COSENZA Le ultime due operazioni condotte dalla Dda di Catanzaro nella Sibaritide hanno riacceso i riflettori sulla presenza massiccia nel territorio di uomini ritenuti dall’accusa legati a sodalizi criminali egemoni sul vasto territorio. “Athena” e “Gentlemen 2” hanno assestato un duro a quella ‘ndrangheta «che ottiene senza chiedere». Una porzione del territorio della provincia di Cosenza, dove è presente in maniera “capillare” il clan degli “zingari“. Da Cosenza a Cassano allo Jonio, gli Abbruzzese avrebbero conquistato spazi e potere come conferma anche il pentito Roberto Porcaro. In uno dei verbali, il collaboratore di giustizia cosentino parla di conoscenze dirette di alcuni presunti membri del clan, tratteggia i profili e suggerisce ruoli e business illeciti.
«Conosco Fiore Abbruzzese detto “Banana”, padre di Luigi, il quale è esponente storico dell’organizzazione criminale cosentina in particolare riferimento agli “Zingari”, è detenuto da tempo e per questo non ho avuto diretti contatti criminali con lui; ad ogni modo mantiene inalterato il suo ruolo di capo ed il suo carisma criminale e per questo è
mantenuto tuttora in carcere», dice Porcaro. Che poi sposta l’attenzione sui membri degli “zingari” cosentini, i “Banana”. «Conosco da diversi anni Luigi Abbruzzese detto “Pikachu”; attualmente principale referente criminale degli Zingari. Ho iniziato a stringere rapporti criminali con lui all’incirca dal 2015, quando si è registrata la necessita di regolarizzare i conti della bacinella tra “Italiani” e “Zingari” nel momento in cui si è decisa di mantenere l’autonomia contabile». Con quest’ultimo, Porcaro instaura un rapporto di reciproca fiducia «anche in ragione del fatto che lui, a differenza degli del suo gruppo, è la persona più riflessiva e ciò consente una maggiore interlocuzione ed affidabilità sulle scelte». La stima nella mala, quasi sempre, porta ad una solida collaborazione negli affari, illeciti. E con Luigi Abbruzzese, Porcaro – prima di condividere la cella – aveva collaborato «anche in attività di narcotraffico, fornendo reciprocamente partite di cocaina». “Pikachu” ha rifiutato la formale affiliazione, il fratello Marco Abbruzzese detto “Lo Struzzo” invece avrebbe optato per il percorso inverso. «So essere formalmente affiliato, tra il 2013 ed il 2014, con la dote dello “sgarro”, che gli è stata conferita da Maurizio Rango, portando in copiata anche il mio nome. Con Marco Abbruzzese ho collaborato in tutte le attività delittuose dalle estorsioni al traffico di sostanza stupefacente», confessa Porcaro. Che infine cita due membri dei “Banana” che come lui hanno deciso di saltare il fosso: Celestino Abbruzzese detto “Micetto” e sua moglie Anna Palmieri. Con il primo, Porcaro litiga perché «voleva
subentrare in una attività di vigilanza con la moglie che non conosco personalmente».
Considerati un unico gruppo criminale, la famiglia Abbruzzese di Cosenza e quella stanziata nel territorio della Sibaritide si muovono seguendo modus operandi completamente agli antipodi. Gli “Zingari” di Cosenza e le loro relazioni con quelli di Cassano allo Jonio sono al centro di alcuni capitoli dell’inchiesta denominata “Athena” coordinata dalla Dda guidata da Nicola Gratteri. Nel merito dei rapporti e delle presunte attività illecite perpetrate dagli “zingari” di Cassano allo Ionio, ha avuto modo di riferire il collaboratore di giustizia, Roberto Porcaro. Che conferisce un ruolo di primo piano ad «Antonio Abbruzzese detto “Tonino Strusciatappine”, storico appartenente all’associazione di ‘ndrangheta cosentina nella quale mantiene inalterato il suo credito criminale e la sua autonomia decisionale». Negli ultimi anni, sempre secondo il collaboratore di giustizia, si sarebbe avvicinato di più a Michele Di Puppo così come Luigi Abbruzzese era più vicino a me, questa rispettiva vicinanza agli “zingari” consentiva una discreta tranquillità negli equilibri criminali di tutta l’associazione».
Altro profilo tratteggiato da Porcaro è quello di Rocco Abbruzzese detto “Pancione” «che fa pienamente parte dell’associazione e coopera con il fratello “Tonino Strusciatappine” nelle attività delittuose di estorsioni, usura e traffico di stupefacenti».
Porcaro continua ad approfondire quanto di sua conoscenza in merito alle vicende familiari legate al clan degli “zingari”. In uno dei passaggi, il pentito rivela un particolare tanto inedito quanto inquietante. «Conosco Cosimo Bevilacqua detto “Mimi'” nipote di Cosimo Bevilacqua detto “Corvo nero”. Fa pienamente parte dell’associazione almeno a dal 2015 quando accompagnò Luigi Abbruzzese a casa mia per effettuare la rendicontazione per la spartizione dei proventi illeciti tra “Italiani” e “Zingari”». Il racconto prosegue. «Ricordo che già in quella occasione si diceva che il padre fosse un confidente e chiesi a Luigi Abbruzzese di non farsi accompagnare da Mimi le prossime volte per queste attività più delicate». Il pentito si avvicina alla clamorosa rivelazione. «Mimi ha continuato a collaborare nelle attività illecite sia estorsive che di stupefacenti con i “Banana” e con “Corvo Nero” e nell’ultimo periodo collaborava per il narcotraffico con Renato Piromallo». Queste circostanze, Porcaro le apprenderà dallo stesso Cosimo Bevilacqua, in carcere a Voghera, e “Mimi” avrà modo di confidare che «un paio di giorni prima del blitz “Reset”, lo stesso Piromallo, aveva allertato lo zio “Corvo Nero” che gli avrebbero a breve arrestati nell’ambito di una grossa operazione».
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