418 milioni di euro è la somma delle rate dei prestiti erogati dalle banche alle famiglie calabresi e non restituite. Parte di questi 418 milioni di euro è ‘ad incaglio’ ovvero non sarà più recuperata, mentre altra parte è ‘in sofferenza’ ovvero sarà recuperata con difficoltà da parte dell’Istituto di Credito. La crescita dell’impresa è il miglior indicatore dello stato di salute dei mercati nonché dell’economia in generale. Personalmente rappresento un segmento particolare di impresa, la Sanità Privata, cioè, quelle imprese che erogano per conto dello Stato, salute ai cittadini. Nel nostro settore la crisi economica è ancora più rischiosa che per qualunque altro settore perché la diminuzione del potere d’acquisto dei salari o stipendi che dir si voglia, si sostanzia per i consumatori nella rinuncia ad un bene particolare, la ‘salute’. I dati forniti dalla Fabi ci dicono che le famiglie calabresi arrancano ad arrivare a fine mese, ad onorare i propri impegni economici con regolarità. La nostra Regione è storicamente una terra dall’economia depressa che oggi si trova a dover affrontare anche una difficoltà in più rappresentata dal rialzo dei tassi d’interesse su mutui e prestiti. L’analisi condotta fotografa una nazione in sofferenza in modo diffuso e non solo nella parte del sud Italia. Sofferenza dovuta alla difficoltà a mantenere nel tempo la capacità di reddito e, di conseguenza, la capacità di solvenza. In Italia, ben 15 famiglie su 100 rinunciano alle cure sanitarie ed il numero dei cittadini in condizioni di povertà sanitaria è destinato a crescere ancora. I fruitori di salute rinunciatari al consumo di salute, non sono necessariamente i c.d. poveri ma anche consumatori che orientano la loro spesa per scelta verso beni diversi dalla salute.
Difatti, analizzando le caratteristiche della rinuncia al consumo di salute, emerge che questa è maggiore nel segmento dei beni di assistenza, ovvero di quei beni soggetti a compartecipazione da parte dei fruitori, piuttosto che nel segmento strettamente sanitario. Ciò significa che i cittadini, o consumatori di salute, a fronte delle ristrettezze economiche tendono a rinunciare allo stato di welfare. Diverse le motivazioni alla base di tale rinuncia, non trascurabile quella della necessità di stare al passo con le esigenze consumistiche e le mode economiche del momento. Ne consegue che, la grave crisi economica che costringe un numero sempre maggiore di cittadini a rinunciare alle cure, da un lato e la trasformazione culturale della popolazione per cui si preferisce orientare la spesa verso beni commerciali piuttosto che beni di assistenza (quali prevenzione e assistenza volontaria o integrativa) il sistema Salute italiano oggi risulta essere radicalmente cambiato. Nelle regioni meridionali con sistemi economici più fragili rispetto al resto d’Italia, la rinuncia al welfare è ancora più consistente. Nella nostra regione Calabria, dove proprio in questi mesi si sta istituendo un sistema di welfare pesantemente a pagamento dell’utente, lo scenario è preoccupante per i rischi sociali che la c.d. assistenza a pagamento o compartecipazione (che dir si voglia) comporta. La criticità maggiore è dovuta alla difficoltà di scardinare la funzione di ammortizzatore sociale delle misure previdenziali in favore delle fasce deboli. Nella nostra regione è fantasioso immaginare la costruzione di un sistema di protezione sociale che possa sopravvivere senza una committenza pubblica. E’, tuttavia, una scelta politica che si sta perseguendo in Calabria nell’intento di attuare alla lettera quella che sicuramente è un’indicazione normativa ma che avrebbe dovuto essere adeguata alle realtà territoriali per essere realmente equa. A parer nostro, è una scelta politica discutibile perché espone la nostra popolazione ad un rischio di tenuta sociale. In Calabria si registra il reddito pro-capite più basso d’Italia, pensare ad un sistema di welfare a forte compartecipazione dei cittadini significa amplificare in modo esponenziale la rinuncia all’assistenza. La cura e la salute passano attraverso le condizioni di benessere economico della popolazione, gli economisti lo hanno compreso bene ed i dati che ci forniscono dovrebbero ispirare le politiche salutari della nostra nazione.
*Presidente Regionale Filiera Salute Confapi Calabria
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