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la sentenza

Frecciarossa deragliato a Lodi nel 2020, condannato a tre anni un operaio specializzato calabrese

Sono due le condanne decise nel processo con il rito abbreviato, 5 prosciolti. Nell’incidente morirono due macchinisti

Pubblicato il: 03/07/2023 – 20:28
Frecciarossa deragliato a Lodi nel 2020, condannato a tre anni un operaio specializzato calabrese

LODI Sono arrivate le prime due condanne nell’ambito del processo per il deragliamento del Frecciarossa 9595 Milano – Salerno. Era il 6 febbraio 2020, pochi giorni prima della scoperta, nella vicina Codogno, del Covid-19: la motrice del treno decollò, “inciampando” in un meccanismo difettoso, nel Basso Lodigiano, in corrispondenza di uno scambio tra Livraga e Ospedaletto, a 298 chilometri orari. Uno schianto che non lasciò scampo ai due macchinisti: Mario Dicuonzo, 59 anni, e Giuseppe Cicciù, 51enne. Mentre 31 tra passeggeri e operatori di bordo rimasero feriti, in dieci gravemente.
I primi due condannati sono stati, stamattina, i due operai accusati di aver installato un attuatore difettoso sugli scambi: sono uno specialista di cantiere di 34 anni di Piacenza e un operaio specializzato calabrese di 33 anni.
Tra le 5 persone prosciolte ex articolo 425 cpp ci sono i vertici di Alstom e Rfi, Michele Viale e Maurizio Gentile. Cinque, invece, i rinvii a giudizio. Il Gup Francesco Salerno ha condannato, anzitutto, questi due operai, in rito abbreviato, a tre anni di reclusione per concorso in omicidio plurimo colposo e disastro ferroviario colposo. Poche ore prima del deragliamento installarono sullo scambio numero 5 del Posto movimento Livraga un attuatore prodotto il 6 giugno 2018 da Alstom Ferroviaria a Firenze e che si era rivelato difettoso. La causa individuata dalle indagini coordinate dall’allora Procuratore di Lodi Domenico Chiaro era un’inversione dei fili numero 16 e 18 nel cablaggio interno all’attuatore. Per questo, tra l’altro, sono stati rinviati a giudizio, in ambito Alstom, l’operaio interinale che si ritiene effettuò il cablaggio errato e l’operatore del banco di collaudo che firmò la scheda attestante la regolarità del prodotto oltre a due quadri ritenuti responsabili dell’ingegneria di prodotto e di industrializzazione degli attuatori per scambi per alta velocità. Sul fronte di Rfi è stato invece rinviato a giudizio un funzionario 65enne romano della direzione Produzione che risulta avesse la responsabilità di sovrintendere ai protocolli delle procedure di manutenzione degli scambi, nei quali secondo l’accusa quel tipo di difetto non era stato previsto. “E’ stato un evento imprevedibile e sul quale i tecnici non potevano intervenire”, ha dichiarato Valentina Marchettini, avvocato dei due operai condannati, preannunciando appello. “Se sono state rispettate le procedure tutto bene: lo vedremo in dibattimento” ha sottolineato il legale della Filt Cgil Lombardia, unica parte civile. Il processo si aprirà il prossimo 9 gennaio, sempre in tribunale a Lodi. Presenti oggi in aula anche le vedove dei due macchinisti, Chiara e Paola con il figlio e il fratello di Dicuonzo. Insieme, non perdono un’udienza. “La vera giustizia – fanno sapere – sarebbe se Mario e Giuseppe, persone perbene, fossero ancora tra noi. Vogliamo che una cosa simile non accada mai più”. (Ansa)

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