polizia federale tedesca. «Abbiamo interessato anche la polizia federale tedesca – ha spiegato Angelosanto – per attività svolte da alcuni imprenditori in Germania».
«Abbiamo accertato anche che l’organizzazione si avvaleva di hacker tedeschi con i quali riusciva a movimentare denaro attraverso operazioni finanziarie intervenendo tecnicamente sui conti bancari».

Condizionamenti in Regione, Provincia di Catanzaro e alcuni Comuni

Il secondo aspetto di questa inchiesta riguarda l’aspetto dell’implicazione di «un apparato politico-amministrativo che fa riferimento a delle componenti politiche regionali che si sono cimentate nelle diverse competizioni elettorali: elezioni 2019/2020, elezioni 2014. Questa attività di indagine ha evidenziato l’interesse di alcuni appartenenti alla pubblica amministrazione, sia con incarichi dirigenziali che elettivi, nel portare avanti attività nell’interesse dell’organizzazione criminale».
Sono contemplati tutta una serie di reati che «evidenziano il condizionamento esercitato da questo gruppo per quanti riguarda, per esempio, le nomine nelle aziende sanitarie provinciali e in altri enti riconducibili alla Regione, alla provincia di Crotone e alcuni Comuni», ha concluso Angelosanto.

Favori in cambio di voti

«Tutto serviva per ottenere pacchetti di voti. Favori in cambio di voti», ha spiegato il comandante del secondo reparto operativo del Ros Massimiliano D’Angelantonio.
Dopo le operazioni Kyterion e Stige è sorto il problema di individuare il nuovo riferimento criminale dell’area Crotonese.
In questo territorio è stato individuato l’alter ego di Luigi Mancuso nella provincia crotonese. «Abbiamo documentato una serie di illecite ingerenze in una serie di enti: il Comune di Crotone, le partecipate, la Provincia di Crotone soprattutto per quanto riguarda il settore “strade e viabilità”, l’Aterp regionale, l’Asp di Crotone. Qui sono state rilevate attività illecite riguardo a una serie di appalti: ingerenze illecite nel progetto di recupero e valorizzazione archeologica dell’antica Kroton; ingerenze illecite sull’assegnazione di incarichi tecnici in favore di alcuni ingegneri locali legati a questo sodalizio; irregolarità nel rilascio di una serie di autorizzazioni per ristrutturazioni edilizie per soggetti legati alla consorteria mafiosa; fraudolente assunzioni di personale per Crotone sviluppo spa; affidamento ritenuto illecito per servizi di somministrazione di lavoro a tempo determinato per un valore di 200mila euro, aggiudicato a una società dell’area crotonese; affidamenti illeciti di forniture di servizi per circa 67mila euro; affidamento illecito della gestione completa della fiera mariana di Crotone di maggio 2019; per l’Aterp sono stati individuati una serie di illeciti collegati all’individuazione delle sedi dell’ente; per l’Asp tutta una serie di accordi finalizzati a gestire in maniera monopolistica la spartizione delle nomine».
Tutti questi illeciti, queste ingerenze spudorate «servivano per garantire pacchetti di voti. Favori in cambio di voti».

Follow the money


Un procedimento quello di oggi che parte, investigativamente parlando, dall’indagine Stige perché, ha detto il colonnello Giovanni Migliavacca, comandante del reparto Anticrimine di Catanzaro, «già nell’indagine Stige si sono documentati rapporti tra elementi di vertice della cosca Farao-Marincola ed elementi di vertice della cosca dei papaniciani che fa riferimento al clan Megna». Da questa base parte l’indagine sulla cosca di Papanice. Tre i tronconi che sono stati rilevati: il controllo di determinate attività economiche come il gaming, imposizione dei servizi di vigilanza privata, controllo dell’esportazione dei prodotti tipici.
«Ancora una volta si è documentata la tendenza di una parte della popolazione a rivolgersi alla cosca per ottenere favori personali dando in cambio il proprio sostegno e il proprio appoggio», ha detto Migliavacca.
Il terzo aspetto è la tendenza del clan Megna nell’investire in operazioni finanziarie illecite che si traducono anche in vere e proprie frodi di portata internazionale, condotte di riciclaggio connesse a falle volutamente create nel sistema bancario soprattutto in alcuni circuiti di banche estere. Per questo risvolto dell’operazione è stato importante il supporto della Banca d’Italia. La cosca esportava all’estero ingenti somme di denaro – soprattutto nell’Est Europa – per farli poi rientrare in Italia attraverso l’utilizzo di quelle che vengono denominate le “carte nere”, ha spiegato Migliavacca, «che sono carte di credito che funzionano su circuiti pos manomessi grazie alla collaborazione di alcuni funzionari di banca (banche estere soprattutto) collusi o prezzolati». (a.truzzolillo@corrierecal.it

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