COSENZA Stanchi, arrabbiati, disincantati e disillusi. I sindaci dei comuni interessati dalla realizzazione del Terzo Megalotto della statale 106 (Cassano, Villapiana, Francavilla, Cerchiara, Albidona, Amendolara e Roseto) hanno detto basta e questa mattina, si sono ritrovati nella sede della prefettura a Cosenza per attuare un sit-in pacifico e chiedere un incontro alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il motivo è semplice: i primi cittadini chiedono lumi sullo stato di realizzazione delle opere di compensazione ambientale del Terzo Megalotto della Statale 106 jonica e non intendono indietreggiare di un millimetro fin quando non riusciranno ad aprire un dialogo diretto con il presidente del Consiglio dei Ministri, Giorgia Meloni. E’ Gianni Papasso sindaco di Cassano allo Jonio, tra i manifestanti, a spiegare le ragioni della protesta al Corriere della Calabria.
«Noi siamo qui, per precisare che non abbiamo nulla contro la prefettura di Cosenza, o confronti del prefetto, anzi il contrario. Siamo qui proprio perché abbiamo fiducia nel prefetto e nella sua capacità di organizzare un incontro con il Presidente del Consiglio dei Ministri perché siamo stanchi di essere maltrattati, di essere emarginati da colori i quali stanno realizzando il terzo Megalotto della 106, la Sibari-Roseto Capo Spulico», dice il primo cittadino cassanese. Che poi entra nel merito della richiesta avanzata insieme ai suoi omologhi. «Sono previste delle opere di compensazione ambientale che dovevano essere realizzate addirittura prima dell’avvio dei lavori del Megalotto. Non è stato così. Abbiamo appreso che per quanto concerne le compensazioni ambientali, le somme sono state accreditate direttamente al Parco Archeologico di Sibari e quindi noi sindaci chiediamo che vi siano opere corrispondenti per ogni comune, vengano assegnate direttamente agli Enti così da poter impiegare e utilizzarle nell’ambito degli accordi stabiliti con Anas».
«Chiediamo – aggiunge Papasso – con forza e con determinazione che gli svincoli previsti nei progetti preliminari definitivi e nei primi progetti esecutivi possano essere ripristinati. Non chiediamo svincoli impattanti o a forma di diamante, ma delle rampe di accesso ed uscita da questa importante infrastruttura. Che altrimenti rischia di trasformarsi in una barriera per i nostri territori». Secondo Papasso il rischio è che «i territori possano essere tagliati in due». Infine la chiosa e l’appello. «La corda si è rotta, chiediamo di essere ricevuti dal presidente del Consiglio dei Ministri affinché possa prendere atto e cognizione del nostro disagio, che poi è il disagio delle nostre popolazioni e possa dare una risposta positiva a noi ed ai cittadini che rappresentiamo».
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