Il governo ha sciolto per infiltrazione mafiosa il comune di Rende. Un triste epilogo ché forse si sarebbe potuto evitare se Marcello Manna si fosse dimesso nove mesi fa, asserragliato da tre indagini e sospeso un giorno si e un giorno l’altro. La città di Cecchino e Sandro Principe, la città del riformismo socialista e della prima Università, delle visioni urbanistiche innovative, è infiltrata dalla criminalità. Conoscendo Manna impugnerà il provvedimento sino al Consiglio di stato, dopo avere approvato il PSC in due minuti. Anzi, a farlo dovrà essere Marta Petrusiewicz, vice sindaco facente funzioni, ultima epigona di un’amministrazione che somigliava più agli ultimi giorni della Repubblica dì Salò che a una normale democrazia. Tutto bene, tutto regolare, come se nulla fosse accaduto. Marta, figlia di ebrei deportati, che nella sua autobiografia vanta un’opposizione al socialismo reale polacco e una lunga relazione con Franco Piperno, ne esce malissimo da questa vicenda. Una pervicace adesione al potere che stona con la narrazione pluriennale di una ricercatrice universitaria libera e spavalda, una di quelle che negli anni settanta e ottanta paventava un meridionalismo diverso. Glielo ha ricordato pure Sandro Principe in sede di approvazione del PSC. Il novecento, dal grande Woityla al prosaico Boniek, ha regalato polacchi migliori all’Italia. Che tristezza.
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