Io non so se quelli che parlano di cambiamento climatico ricordino cosa fu il 1988. Ma ricordo che quella sera del 26 luglio non si respirava e pochi si potevano permettere il lusso dell’aria condizionata. Mancavano notizie da ore di Roberta Lanzino. Sarebbe dovuta arrivare al mare, in quel basso Tirreno cosentino che ancora era molto frequentato ma non arrivò mai. Uccisa. Stuprata, sulla vecchia strada che attraversa Cerisano e giunge a Torremezzo. A soli 19 anni. Figlia di un sindacalista famoso, Franco, e dì una insegnante elementare, Matilde. Avevo conosciuto Roberta in quella bellissima palestra che fu la Radio Queen di Ciccio Serianni. Ciccio era comunista. Ortodosso. Ma come tutti i comunisti veri conosceva il valore del dialogo. Sono passati 35 anni e diversi processi. Roberta non ha mai avuto giustizia. Per il suo assassinio furono arrestati e giudicati in piazza tre cugini di Falconara Albanese, innocenti, e l’ex re della montagna di Cerisano, Sansone, anche lui assolto. Se solo si vedesse come condusse le indagini l’allora Procura di Paola bisognerebbe mettersi le mani nei capelli. Dino Gardi ne scrisse un bel libro anni fa. Franco Lanzino è morto di recente, Matilde porta avanti il nome della figlia con una fondazione che è un fiore all’occhiello di civiltà. Ma Roberta è rimasta inerme. Senza che nessuno abbia pagato. Senza che nessuno paghi mai. Come un fiore strappato di Neruda
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