Si allarga sempre più il fronte del no al DDL Calderoli sull’autonomia differenziata. Questo non può che compiacere chi come me ed il partito che ho contribuito a fondare, l’Italia del Meridione, si è da subito espresso negativamente sulla bozza del decreto. Da Bankitalia alla Corte dei conti, dalla Cei a Confindustria e al servizio Bilancio del Senato: ormai il coro è quasi unanime sugli effetti nefasti che questa riforma comporterebbe ad un paese già di per se fragile e minato nella sua interezza da politiche miopi che in questi anni hanno fatto aumentare i divari da un’estremità all’altra dello stivale. Le perplessità erano e restano sempre quelle: il mancato superamento della Spesa Storica e la mancata istituzione di un fondo perequativo per i comuni; l’inattuata omogeneità dei Livelli Essenziali delle Prestazioni su tutto il territorio nazionale; l’effettiva capacità di ogni regione di esercitare in modo efficiente le attuali funzioni dello Stato nella prospettiva di soddisfare al meglio le esigenze dei cittadini, atteso che vi sono regioni con minori entrature erariali maturate a causa del contesto storico ed economico avverso; l’assenza di un fondo per riequilibrare il sistema sanitario del Sud con quello del Nord, scongiurando l’aumento della mobilità passiva per il Sud e la fuga degli operatori sanitari, attirati dagli stipendi più alti al Nord. Restano, inoltre, le perplessità sulla eventuale regionalizzazione di alcune materie le quali, senza la gestione diretta dello Stato, rischiano di segmentare ulteriormente il Paese. Penso all’istruzione che potrebbe causare, con l’attuazione di questa autonomia, diversificazione di programmi, strumenti e risorse: l’opposto del principio universalistico pensato da Calamandrei per garantire l’unità della Repubblica. Penso all’eventuale regionalizzazione dell’export che minerebbe alle fondamenta la forza del brand Made in Italy e quindi la credibilità di un sistema di mercato non più a dimensione nazionale. Sulla sanità, sull’istruzione e sull’export, noi dell’Italia del Meridione rilanciamo l’idea di una governance esclusiva dello Stato. Va ricordato che nei giorni addietro, al Senato, sono state presentate le firme a sostegno della proposta di legge di iniziativa popolare per fermare l’autonomia differenziata. Estensore della proposta è stato il costituzionalista Massimo Villone e l’Italia del Meridione, attraverso una forte opera di sensibilizzazione sul tema nelle piazze del Sud, ha dato un contributo decisivo nel raggiungimento del numero di firme sufficienti alla presentazione della proposta di legge. D’altronde non solo questa è una vicenda che esautora il Parlamento, rimandando i temi ad una discussione ristretta tra il Ministro delle Autonomie ed i presidenti delle regioni e quindi creando un pericoloso precedente, ma che necessita di un confronto plurale e aperto. Vi è la necessità, a fronte dell’allora pasticciata riforma del Titolo V della Costituzione ad opera del Governo D’Alema e delle pre intese firmate dal Governo Gentiloni, di modificare gli articoli 116 e 117 della Costituzione in modo tale che venga bandita dalla stessa Carta ogni forma di autonomia che leda i diritti dei cittadini ed il principio dell’unità nazionale. Insomma, di quali ulteriori pareri ha bisogno il Governo per capire che un simile procedimento, in questa fase, lederebbe ulteriormente i diritti dei cittadini del Sud? Il Presidente Meloni, finora, ha dimostrato grande equilibrio nel governo del Paese ma ora è tempo di rompere ogni indugio e di bandire gli egoismi non solo leghisti ma di tutte quelle forze trasversali, partito democratico in primis, che, più o meno velatamente, fanno gli interessi solo di una parte del Paese. Diversamente, saremo pronti a scendere nuovamente nelle piazze e, se necessario, ad indire forme di protesta forti seppur pacifiche, bloccando le autostrade ed i mezzi che trasportano le merci dal Nord ai nostri territori. Noi siamo i figli di Pitagora ma anche gli studiosi del patriottismo degasperiano che ci ha insegnato come l’unica speranza di riscatto del sistema Paese sia quella della rinascita del Sud. Vengano lor signori a spiegarci il perché non dovremmo assumere un atteggiamento radicale a fronte del largo consenso che le nostre perplessità hanno ricevuto nel Paese. Un consenso che fonda le sue radici non nel conflitto ideologico o di bottega ma nella consapevolezza che abbiamo il dovere morale di difendere i diritti di tutti gli italiani ed il futuro dei nostri figli, desiderosi di restare nella propria terra. Le battaglie in difesa delle vocazioni territoriali mirano alla risoluzione della complessità dei problemi, convinti del fatto che non si possa tornare ad essere un grande Paese se si viaggia divisi e a velocità diverse. Noi vogliamo che non ci siano più cittadini figli di un Dio minore ma che tutti insieme, a parità di condizioni, potremo contribuire ad uno sviluppo sostenibile e armonico del Paese.
* Italia del Meridione
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