CATANZARO “Malattie complesse dell’aorta toracica e toraco-addominale” è il titolo dell’ottavo simposio sui problemi aortici promosso dal dipartimento di Medicina sperimentale e clinica dell’Università di Catanzaro, lì tenutosi da poco e curato da Pasquale Mastroroberto, professore ordinario di Chirurgia cardiaca e direttore della Cardiochirurgia del policlinico dell’ateneo.
Oggi con Mastroroberto, che ne è l’ideatore dagli inizi, parliamo del significato, per Catanzaro, dell’evento scientifico in questione e del rapporto tra l’università e il territorio catanzaresi. Poi la rubrica “Corriere Suem” si fermerà per dieci settimane, nel corso delle quali verrà sostituita da “Cantiere Calabria”, un ciclo di interviste con intellettuali, imprenditori, creativi ed esponenti della società civile sulle possibili iniziative da intraprendere per la Calabria del futuro.
«Facciamo un po’ di cronistoria», premette Mastroroberto, che ricorda: «Questo congresso nacque nel 2009. Dopo il successo della prima edizione, cui parteciparono relatori di livello internazionale, decidemmo di riproporlo ogni due anni e con un’articolazione più ampia. Così siamo arrivati all’ottava edizione. La formula, devo dire, è sempre la stessa, basata su un evento culturale e anzitutto scientifico aperto all’esterno».
Che tipo di partecipazione si è registrata?
«Nel tempo abbiamo avuto ospiti da ogni parte d’Europa, soprattutto occidentale. Mi riferisco a professionisti giunti dalla Francia, dalla Svizzera, dal Belgio, dall’Inghilterra e dalla Spagna. Sono inoltre arrivati relatori da altre nazioni e perfino da Paesi extraeuropei, per esempio Stati Uniti, Giappone, Canada e Corea del Sud. L’aspetto interessante è che questo appuntamento ha avuto un forte richiamo all’estero. Gli specialisti di problematiche cardiache e aortiche sono venuti a Catanzaro con grande piacere e hanno dato un contributo significativo in termini scientifici e culturali. In pratica, abbiamo ospitato i maggiori e più quotati esperti internazionali e italiani, anche provenienti dal Campus biomedico di Roma e dalle università pubbliche di Firenze e Bologna».
Motivo di orgoglio?
«Sì. Che tutte queste persone siano venute a Catanzaro ci ha inorgoglito. Soprattutto, l’altro aspetto da rimarcare riguarda l’affluenza sempre maggiore di partecipanti, specie nell’edizione di quest’anno. Molti giovani della nostra università hanno partecipato, sia studenti che medici in formazione specialistica. Allora il consuntivo è segnato da risultati estremamente positivi, sia in termini di qualità scientifica, sia in termini di livelli di ascolto, sia in termini di ricadute culturali. Anche quest’anno abbiamo superato una media di circa 450 persone in auditorium, il che vuol dire che abbiamo avuto sempre il pienone».
Riguardo ai contenuti, quest’anno qual è stato l’elemento più caratterizzante?
«Senza dubbio la sessione pediatrica, che ha visto gli interventi di alto spessore di Lorenzo Galletti, direttore della Cardiochirurgia pediatrica dell’ospedale Bambini Gesù; di Gianfranco Butera, lì primario della Cardiologia interventistica per bambini; di Carlo Pace Napoleone, direttore della Cardiochirurgia pediatrica dell’ospedale infantile torinese Regina Margherita, e di Thierry Carrel, cardiochirurgo universitario di fama e già primario di Cardiochirurgia nell’Inselspital di Berna».
Professore, quest’anno su che cosa è caduto il focus?
«Su come la tecnologia influisca sulla medicina e dunque sulla chirurgia cardiaca. In particolare, si è parlato degli interventi relativi alla valvola aortica e all’aorta, che hanno avuto un’evoluzione notevole, sia sul piano delle tecniche convenzionali che per quanto riguarda gli approcci il più possibile non invasivi. Questi sono stati gli aspetti più interessanti, tanto per gli addetti ai lavori quanto per gli studenti, che devono avere una formazione culturale e scientifica il più possibile completa, in modo da costruire un futuro in base alle loro esigenze e predisposizioni».
Come si pone l’Università di Catanzaro per quanto riguarda la formazione degli specialisti del futuro?
«In questi mesi si è parlato molto, e secondo me senza avere conoscenze approfondite, della nostra università. È stato polemicamente detto che siamo chiusi al confronto e al rapporto con il territorio catanzarese. La verità è altra: noi ci siamo posti con chiara apertura verso l’esterno, sia seguendo gli indirizzi ministeriali che badando alla cosiddetta internazionalizzazione, cioè a volgere lo sguardo ben oltre i confini nazionali. Del resto, lo conferma anche la presenza di numerosi e prestigiosi ospiti stranieri, il che vale per tutti i congressi e gli eventi svolti nell’Università di Catanzaro. Con le iniziative culturali, di formazione e di scambio, puntiamo ad un sempre maggiore sviluppo dei saperi e della pratica clinica quotidiana. Ora abbiamo anche un nuovo governo di ateneo, che inizierà le proprie attività tra ottobre e novembre prossimi e mirerà ad alimentare un più stretto rapporto con la città di Catanzaro, sempre con spirito costruttivo». (redazione@corrierecal.it)
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