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I nuovi server criptati in Olanda, il contatto a San Luca e i soldi della ‘Ndrangheta dietro il maxi sequestro da 5 tonnellate di coca

I dettagli delle indagini della Dda di Palermo. Il costo del carico per le cosche era di 135 milioni. Monitorati i contatti tra calabresi e siciliani. L’amicizia sospetta del comandante del pescher…

Pubblicato il: 21/07/2023 – 13:09
di Pablo Petrasso
I nuovi server criptati in Olanda, il contatto a San Luca e i soldi della ‘Ndrangheta dietro il maxi sequestro da 5 tonnellate di coca

REGGIO CALABRIA Fino a ieri la caccia ai narcotrafficanti tra Sicilia e Calabria aveva portato al sequestro totale di 50 chilogrammi di cocaina. Il peschereccio partito da Bagnara e intercettato dai militari del Gico della Guardia di finanza – diretto dal generale Domenico Napolitano – al largo di Porto Empedocle ha cambiato la storia delle indagini coordinate dalla Dda di Palermo: cinque tonnellate e passa di polvere bianca erano stipate in un doppiofondo ricavato in una parete della nave. È la prova i traffici tra Sicilia e Calabria si traducono in un giro d’affari gigantesco. Tanto per fare due conti: l’acquirente del carico ha messo sul piatto 135 milioni di euro, un affare che – elemento corroborato dall’area di provenienza del motopeschereccio – soltanto la ‘Ndrangheta sarebbe in grado di imbastire sul mercato del narcotraffico. Una volta arrivati a destinazione e immessi sul mercato, i panetti sequestrati avrebbe almeno triplicato il loro valore, anche se una prima stima fornita ufficialmente dalla guardia di finanza parla di un volume d’affari complessivo di 850 milioni. 
La nave madre, battente bandiera di Palau, secondo quanto appreso, sarebbe partita dalla Colombia per fare una tappa in Africa prima di fermarsi al largo della Sicilia e iniziare una sorta di balletto che ha attirato l’attenzione degli inquirenti. Rotta in linea con le classiche direttrici del narcotraffico. «L’acquisto di cinque tonnellate di cocaina – sottolineano i magistrati palermitani nel decreto di fermo, firmato dal pm Federica La Chioma e dall’aggiunto Marzia Sabella – presuppone per altro verso l’esistenza di contatti stabili con gli acquirenti, essendo assolutamente irragionevole pensare a un così ingente investimento senza la certezza del sicuro piazzamento sul mercato». 

I “nuovi” server criptati in Olanda

L’indagine avviata dalla Dda siciliana punta a individuare i membri «di una struttura associativa a carattere stabile e permanente, dedita al narcotraffico» con «fornitori calabresi» e «pusher attivi sulle piazze di spaccio di Palermo e provincia». C’è un elemento di novità nell’inchiesta. Questa associazione “fluida” che tiene insieme calabresi e siciliani sarebbe dotata «di utenze criptate – ossia utili a effettuare esclusivamente traffico internet non permeabile alle castrazioni – riconducibili a un unico server di nazionalità olandese, denominato “fast.m2m”, non ancora penetrato da attività di sequestro e intercettazione da alcuna autorità giudiziaria nazionale». Una nuova sfida per gli investigatori: dopo il colpo messo a segno con la decriptazione dei server “Sky Ecc”, le mafie hanno trovato un nuovo sistema sicuro per comunicare. 

L’utenza criptata a San Luca e le trasferte in Sicilia

È da un tabulato a disposizione degli investigatori che si apre la pista calabrese. Una di queste utenze criptate si caratterizza «per la sua stabile localizzazione del comune di San Luca». Sono interessanti anche «gli spostamenti registrati», cioè una trasferta dell’8 marzo scorso tra le province di Palermo e Trapani. Trasferta «meritevole di ulteriori approfondimenti investigativi» perché «ritenuta al servizio dell’organizzazione indagata operante in Calabria». Seguendo quegli spostamenti, i militari della guardia di finanza individuano e sequestrano «numerosi carichi di sostanza stupefacente». Gli indizi ci sono tutti: i magistrati sono certi di aver individuato «un’associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti promossa, diretta e organizzata da grossisti stabilmente presenti sul territorio calabrese». 

Gli incontri tra palermitani e reggini 

La storia dell’indagine parte dai movimenti dei narcos siciliani e arriva al largo del canale di Sicilia per la prima volta il 14 marzo scorso, con il sequestro di quasi due chilogrammi di cocaina. Il tracciamento dei criptofonini è l’unico dato che guida gli inquirenti (le comunicazioni sono rimaste, per ora, riservate) ma è sufficiente a ricostruire presunti incontri ed “annunciare” futuri traffici. Nel decreto di fermo si parla di «incontri “riservati” tra esponenti “di vertice” dell’associazione palermitana con i referenti calabresi» in provincia di Palermo. Incontri che sarebbero avvenuti «contemporaneamente agli scambi in mare». Più di recente, sarebbero stati registrati «ulteriori episodi di interesse, stavolta relativi alla presenza degli indagati in territorio calabrese: un primo episodio nel mese di maggio e l’ultimo nei primi giorni di luglio, quando, ancora una volta, uno dei soggetti “di vertice” dell’organizzazione indagata si recava in territorio reggino». 

La “Plutus”, la “Ferdinando d’Aragona” e quella strana frequentazione del comandante

Per i militari del Gico è l’annuncio di un nuovo traffico. La caccia porta i finanzieri a individuare la nave porta container “Plutus”, battente bandiera di Palau, piccolo arcipelago adiacente alle Filippine. E i suoi strani movimenti nel Canale di Sicilia: «anomali spostamenti, repentini cambi di rotta e ingiustificati soffermi». Sono, per gli investigatori, «chiari “profili di criticità”, peraltro avvalorati dall’assenza di container a bordo». C’è dell’altro: diverse imbarcazioni incrociano la “Plutus” e disattivano i sistemi di rilevamento. I finanzieri ne identificano una: la motopesca “Ferdinando d’Aragona”, «salpata da Bagnara Calabra e per la prima volta negli ultimi anni in navigazione nelle acque a Sud della Sicilia». A bordo c’è il comandante Vincenzo Catalano, incensurato che – nel 2018 – era «stato sottoposto a controllo con Vincenzo Sciglitano», che nel decreto di fermo viene definito «soggetto con precedenti per associazione finalizzata al traffico di stupefacenti». Sciglitano, coinvolto nell’operazione Lampetra della Dda di Reggio Calabria, è stato condannato in primo grado a 12 anni, 3 mesi e 16 giorni. Questo legame è sufficiente a far partire l’operazione. Il resto è cronaca di ieri: sul ponte della “Plutus” viene movimentata «una serie consistente di pacchi» fino a quando, a 200 metri dal peschereccio, il carico viene gettato in mare. L’inseguimento porta i finanzieri a bordo del “Ferdinando d’Aragona”. Lì, il comandante indica l’intercapedine in cui è stata nascosta la cocaina. In quel momento l’entità del carico «non è quantificabile». Lo diventerà qualche ora dopo. Riscriverà la storia dei maxi sequestri di stupefacenti in Italia. E cambierà il quadro di un’inchiesta che vede, ancora, la ‘Ndrangheta al centro di traffici da centinaia di milioni di euro. (p.petrasso@corrierecal.it)

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