TREBISACCE La Seconda Sezione del Tribunale di Cosenza ha condannato l’Asp Calabria, Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza, nella persona del Direttore Generale, e due medici in organico presso il nosocomio “Chidichimo” di Trebisacce, al risarcimento di oltre 1.500.000,00 di euro, riconoscendo la sussistenza della colpa medica, che aveva cagionato il decesso di una donna trentaseienne, madre di due bimbi piccoli, di cui un neonato, avvenuta nel 2013. Ai familiari della giovane donna, assistiti dello studio legale dell’avvocato Natalia Branda, del Foro di Paola, (i quali avevano citato l’Asp di Cosenza e i sanitari intervenuti) spetta, dunque, un risarcimento milionario.
Da quanto si legge nella sentenza, dopo un ricovero in Codice Verde presso l’Ospedale di Trebisacce, non venne riconosciuta la grave patologia presentata dalla malcapitata che, lamentava difficoltà respiratorie e dolori al petto. I medici del Pronto soccorso, non comprendendo la criticità delle condizioni in atto, ravvisarono una urgenza differibile, erroneamente ritenendo che la vittima fosse affetta da una forma morbosa di grado lieve, dacché l’accettazione in Codice Verde. ciononostante l’esame Rx effettuato avesse rilevato delle anomalie a carico polmonare che avrebbero necessitato di specifici approfondimenti diagnostici. La povera donna venne, invece, licenziata con la prescrizione di una semplice terapia farmacologica domiciliare, e, dopo qualche ora, nella corsa verso l’Ospedale di Cetraro, dove la stavano conducendo visto l’aggravarsi delle sue condizioni, morì e li, purtroppo, giunse cadavere. La sentenza del Tribunale di Cosenza, riconosce la grave colpa medica e diretto nesso eziologico tra la condotta dei sanitari e la morte della giovane mamma, rilevando che, viceversa, la sottoposizione ai basilari esami diagnostici descritti in perizia, avrebbe potuto impedirne l’exitus. (redazione@corrierecal.it)
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