CATANZARO Il saldo è probabilmente meno negativo del passato ma è sempre (molto) negativo. È il saldo della mobilità passiva, vale a dire l’impatto economico e sociale dell’emigrazione dei calabresi per ricevere cure e assistenze fuori regione. È una “zavorra” storica, che grava sulle casse della Regione in modo sempre molto pesante: lo conferma anche l’analisi contenuta nella nuova programmazione della rete ospedaliera in Calabria delineata dalla struttura commissariale guidata dal presidente Roberto Occhiuto. Dalle tabelle allegate al piano emerge che nel 2021 – ultimo anno di riferimento – i “viaggi della speranza” dei calabresi oltre il Pollino sono costati oltre 130 milioni (la mobilità effettiva, quella totale in realtà supererebbe i 180 milioni) e soprattutto sono fatti spesso per prestazioni che si possono comunque fare tranquillamente anche in Calabria.
Nel piano si osserva che «nel corso del 2021 il valore dell’attività osservata è di poco al di sopra dei 180 milioni di euro – in aumento rispetto al 2020 – e al di sotto del valore dell’anno 2019. Sul tema, grazie anche all’applicazione della nuova metodologia di analisi, è possibile effettuare un’accurata lettura dei trend e delle determinanti di mobilità. Analizzando i numeri emerge che il saldo negativo “teorico” per la mobilità effettiva è di -158 milioni per l’anno 2019, -106 mln per l’anno 2020 e -134 mln per l’anno 2021. Nel merito delle determinanti emerge che per la mobilità passiva in termini di volumi afferisce per lo più a prestazioni di media complessità con numero di ricoveri complessivo di circa 29.000, di cui solo il 5% per la mobilità di prossimità. Altro elemento rilevante è quello d’appropriatezza delle cure fuori regione: considerando sempre la sola mobilità effettiva emerge che circa il 14% dei ricoveri riguarda prestazioni per cui non sarebbe occorso recarsi fuori dalla regione».
Le dinamiche dell’emigrazione sanitaria secondo quanto si legge nel piano di riorganizzazione della rete ospedaliera. «Sono ancora molti i calabresi che migrano dal luogo di residenza per farsi ricoverare in un’altra regione, originando una spesa sia per il sistema sanitario calabrese sia per le famiglie chiamate ad assistere il loro congiunto. I cittadini calabresi si rivolgono prioritariamente verso le strutture sanitarie del nord, del centro Italia e delle regioni limitrofe (mobilità di prossimità). Accanto alla mobilità motivata da ragioni sanitarie esiste sicuramente una migrazione correlata ad altri fattori, come motivazioni di carattere prettamente soggettivo: ragioni di tipo familiare o di localizzazione del Comune di residenza. Tale fenomeno produce svantaggi nei confronti dei cittadini calabresi da un punto di vista economico e questo crea un’ulteriore diseguaglianza nell’offerta sanitaria, nonché problemi logistici». A livello nazionale, l’attuale orientamento contempla la possibilità di prevedere un recupero di mobilità passiva nel calcolo del fabbisogno regionale. Per la Regione «la possibilità di un recupero della mobilità passiva richiede investimenti di: personale (competenze specialistiche); risorse tecnologiche; qualità delle prestazioni (di rimodulazione dell’offerta); comfort alberghiero; facilità di accesso (es. abbattimento delle liste di attesa). Al fine della completa attuazione di quanto detto, si ritiene prioritaria la riorganizzazione operativa delle reti assistenziali per intensità di cura con l’adozione dei relativi strumenti di Clinical Governance. Il programma intende contenere il fenomeno della mobilità passiva, come rappresentato nel Programma Operativo 2022-2025, mediante anche il potenziamento dei centri ospedalieri regionali per oncologia, radioterapia, ortopedia e le interlocuzioni con le regioni e sottoscrizione di accordi (legge 178/2020) con particolare attenzione all’inappropriatezza dei Drg. L’analisi condotta costituisce una valida fotografia della capacità produttiva ed attrattiva della regione. In particolare, rispetto agli erogatori, emerge che la componente del privato accreditato assorbe oltre i 2/3 del totale della mobilità di alta complessità e più della metà della mobilità legata a ricoveri classificati come a rischio d’inappropriatezza o di media e bassa complessità».
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