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“Reset”, le intercettazioni (inedite) tra Manna e i D’Ambrosio nello studio del penalista

I colloqui registrati nell’inchiesta Genesi. L’ossessione del clan per la “struttura” da completare a Rende. E la risposta del sindaco: «Vediamo come possiamo fare»

Pubblicato il: 28/06/2023 – 13:22
“Reset”, le intercettazioni (inedite) tra Manna e i D’Ambrosio nello studio del penalista

RENDE Gli incroci investigativi tra tre indagini – Reset, della Dda di Catanzaro; Genesi, della Procura di Salerno; Malarintha, della Procura di Cosenza – confluiscono nell’informativa depositata nelle fasi preliminari dell’inchiesta sulla ‘Ndrangheta confederata nell’area di Cosenza. Come tasselli di un mosaico, vanno a completare il quadro su uno degli indagati eccellenti nel procedimento, il sindaco sospeso di Rende Marcello Manna.
Sulla città si stende da anni l’ombra del “gruppo D’Ambrosio”, gemmazione del clan Lanzino al di là del Campagnano. Voti e “promesse”, schema classico – tutto da provare – per i rapporti tra cosche e politica. Ieri il governo ha messo il primo punto sulla vicenda (al netto di ricorsi): il consiglio comunale di Rende è stato sciolto per la prima volta nella sua storia. I dettagli sono secretati, restano sul campo le ipotesi investigative di “Reset”. I magistrati antimafia segnalano «la sussistenza di un rapporto tra Massimo D’Ambrosio e Pino Munno, assessore (ai lavori pubblici, manutenzioni, e rapporti con la Rende Servizi srl, e benessere animali) del Comune di Rende già nel 2014». Ed evidenziano le mire del “gruppo” sul Palazzetto di Rende, eterna incompiuta completata proprio negli anni della sindacatura Manna. I dialoghi intercettati chiamano in causa il primo cittadino (ora sospeso): per la Dda quelle conversazioni cono «altamente» indicative «del coinvolgimento del sindaco Manna nell’intera vicenda (…) relativamente alla sicurezza che i D’Ambrosio hanno rispetto all’appoggio» del politico. 

Genesi entra nello studio di Marcello Manna

Nelle pagine dell’inchiesta “Reset” c’è una telefonata in cui Massimo D’Ambrosio si rivolge allo studio del penalista «per fissare un appuntamento». E poi segue un riscontro “de visu”: (nel corso di un servizio di pedinamento) in effetti Massimo e Adolfo D’Ambrosio (all’epoca scarcerato da poco) si recano nello studio legale dell’avvocato. È il 17 febbraio 2020 e Manna è sottoposto a intercettazione nell’indagine Genesi, il cui processo si è concluso di recente con le condanne del sindaco-avvocato e dell’ex giudice della Corte d’Appello di Catanzaro Marco Petrini. Mentre Reset si ferma sulla soglia dello studio, Genesi documenta ciò che accade all’interno. È un documento inedito. 

D’Ambrosio a Manna: «Questa struttura la portiamo a termine o no?»

Una volta entrati nello studio di Marcello Manna («quanto tempo che dovevo vedere questo studio…»), Adolfo D’Ambrosio si lamenta della propria situazione economia. Visti i suoi precedenti non può neppure contare sul Reddito di cittadinanza. «Andiamo un poco malocchio, senza lavoro, senza niente… però dentro casa mia non abbiamo reddito, mi segui? E… non posso neanche apparare il fatto del… quello del Cinquestelle che con l’associazione non me lo danno». 
È l’introduzione all’argomento-ossessione del gruppo D’Ambrosio: la consegna di un manufatto nel Comune di Rende (non si parla esplicitamente del Palazzetto, ndr). Per «comprendere le intenzioni di Manna nella sua veste di sindaco di Rende – appuntano gli investigatori –, (D’Ambrosio, ndr) ha chiesto senza mezzi termini “… ma questa struttura la portiamo a termine o no?”». Manna risponde: «Stai parlando del coso?». «Eh!», replica D’Ambrosio. 

La risposta del sindaco: «Sì, vediamo come possiamo fare»

L’allora sindaco, a quel punto, spiega: «Mi hanno… io ci devo, vado a fare… tra due o tre giorni e vedere, mi hanno detto che a brevissimo me la consegnano. Domani, domani mattina io sono, no, dopodomani mattina… io sono un attimo in Tribunale, uh? Ci possiamo vedere?». D’Ambrosio dice: «Dobbiamo vedere come fare», e così farebbe «registrare un passaggio ritenuto molto importante al fine di comprendere la tipologia di “struttura” che aveva in mente di realizzare all’interno del manufatto». I due fratelli D’Ambrosio sembrano avere le idee chiare. Le loro mire sarebbero «focalizzate sulla consegna, da parte di Manna» di un edificio «che avrebbe dovuto contenere, al suo interno, alcuni servizi dedicati alla salute delle persone». 
Gli investigatori sottolineano poi che «Manna (…) non ha negato il suo apporto al progetto e, di contro, ha rassicurato i germani sul buon esito delle loro richieste». «A posto! A posto! Si, sì, sì, vediamo come possiamo fare», dice il politico intercettato. Manna ha sempre respinto con forza ogni addebito su presunti rapporti con la criminalità organizzata. (ppp)

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