COSENZA Un prestito richiesto ed ottenuto da 2mila euro e la minaccia di «ritorsioni» dagli “Zingari” di Lauropoli in caso di mancata restituzione. E’ uno degli episodi di usura annotati dalla Dda di Catanzaro nell’inchiesta “Athena”. Un uomo avrebbe chiesto del denaro a Pietro Lorenzo Selvaggi (indagato), il quale, in seguito, «lo avrebbe minacciato» chiedendo una «somma maggiorata» per un importo complessivo di 7mila euro». La vittima della presunta usura non ci sta e contatta altri due indagati: Ivan e Nicola Abbruzzese, ai quali racconta di come Selvaggi si fosse «materialmente impossessato del libretto postale» intestato a suo padre. A loro chiede di intercedere per risolvere la questione.
Nicola Abbruzzese ascolta il racconto della vittima e infastidito annuncia la volontà di chiedere a Selvaggi la consegna di «5mila euro eccedenti il prestito inizialmente elargito». Gli animi si scaldano, Selvaggi e gli Abbruzzese si incontrano. Ed è Nicola Abbruzzese a redarguire il suo interlocutore: «a chi stai fottendo i soldi (…) ora vai a prendere il libretto (…) settemila euro li porti qua!». Rimasto a lungo in silenzio, Leonardo Abbruzzese prende la parola e si rivolge a Selvaggi: «ma vuoi morire così giovane compà!». Alla fine, come emerge da quanto raccolto da chi indaga, la vittima dell’estorsione “grazie” all’intermediazione degli Abbruzzese, riottiene il libretto postale intestato al padre e verifica, controllando le transazioni effettuate nell’ultimo periodo, che Selvaggi «aveva effettuato un prelievo di 918 euro 58 centesimi, recandosi personalmente all’ufficio postale. Selvaggi, infatti, «possedeva anche il codice di sicurezza».
Risolto il nodo legato alla restituzione del libretto al legittimo proprietario, ora i fratelli Abbruzzese possono occuparsi del recupero del denaro richiesto in eccesso da Pietro Lorenzo Selvaggi. Quest’ultimo riceve dagli Abbruzzese indicazioni sulla riconsegna dei 7.000 euro «di cui si era indebitamente appropriato». Da quanto emerso, l’indagato avrebbe «dovuto trattenere 1.800 (la cifra che aveva, effettivamente, concesso in prestito), mentre i restanti 5.200 avrebbe dovuto lasciarli a tale “Francesco del bar”, già istruito sul da farsi». (f.b.)
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