CATANZARO Un legame strettissimo con Mario Megna, parente del boss Mico e considerato il punto di riferimento della cosca di Papanice al Nord Italia, e interessi economici nella zona del Lago di Garda. Un imprenditore in “affari” con diverse realtà criminali raccogliendo l’eredità del padre. È il profilo di Mauro Prospero, cl. ’60, coinvolto nel blitz “Glicine” coordinato dalla Dda di Catanzaro guidata dal procuratore Nicola Gratteri. Lui è finito ai domiciliari, i due Megna, invece, in carcere.
I rapporti tra l’imprenditore e alcuni esponenti della criminalità organizzata calabrese radicata al Nord sono stati ricostruiti dalla polizia giudiziaria, sfruttando le piste segnate dalle dichiarazioni rese da alcuni collaboratori di giustizia. Come quelle di Giuseppe Giglio. Nel suo interrogatorio del 27 giugno 2019 indica Mario Megna come curatore degli interessi della cosca papaniciara nel Nord Italia, si soffermava a parlare di Mauro Prospero «da lui conosciuto da oltre vent’anni» scrive il gip nell’ordinanza. «I primi rapporti tra gli esponenti della cosca Grande Aracri e Ermes Prospero» scrive ancora il gip «nascevano negli anni novanta poiché per quest’ultimo avevano effettuato trasporti di inerti». In tale contesto «nascevano – scrive ancora il gip – i rapporti anche con Mauro Prospero. Quest’ultimo vendeva loro degli inerti sottocosto, sottraendo i relativi proventi al padre Ermes». A disegnare il profilo dell’imprenditore Mauro Prospero è ancora il pentito Massimo Colosimo durante l’interrogatorio del 26 giugno 2019. «Colosimo descriveva Prospero» riporta il gip nell’ordinanza «come un imprenditore che si prestava a fare qualunque tipo di affare illecito, citando, in particolare, il redditizio sistema delle fatturazioni per operazioni inesistenti». Il collaboratore riferiva inoltre che Mauro Prospero «era legato agli ambienti criminali calabresi e ne frequentava gli esponenti, pertanto poteva contare sulla “protezione” sia della cosca Grande Aracri che di quella Megna di Papanice».
I movimenti dell’imprenditore Prospero erano già finiti sotto la lente d’ingrandimento dagli inquirenti in occasione di alcune operazioni finanziarie a cominciare dalla denuncia della Guardia di Finanza di Latisana «per reati connessi proprio alle false fatturazioni attraverso la sua società “VENETO CAVE Srl”. Il nome di Prospero salta fuori poi anche durante l’indagine “Aemilia”: il 12 aprile 2014 la Banca d’Italia segnala un movimento sospetto per un versamento di oltre 27mila euro in favore di una società le cui quote sono poi state sequestrate mentre, ancora dall’inchiesta, era emerso il coinvolgimento nei lavori all’interno del villaggio turistico di Prospero di Michele Bolognino, indicato come storico appartenente alla cosca “Megna”, legatosi successivamente al capocosca cutrese Nicolino Grande Aracri per conto del quale operava investimenti in Emilia Romagna, utilizzando capitali illeciti.
Nel corso dell’inchiesta della Dda di Catanzaro, come riporta il gip nell’ordinanza, sono stati diversi gli incontri tra Prospero e Mario Megna, un «rapporto di stretta fiducia» con diversi incontri avvenuti tra i due. «Mauro Prospero – scrive il gip nell’ordinanza – era un soggetto strategico per la cosca» poiché vantando rapporti con diversi imprenditori della zona «poteva presentarli a Mario Megna, ricevendo in cambio supporto e protezione ogni qual volta ne necessitava». «(…) non ti dico nemmeno la somma perché io personalmente in quarantasei anni non ne ho mai visti» «tam, tam, tam, tam alla fine ci sono riusciti Mauro… Mauro, oh Mauro hanno fatto tre anni di giri… devi andare con quattro bilici per caricarli secondo me (…) hanno fatto tre anni e mezzo di giri, Svizzera, Moldavia…». A parlare in una conversazione intercettata dagli inquirenti è Mario Megna con l’imprenditore Prospero e Placido Vicario. È il 13 agosto 2018 e i due parlano di possibili investimenti che la cosca intendeva fare, grazie a capitali di provenienza illecita. Somme milionarie alle quali proprio Megna faceva riferimento e che la cosca aveva recuperato attraverso un sistema complesso.
«(…) a uno gli sono andato a citofonare» dice ancora Mario Megna nella conversazione «(…) sono andato, mi hanno accompagnato alla porta, a Como. “Scendi che sono quello di Crotone” gli ho detto, è diventato bianco. “Io non telefono e non mando nessuno sono venuto personalmente”». Da questa conversazione gli inquirenti capiscono che Megna aveva già individuato alcuni soggetti che sarebbero dovuti figurare come investitori. «(…) c’è un villaggio da prendere, da fare lì vicino alla Malaspina (…) c’ho già tutto in macchina io, dentro al lago, c’è già il progetto approvato, tutto». A questo punto è Prospero a proporre, tra i diversi possibili investimenti, quello legato alla realizzazione di un villaggio turistico nei pressi del lago di Garda. Mario Megna precisa che i possibili investimenti non erano orientati all’acquisto e poi rivendita di beni «ma all’acquisto – scrive il gip – e alla successiva rendita periodica». Nella conversazione intercettata spiega a Prospero: «Quelli lì vogliono investire e ogni fine mese (…) entrano cento euro da Sirmione, cento euro da Parma, cento euro da … ogni fine mese, non hai capito?». L’idea prospettata dall’imprenditore però accende l’interesse di Megna. Ma, in ogni caso, il progetto di investimento avrebbe comunque dovuto ottenere il via libera dal capo cosca Mico Megna. «(…) lunedì preparami tutto così appena scendo glieli faccio vedere… può essere pure che lunedì viene lo zio che ha finito tutto, gli hanno tolto tutto».
Nella stessa giornata, poi, l’imprenditore parlava con Mario Megna di un affare legato all’acquisto di un terreno in Svezia per il quale l’affittuario stava creando dei problemi e, per questo, le intenzioni di Prospero erano quelle di recarsi sul posto personalmente. «Si vado io! E ha parlato lui che… l’ha incontrato, ha detto “quando vuole venire digli che quella lì è casa sua”». Mario Megna, quindi, si offre a protezione di Prospero, pronto a partire per la Svezia anche lui. Nel corso della conversazione gli inquirenti intuiscono che l’aggancio in Svezia era rappresentato da alcuni parenti di Roberto Lumare che vivevano nella zona di Stoccolma e che erano stati costretti a emigrare in conseguenza di una faida che li aveva coinvolti diversi decenni addietro. Il riferimento è alla famiglia di Lumare legata agli Stefanizzi coinvolti effettivamente in una faida agli inizia degli anni ’90. «(…) in base alla musica che ci mette noi balliamo (…) se ti mette un liscio puoi ballare un hip hop eh? Oh, Mauro, le persone bisogna farle ragionare pure quando sono così». Mario Megna, durante la conversazione con Prospero, «evidenziava il suo potere criminale – riporta il gip nell’ordinanza – e affermava che qualora la questione non si fosse risolta in maniera bonaria, avrebbe fatto ricorso a maniere più incisive». Prospero effettivamente si reca in Svezia tra il 20 e il 24 maggio 2019, e gli sos della banca su sospette attività di riciclaggio hanno fatto il resto: 111 movimenti di importo tondo sotto ai 3mila euro per un totale di 279.655,00 euro dal conto di Prospero «da aprile 2017 a Maggio 2018 con causale acquisto terreno/acquisto stalla/intese» scrive il gip nell’ordinanza sulla base della relazione della Banca d’Italia mentre «dai dati raccolti dal paritetico ente svedese – scrive ancora il gip – emergeva che Prospero, con la cifra inviata sul conto svedese, ha acquistato un terreno con annesse stalle nella città di Halmstad, il quale a parere di quell’organo di controllo, non sembrerebbe essere un acquisto regolare per “stranezze nel contratto”». (g.curcio@corrierecal.it)
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