COSENZA Salvatore Ariello detto Sasà è «un affilialo di vertice dell’organizzazione. L’ho conosciuto intorno al 2009 ed già era associato, molto vicino a Gianfranco Bruni dd a Renato Piromallo, del quale è stato sempre stretto collaboratore». E’ il pentito Roberto Porcaro a tracciare l’identikit di uno degli indagati nell’inchiesta “Reset“, coordinata dalla Dda di Catanzaro. Con Ariello, il pentito dice di aver intrattenuto rapporti «personali e criminali» fino al 2014, «allorquando ci siamo un po’ allontanati per i dissapori sorti dopo il mio allontanamento da Antonio Illuminato e Massimo D’Elia (dopo l’omicidio Ruffolo)».
Salvatore Ariello, come racconta Porcaro, avrebbe ricevuto da Francesco Patitucci la dote della “crociata”, e pertanto «gode di grande autonomia decisionale per conto dell’associazione, sia in ambito di estorsioni sia nel traffico di stupefacenti nel quale è molto attivo assieme a Renato Piromallo». Il racconto prosegue ed emerge una figura di rilievo nell’ambito del clan. «Ariello nell’ultimo periodo aveva un suo gruppo con Antonio Illuminato, si dedica ad ogni attività di spaccio». Ma il pentito ritorna sulla rottura del rapporto con Ariello, citando due episodi. «Il primo, tra il 2017 ed il 2018, allorquando Ariello era detenuto ed io mi sono interessato per recuperare il capitale di circa 5.000 euro che sapevo essere stato prestato ad usura ad un signore di Andreotta per conto mio, da Ariello e Piromallo». «Quando mi sono recato da questo signore di Andreatta che personalmente andavo a conoscere per la prima volta – dice Porcaro – ho scoperto che questo debito di usura che risaliva al 2010 non era di 5.000 euro, come Ariello mi aveva detto, bensì di 70.000 euro; in pratica oltre alla nostra somma, Ariello aveva prestato ulteriori 65.000 euro senza dire nulla a me ed a Renato Piromallo». Porcaro è infastidito, e decide di chiudere la faccenda legata al debito da riscuotere ascoltando la proposta del debitore che suggeriva di «rientrare nel debito consentendo l’intestazione fittizia di una sua casa, di pari valore, a Portapiana».
Il secondo episodio è datato aprile 2019, poche settimane prima dell’arresto di Roberto Porcaro nell’ambito di una inchiesta che mira a far luce sull’omicidio di Giuseppe Ruffolo. Il tema è una estorsione nei confronti di una attività commerciale di pompe funebri a Cosenza. Porcaro, racconta ai magistrati, scopre che un uomo legato a Salvatore Ariello avrebbe imposto «la somma di 100 euro a salma per la tumulazione». Un extra evidentemente non dovuto, che spinge Porcaro a radunare le truppe a Cosenza e «intenzionati a picchiare» l’uomo vicino ad a Sasà Ariello. Quest’ultimo si presenta all’appuntamento insieme ad Antonio Illuminato e Massimo D’Elia «pronti ad una rappresaglia nei nostri confronti».
Nei verbali di interrogatorio resi ai magistrati della Dda, Porcaro non nasconde mai la presenza di numerose fibrillazioni all’interno dei clan. A tal proposito, il pentito cita un episodio che riguarda un altro indagato nell’inchiesta “Reset“: Antonio Illuminato. «Dopo il 2013, sono venuto a conoscenza di varie vicende che hanno riguardato Antonio Illuminato, mi sono allontanato da lui fino al punto di maturare anche un proposito omicidiario nei suoi confronti in accordo con Francesco Patitucci». Il collaboratore aggiunge particolari alla sua narrazione. «Dopo l’episodio dell’estorsione alle pompe funebri, «ho atteso il momento giusto per parlare con Patitucci dei comportamenti sbagliati che Illuminato ed Ariello stavano tenendo nei miei confronti». L’occasione capita il 4 dicembre 2019, quando Patitucci viene scarcerato. In quel incontro, dopo aver manifestato i miei malumori, Francesco Patitucci mi ha rassicurato sul fatto che avrebbe rimproverato Salvatore Ariello e che questi avrebbe dovuto “venderci” Antonio Illuminato che ci sarebbe stato portato con un inganno e sarebbe stato ammazzato da me e da Francesco Patitucci». La vita di Illuminato è appesa ad un filo, ma ad interrompere il proposito omicidiario è una nuova operazione che porta all’arresto di Roberto Porcaro.
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