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La “Testa del Serpente” della mala cosentina. Dal vuoto di potere alla Confederazione

Nella lunga requisitoria, il pm Corrado Cubellotti, ricostruisce affari e presunti protagonisti di due gruppi della ‘ndrangheta confederata

Pubblicato il: 27/06/2023 – 6:59
di Fabio Benincasa
La “Testa del Serpente” della mala cosentina. Dal vuoto di potere alla Confederazione

COSENZA Oltre un secolo complessivo di pene invocate a carico degli indagati nel processo ordinario scaturito dall’inchiesta “Testa del serpente”, coordinata dalla Dda di Catanzaro. Il pubblico ministero Corrado Cubellotti ha ricostruito fatti e misfatti legati alla mala bruzia nel «biennio particolare della criminalità cosentina, che va dal 2018 al 2020». Il pubblico ministero cita la «fibrillazione della cosca Lanzino-Ruà-Patitucci» a cui segue la pax tra gli “Italiani” e il gruppo degli “Zingari” guidato dalla famiglia Abbruzzese meglio conosciuta come “Banana“. Sono proprio le pene invocate per i fratelli Abbruzzese quelle più pesanti. Come ribadito ieri in aula dall’accusa, sarebbe sorta – a seguito di una pax criminale – una Confederazione della ‘ndrangheta cosentina caratterizzata dalla ripartizione dei ruoli in ragione di precise regole gerarchiche e operante a Cosenza e nei comuni limitrofi. Della Confederazione farebbero parte diversi gruppi «funzionalmente autonomi ma organicamente confederati e tutti riconducibili al vertice rappresentato da Francesco Patitucci».

I due gruppi nel procedimento “Testa del Serpente”

Al centro della lunga requisitoria del pm non mancano riferimenti a «vicende usurarie» che vedono tra i protagonisti anche il neo pentito Roberto Porcaro. Che fa le veci di Francesco Patitucci (fino ai primi giorni di dicembre 2019) ristretto in regime di 41 bis quando è stato scarcerato dalla Corte di Assise di Appello di Catanzaro, dopo che in primo grado era stato condannato alla pena di 30 anni di reclusione per la partecipazione con il ruolo di mandante all’omicidio di Luca Bruni.
Dall’altra parte, il secondo gruppo criminale individuato dall’accusa nel procedimento in corso al Tribunale di Cosenza (in composizione collegiale) farebbe capo alla famiglia Abbruzzese, diretto da Luigi (il capo), Nicola, Marco e il cognato Antonio Abruzzese. Lo stesso gruppo sarebbe collegato ai cugini Abbruzzese di Cassano allo Jonio. I gruppi particolarmente attivi in ogni campo dell’attività criminale, dal racket, all’usura, ai danneggiamenti, ai pestaggi, allo spaccio di ogni tipo di sostanza stupefacente, alla gestione del gioco d’azzardo, si riorganizzano a seguito del “vuoto di potere” creatosi sul territorio al termine del processo “Nuova Famiglia” del 2014.

Il ruolo dei pentiti

A confermare l’operatività dei gruppi coinvolti nell’inchiesta sono, oltre agli accertamenti investigativi svolti, anche numerosi collaboratori di giustizia: Luciano Impieri, Ernesto e Adolfo Foggetti, Daniele Lamanna, Giuseppe Montemurro, Luca Pellicori, Vicenzo De Rose, Francesco Noblea, Giuseppe Zaffonte ed infine i due ex membri dei “Banana” Celestino Abbruzzese detto “Micetto” e la moglie Anna Palmieri. Tutti hanno accusato gli indagati che si sarebbero macchiati – a vario titolo – di gravi atti intimidatori nei confronti di commercianti ed imprenditori, vittime di usura e di estorsioni, spaccio di droga, senza tralasciare la commissione di reati violenti: casi di dichiarati intenti lesivi come i propositi di gambizzazione o di soppressione fisica paventati, ad esempio da Marco Abbruzzese detto “Lo Struzzo” passato al 41bis a seguito del coinvolgimento nell’inchiesta denominata “Reset” (leggi qui).

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