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Rende, cartelloni pubblicitari in subappalto (illegale) a un imprenditore vicino alla ‘ndrangheta

C’è anche la cartellonistica tra le cause di scioglimento del Comune. Strani “passaggi” tra due società. La prima ditta citata in “Rinascita Scott”: si sarebbe rivolta a un affiliato per recuperare…

Pubblicato il: 18/07/2023 – 17:59
Rende, cartelloni pubblicitari in subappalto (illegale) a un imprenditore vicino alla ‘ndrangheta

RENDE Nel mare magnum delle contestazioni alla gestione della cosa pubblica nel Comune di Rende ce n’è anche per il servizio di installazione e gestione degli impianti pubblicitari. Per il prefetto di Cosenza Vittoria Ciaramella l’affidamento in concessione del servizio è un «altro caso di evidente contrasto tra i principi di buona amministrazione e imparzialità» e la concreta azione amministrativa portata avanti dal Comune di Rende. 
Come si usa in questi casi, la relazione è infarcita di “omissis” ma descrive ugualmente un sistema in cui non ci si preoccupa troppo di garantire la legalità. L’ente ha intrattenuto due rapporti di concessione di servizi, con la stessa ditta, «di cui uno relativo alla fornitura di pensiline attrezzate per attesa autobus e l’altro inerente il servizio di installazione e gestione degli impianti pubblicitari». Riguardo agli impianti pubblicitari, «il Comune ha sottoscritto, in data 6 novembre 2009, contratto per la durata di 9 anni a fronte di un canone annuo pari a 90.510 euro». L’articolo 13 dell’accordo prevede che «il presente contratto non può essere ceduto, nemmeno parzialmente, a pena di nullità, ai sensi del decreto legislativo 163/06. È fatto divieto di concedere in subappalto anche una sola delle prestazioni di cui al capitolato speciale d’appalto, pena la risoluzione del presente contratto». Nel novembre 2017, l’amministrazione comunale ha sottoscritto una proroga di tre anni con la società. Con una specifica: «La presente proroga è unica ed esclusiva stabilendo le parti… che alla scadenza nessun’altra proroga potrà essere concessa, ritenendo quindi terminato alla data del 31 dicembre 2021 il contratto allo stato in essere». 

Il subappalto vietato e l’inerzia del Comune

Nel maggio 2018, tuttavia, un dirigente comunale chiede «chiarimenti in merito ad alcune segnalazioni ricevute anche da parte di studi legali, che rappresentavano “l’impossibilità di alcuni operatori economici del territorio rendese di accedere alle affissioni sugli impianti pubblicitari di formato 6×3 e 4×3 affidati alla vostra società, poiché gestiti, a loro dire, da una diversa concessionaria, (…) completamente estranea e sconosciuta allo scrivente e al Comune di Rende». Il manager si chiede cosa sia accaduto alla luce di quel contratto che non prevede la possibilità di subappaltare il servizio e chiede «chiarimenti in merito “ai rapporti economici, commerciali e societari che legano la vostra società con la omissis atteso che il subappalto è espressamente vietato dalla vigente concessione e ciò determinerebbe la immediata revoca della concessione in essere». Davanti all’«improduttività di tale interlocutoria istruttoria», segue una comunicazione al dirigente del settore Territorio e Ambiente e al segretario generale: a quel punto, la convenzione sarebbe da ritenersi scaduta. Questo in teoria, perché nella pratica non accade nulla: «il Comune di Rende – sottolinea il prefetto – non poneva in essere alcuna iniziativa finalizzata a ottenere la rimozione degli impianti pubblicitari per violazione della clausola contrattuale di divieto del subappalto, tollerando di fatto l’utilizzo senza titolo degli impianti da parte di un’impresa terza, estranea a qualsiasi rapporto con la pubblica amministrazione e nei confronti della quale alcune attività di controllo e vigilanza veniva esercitata». 

Rinascita Scott e l’interessamento di un affiliato per un credito della società

Passaggio successivo: la Commissione d’accesso approfondisce «chi ci sia dietro le due società d’affissione coinvolte». La prima fa capolino in un passaggio dell’inchiesta “Rinascita Scott” coordinata dalla Dda di Catanzaro. Dai faldoni d’indagine emerge che un affiliato al “locale” di ‘ndrangheta di Limbadi «si era interessato per il recupero di un credito proprio della» società titolare del servizio, credito «maturato in occasione della campagna elettorale per le consultazioni del 2014». Inoltre, l’imprenditore a cui è riferibile la società è stato visto in compagnia dell’affiliato che si sarebbe interessato del credito e di un altro affiliato, sempre al “locale” di Limbadi. Altro elemento: «è stato riscontrato che il revisore legale dell’azienda è stato, sino all’anno 2021, sindaco supplente di due società lametine, entrambe destinatarie di provvedimento di interdittiva antimafia».

I legami con i referenti del clan Muto su Scalea per le affissioni

Fin qui la società assegnataria del servizio. Seguono le notizie sull’altra ditta, ritenuta dal prefetto «illegittima subappaltatrice del servizio». Che sarebbe riconducibile a un imprenditore che appare già come condannato nell’ambito dell’operazione Coffee Break unitamente al concessionario dello stadio Marco Lorenzon e sostenitore del sindaco nelle consultazioni amministrative del 2019». E anche a un altro uomo «attivissimo sostenitore anch’egli del sindaco e imprenditore legato a un organizzazione criminale». Il «profilo criminale» del subappaltante (illegittimo) «è riassunto nell’informazione antimafia interdittiva che ha colpito una società di cui è titolare la sorella ma che è a lui riconducibile: in essa viene riportato che l’uomo, condannato per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, è stato poi assolto in secondo grado, ma nel corpo delle motivazioni di quest’ultima pronuncia giudiziaria emerge che vi sono stati contatti del predetto con “appartenenti al sodalizio mafioso di riferimento, ovvero gli Stummo-Valente, referenti su Scalea del clan Muto di Cetraro”, contatti finalizzati proprio ad avere un sostegno per l’attività imprenditoriale svolta nel settore delle affissioni». 

«Gestione illegale da parte di un soggetto vicino ad ambienti criminali»

Nelle conclusioni il prefetto parla di «atteggiamento omissivo dell’amministrazione rispetto ai propri compiti di vigilanza e controllo» che «ha consentito la permanenza» della ditta affidataria «negli spazi pubblicitari a convenzione scaduta (5 novembre 2018), nonché l’utilizzo senza titolo dei predetti spazi» da parte di entrambe le società coinvolte. «Di contro – è il commento – è l’intera cittadinanza ad aver subito un evidente disservizio oltre che i danni patrimoniali dei mancati introiti». Dopo le audizioni del comandante della polizia municipale e le dichiarazioni raccolte dal segretario comunale, «in base alle quali la società “omissis” risulta estranea a qualsiasi rapporto contrattuale con l’amministrazione comunale», il prefetto ottiene conferma del «sostanziale, mancato esercizio del potere di controllo e vigilanza da parte del Comune di Rende che ha finito con l’avvantaggiare la palesemente illegale gestione del servizio da parte di soggetto ufficialmente estraneo ai rapporti con la pubblica amministrazione e molto vicino ad ambienti della criminalità organizzata». (redazione@corrierecal.it

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