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SETTE GIORNI DI CALABRESI PENSIERI

Il mare della Calabria è terreno di lotta politica. Ma per rinascere serve un orgoglio collettivo

Problemi atavici e germogli da far crescere. E poi biblioteche chiuse in città che leggono. Vittime del mare che cercavano solo un futuro. Foto storiche e un cosentino al Napoli. I voti della setti…

Pubblicato il: 15/07/2023 – 6:52
di Paride Leporace
Il mare della Calabria è terreno di lotta politica. Ma per rinascere serve un orgoglio collettivo

Era il 1972 quando da un juke box su una rotonda Nettuno a Paola sul mar Tirreno ascoltavo il ritornello “o mare nero, tu eri chiaro e trasparente come me”. Avevo dieci anni e all’epoca quelli della mia generazione non avevano pensieri di mare sporco perché il blu era dominante e compativamo qualche amico polentone che il mare petrolifero l’aveva veramente. Mezzo secolo dopo la situazione è diversa perché il nostro mare è a volte indecente a macchia di leopardo.
Ha destato scalpore che sabato scorso anche sullo Jonio, mare normalmente cristallino, a Catanzaro Lido si sia vista sporcizia diffusa mentre a Roccelletta di Borgia una chiazza marrone è avanzata verso riva lasciando bagnanti sotto l’ombrellone molto arrabbiati e non è mancato chi se n’è tornato pure a casa. Eppure Catanzaro ha appena ricevuto la Bandiera blu e ci viene da chiedere se ad accertare i requisiti previsti di assenza di acque reflue in mare ci siano persone che applicano l’estremo rigore, considerato che giornali e siti spesso segnalano anomalie su spiagge calabresi con bollino blu.
Il presidente Roberto Occhiuto ha diffuso un altro video di 5 minuti illustrando la situazione con meno istinto emotivo e, rivendicando di aver investito circa 9 milioni sui depuratori, ha anche ringraziato i carabinieri che accertano illegalità manifesta. Sul modello sanità, il presidente della Calabria è tornato ad evidenziare una campagna di denuncia pubblica che segnala le atrocità ambientali da parte dei cittadini. Sa tutto un po’ di Germania Est ma a gravi problemi estremi rimedi.

I controlli dell’Arpacal

Sulla denuncia pubblica osserviamo che sui social ci sono calabresi che documentano il mare pulito della loro spiaggia, altri invece fotografano con il cellulare i disastri evidenti. Qualcuno moraleggia invitando a evitare di mostrare la sporcizia sul web per il bene della Calabria. Siccome la questione è antica non ci sfugge che nella politica calabrese alternata si avvicendano sostenitori politici durante l’estate a mostrare bello e brutto del nostro mare cambiando il tema secondo il colore politico di chi guida la giunta regionale a Catanzaro. Il mare sporco in Calabria è un terreno di lotta politica. Invece avremmo bisogno di un impegno corale per risolvere il problema.
Scopelliti presidente aveva istituito la solita task force, un numero verde per le denunce dei cittadini, e degli strani battelli cormorani che dovevano ripulire le sporcizie «che arrivano dalle regioni vicine». Agazio Loiero, da buon giornalista scrisse una lettera al Corriere della Sera chiedendo scusa per il mare sporco causato dalla malagestione di chi lo aveva preceduto, anche lui aveva una task force. Chiaravalloti invece finì indagato da De Magistris per i depuratori per un’inchiesta che finì per far discutere di giustizia e politica invece del mare pulito. Mario Oliverio con altra task force coniò lo slogan “mare da bere” osando un po’ troppo. Ora Roberto Occhiuto sostiene di essere il presidente della Regione che più ha fatto per dare mare pulito alla sua Calabria. Constatiamo che il refrain sulla colpa dei precedenti ha fatto il suo tempo. Abbiamo costruito a ridosso del mare senza pianificazione e controllo preoccupandoci poco e nulla di fogne e scarichi. Molti sindaci, invece di pensare al bene comune del turismo balneare, si preoccupano soltanto del consenso elettorale alla prossima tornata e non impiegano vigili urbani e sanzioni in modo adeguato.
Bisognerebbe costruire un’azione generale programmatica dal basso che si allarghi a tutti i calabresi di buona volontà per sanare definitivamente la questione del mare pulito. Costruire una nuova coscienza ambientale al netto delle appartenenze e delle convenienze contingenti. Nei giorni scorsi il presidente Occhiuto ha incontrato i responsabili dell’associazione “Mare pulito”, la collaborazione fattiva tra chi si preoccupa volontariamente della questione e le istituzioni regionale è buon germoglio da far crescere. Bisogna curarla questa pratica. È arrivato il tempo nuovo di una Calabria diversa.
In Puglia, la regione dell’Ilva, è il terzo anno consecutivo che si promuove con il risultato di mare più pulito d’Italia. In passato le posizioni non erano lusinghiere. La Puglia ha 150 chilometri in più della Calabria di costa marina. La Calabria ha però 106 comuni costieri dove spesso regna un Far West che tutti conosciamo. In Puglia i controlli delle acque costanti e stringenti hanno portato a dei risultati. Ma in Puglia, dove sanno essere mercanti levantini, è nato anche un orgoglio collettivo necessario per un turismo in costante crescita. Si può cambiare anche al Sud. Pensiamoci bene anche in Calabria. Perché tra il dire e il fare c’è sempre il mare. Noi lo vorremmo pulito come quando io sentivo Lucio Battisti cantare la Canzone del sole da una rotonda sul mare affacciata sul mare azzurro di Paola.

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Si apprende che il comune di Cosenza ha ottenuto il secondo posto nel bando nazionale “Città che legge” ricevendo 45mila euro per realizzare attività alla promozione del libro e della lettura. Ottimo risultato, il quale stride però con il fatto che la Biblioteca Civica a Cosenza è chiusa da anni, sommersa da una pesante situazione debitoria e burocratica che sembra irrisolvibile. Una città che legge deve saper essere in grado di riaprire una biblioteca che ha generato tanta cultura cittadina.

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Aveva 4 anni, il bambino di origine subsahariano, sbarcato cadavere a Reggio Calabria. La mamma voleva dargli un futuro migliore portandolo a caro prezzo su un natante sgangherato naufragato al largo di Lampedusa. Voto “zero” a noi tutti che non siamo stati in grado di garantirgli un corridoio umanitario.

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Il comune di Petilia Policastro ha affisso sulle mura del paese un manifesto funebre per partecipare al dolore di Rosario Curcio, morto suicida da ergastolano per aver partecipato al barbaro omicidio di Lea Garofalo. Il sindaco petilino in passato ha spesso omaggiato Lea come vittima di mafia. Il primo cittadino Simone Saporito ha spiegato che l’omaggio mortuario, da quando c’è stato il Covid, viene tributato a tutti i petilini morti, e pur definendo lui stesso la sua iniziativa “opinabile” ha dichiarato che davanti alla morte “siamo tutti uguali”. No caro sindaco, non tutte le vite sono uguali davanti alla morte. Ci sono vite leggere come piume e vite pesanti come montagne. Lea e il suo carnefice non erano uguali. Se ne faccia una ragione. Il suo video riparatore, caro sindaco, è una toppa peggio del buco. Lei parla di “sciagurata attenzione mediatica” invece il circo mediatico è stato utile a farle chiedere scusa alla sorella di Lea e al mondo intero. Un sindaco deve prevedere anche gli automatismi perché ribadiamo che non tutte le morti sono uguali. Con la sua distrazione lei ha contribuito a far pensare “ecco la solita Calabria”.

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Le foto scattate da Tino Petrelli ad Africo per il celebre reportage di Tommaso Besozzi per L’Europeo sono rimaste scolpite nell’immaginario collettivo. In particolare quella della scuola è pubblicata in diversi libri di storia a simboleggiare la Calabria più povera del dopoguerra. Non c’era acqua, luce, medico e non c’era neanche una strada. Il reportage fece epoca e rumore. E nel 1951 dopo una terribile alluvione il paese venne trasferito da un’altra parte provocando non pochi sconquassi per un luogo d’Aspromonte costretto a diventare borgo di costa. Mimmo Calopresti ha tratto dal reportage il pretesto per girare il film “Aspromonte”. Al Bravo Petrelli sul giornale furono pubblicate cinque foto. Ora con altre 43 rimaste inedite sono l’attrazione maggiore del Festival internazionale di fotografia “Cortona on the move” per la mostra “Il caso Africo” che si è aperta giovedì scorso e si protrarrà fino al prossimo primo ottobre nella città in provincia di Arezzo. Alla chiusura sarabbe il caso di attivarsi per esporre tutte le foto di Petrelli anche nella Locride, discutendo magari di come è cambiata l’immagine dei calabresi nei media contemporanei.

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Mauro Meluso è l'erede di Giuntoli al Napoli. Un cosentino doc alla corte di De Laurentiis
DS | Mauro Meluso

Con un tweet di Aurelio De Laurentis, a sorpresa, abbiamo appreso che il nuovo direttore sportivo del Napoli scudettato è il cosentino Mauro Meluso. Figlio di un professore appassionato cultore della storia dei fratelli Bandiera, a differenza dei due germani militanti politici a sinistra, Mauro il piccolo preferisce i campi di calcio della squadra giovanile della Panebianco a Cosenza diventando un astro nascente del pallone arrivando anche a giocare con la Lazio in serie A. Poi la carriera da direttore sportivo con ottimi risultati tra Lecce e Spezia. Ci fu anche una parentesi di due anni nella sua Cosenza. E viene da sorridere pensando a chi nella sua città diceva: «Su Meluso unnè bbuonu». Nemo propheta in patria. A Mauro Meluso voto “dieci” per questo brillante riconoscimento.

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