ROMA «Voi, noi e l’autonomia differenziata» potrebbe essere il titolo dell’imperdibile botta e risposta fra l’imprenditore calabrese Antonino De Masi e Roberto Castelli, già parlamentare e ministro leghista della Giustizia, avvenuto sul finire della puntata odierna del programma televisivo “L’aria che tira, estate”, in onda su La7.
Presentato dal conduttore Francesco Magnani e poi con un breve servizio video di Domenico Iannacone, De Masi aveva espresso la propria contrarietà all’autonomia differenziata, motivandola con l’esigenza di riforme che non dividano il Paese né aumentino il divario infrastrutturale, economico e sociale fra Sud e Nord, cresciuto negli ultimi dieci anni e tra le cause dello spopolamento del Mezzogiorno.
Non solo, De Masi si era chiesto se l’autonomia differenziata fosse «un acceleratore di povertà» e l’aveva definita «bomba sociale che può deflagrare».
Castelli ha replicato accusando il suo interlocutore di non conoscere le disposizioni costituzionali sul punto e confinando il dibattito con il ricorso al «voi», utilizzato per indicare i meridionali a suo avviso spaventati dal disegno di legge, in materia, del ministro Calderoli, in contrapposizione al «noi», inteso come gruppo di persone illuminate e favorevoli alla riforma in questione.
Secondo Castelli, poi, il lungo centralismo ha provocato le diseguaglianze tra i diversi territori del Paese e adesso occorre rispettare la volontà di oltre cinque milioni di italiani che chiedono l’autonomia differenziata. De Masi non ha perso tempo e nella sua risposta a Castelli ha chiarito di avere difficoltà a rapportarsi con una persona che già nel linguaggio, nell’infelice distinzione tra «voi» e «noi», mostra di non considerare l’Italia come una e indivisibile. L’imprenditore calabrese si è poi detto «orgoglioso della propria ignoranza», ha elogiato con ironia l’asserita superiorità intellettuale di Castelli e aggiunto che all’Italia servono riforme che non spacchino il Paese.
Agli inizi del nuovo millennio, Castelli aveva manifestato il suo disappunto per le norme europee contro il razzismo e la xenofobia. Nel merito, e da ministro della Giustizia, Castelli obiettò che il reato si riferisse «anche al convincimento che un individuo si» ritenesse «superiore a un altro». Giovambattista Vico avrebbe forse concluso con «i corsi e ricorsi della storia» e Fabrizio De Andrè con i versi finali del suo brano “Le nuvole”: «Vanno, vengono. Per una vera, mille sono finte e si mettono lì tra noi e il cielo, per lasciarci soltanto una voglia di pioggia».
Sul piano politico, la Lega non ha del tutto abbandonato, come confermano le parole di Castelli a De Masi, la propria impostazione separatista, figlia di vecchie generalizzazioni, piccoli pregiudizi e timorosa sicumera. (redazione@corrierecal.it)
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