COSENZA Una “carriera” nel crimine segnata da numerose condanne per vari reati commessi contro la persona, il patrimonio, in materia di armi e di stupefacenti. Michele Di Puppo, attualmente sottoposto ad procedimenti penali che toccano anche la sfera dell’associazione mafiosa, è considerato soggetto «costantemente incline a delinquere, incapace di dissociarsi dagli ambienti della criminalità organizzata dove appare costantemente inserito». A tratteggiarne il profilo è la Dda di Catanzaro. Che ha coordinato l’operazione denominata “Athena” con la quale è stato assestato un duro colpo alla mala della Sibaritide.
Da sempre legato al boss ristretto al 41 bis, Francesco Patitucci, Di Puppo avrebbe acquisito la dote di ‘ndrangheta della “Stella“, assumendo il ruolo di direzione del gruppo della presunta Confederazione di ‘ndrangheta cosentina operante nella zona di Rende, in continuità con l’associazione di tipo mafioso già diretta da Ettore Lanzino e giudiziariamente riconosciuta, rispetto alla quale lo stesso Di Puppo è stato condannato nella veste di organizzatore e reggente fino al novembre 2011. Sul territorio della città rendese, Di Puppo si sarebbe occupato soprattutto all’usura, alle estorsioni ed al traffico di sostanze stupefacenti. Nella recente inchiesta della Dda, il suo nome compare in un episodio legato ad una tentata estorsione, in concorso con altri indagati: Nicola Abbruzzese, Gianluca Maestri e Ivan Barone (oggi pentito). Insieme all’uomo considerato reggente dell’associazione mafiosa che fa capo alla famiglia Abbruzzese di Cassano all’ionio, Di Puppo avrebbe ricoperto il ruolo di mandante, Maestri avrebbe diretto «le fasi esecutive del reato fungendo da intermediario tra i membri apicali delle due consorterie» e infine, Barone sarebbe stato l’esecutore. Nel mirino degli uomini della mala sarebbe finita una imprenditrice alla quale viene chiesto di consegnare 30mila euro a titolo estorsivo, da far confluire nella “bacinella” comune.
La notte del 19 febbraio 2020 vengono compiute due distinte azioni criminose, per chi indaga collegate tra loro. Una dipendente della società finita nel mirino degli indagati rinviene «una bottiglia in plastica con presunto liquido infiammabile all’interno con accanto un accendino nastrato, nei pressi dell’ingresso posteriore della azienda» con sede a Montalto Uffugo, in provincia di Cosenza. La donna denuncia tutto alle forze dell’ordine. Un analoga intimidazione, l’imprenditrice l’aveva già segnalato sette anni prima. Le telecamere di videosorveglianza, riprendono un «soggetto di sesso maschile con il volto travisato da cappuccio che arrivando dalla parte posteriore lasciava» la bottiglietta. «L’andatura del soggetto di sesso maschile appare spavalda e senza alcun timore di essere notato alle ore 21:12 posiziona la bottiglia in plastica, estraendola dalla tasca destra del giubbino per poi allontanarsi normalmente in direzione via B. Croce, direzione Taverna di Montalto Uffugo».
Altra intimidazione, ricevuta dalla imprenditrice è quella relativa al danneggiamento dell’impianto autovelox installato dalla sua società sulla Strada Statale 534, nel Comune di Cassano all’Ionio. Se da una parte, la donna sostiene di non aver mai ricevuto richieste estorsive, dall’altra parte invece il marito della donna confessa di aver ricevuto una telefonata da un uomo con tono evidentemente minaccioso: «Mettiti in regola con chi devi altrimenti la prossima volta la benzina la buttiamo addosso a te». Secondo l’accusa, nell’attività estorsiva sarebbe stato coinvolto anche Michele Di Puppo. Parlando con Maestri si preoccupava di organizzare l’attività di intimidazione procurandosi uomini necessari a portarla a termine. «E mo lo troviamo un ragazzo, poi un ragazzo lo trovo io». (f. b.)
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