LAMEZIA TERME Ascoltare, verificare, mettersi nei panni degli altri e abbandonare ogni presunzione. Sono i capisaldi del lavoro di magistrato così come lo concepisce il sostituto procuratore della Dda di Catanzaro Annamaria Frustaci. Un pm oggi al centro della cronaca giudiziaria perché, insieme ai colleghi Antonio De Bernardo e Andrea Mancuso, sostiene l’accusa nel maxi processo Rinascita Scott: 338 imputati nel rito ordinario e 74 nell’appello che è stato istruito dal rito abbreviato. Nel mirino c’è l’universo delle cosche vibonesi e una lunga pletora di presunti sodali provenienti dal mondo della politica, dell’imprenditoria, delle forze dell’ordine. La pm si è raccontata in una intervista con Danilo Monteleone e Ugo Floro per la trasmissione “L’altra politica”, andata in onda ieri sera sul canale 75 de L’altro corriere Tv.
Annamaria Frustaci è tornata in Calabria col desiderio di «cambiare le cose che non andavano senza trincerarsi dietro le lamentele».
Come il personaggio del romanzo che ha scritto per Mondadori, “La ragazza che sognava di sconfiggere la mafia”, è convinta che il suo non è un semplice lavoro e che questo «vale per tutte le professioni. Una dedizione che i lavoratori devono imprimere alla propria professione» soprattutto «in un territorio che può presentare delle insidie».
Avverte che, da qualche tempo, «è cambiato qualcosa», soprattutto «quando i cittadini si accostano ai nostri uffici con grande fiducia».
Quando lavorava a Reggio Calabria non immaginava che avrebbe vissuto un’esperienza «formativa» come quella del maxi processo, accanto a «colleghi con i quali ho avuto l’onore di lavorare». Vive sotto scorta, è costretta a fare delle rinunce ma questo non le pesa.
«Io non immaginavo, svolgendo il lavoro di magistrato, di frequentare gli ambienti della mondanità o di intraprendere una vita sociale particolarmente proficua e ricca. Io mi auguro sempre che tutto questo (la scorta, ndr) sia temporaneo. E penso che questo riguardi tutti i colleghi, che abbiano o meno una tutela: chi fa il nostro lavoro già ha fatto una scelta di vita a monte. Sa bene che farà una vita riservata. La scorta diventa funzionale nel momento in cui si va ad affrontare le udienze delicate, ad affrontare degli impegni di lavoro delicati».
Il pm ribadisce di auspicare sempre «che sia una soluzione temporanea perché spesso viene malinteso questo sistema tutorio. Non è un privilegio. Certamente rappresenta un costo per i cittadini ma posso assicurare che chi si trova in questa situazione, non la vive affatto come un privilegio». Quando ha fatto la sua scelta di vita il sostituto procuratore Annamaria Frustaci non ipotizzava una vita mondana. Oggi, dice, il poco tempo libero di cui dispone «mi piace impiegarlo per coltivare le mie passioni e i miei affetti».
Tante le operazioni antimafia degli ultimi anni in Calabria. Tanti gli arresti volti a scardina la malapianta della ‘ndrangheta.
«Non si tratta di grandi numeri e operazioni sistematiche – spiega il magistrato – si tratta di partire dal bisogno di giustizia che esprime un territorio. Le indagini partono sempre quando c’è una notizia di reato che può nascere da una denuncia. Perché noi adesso abbiamo anche persone che denunciano. Anche imprenditori, soggetti vessati che intendono avere delle risposte». Altre inchieste nascono dalle dichiarazioni di collaboratori di giustizia che vanno riscontrate.
«È un momento molto florido per la Calabria perché non c’è mai stata una così fitta presenza di collaborazioni con l’autorità giudiziaria, proprio perché si è invertita la tendenza: c’è oggi una maggiore fiducia».
Oggi c’è maggiore collaborazione tra le Procure, si indaga senza timori reverenziali.
«È molto importante dare anche prova ai cittadini del non girarsi dall’altra parte, del non fare due pesi e due misure, dare questo senso di approfondimento a trecentosessanta gradi delle varie problematiche che poi possono naturalmente avere un esito piuttosto che un altro… Io credo che per il cittadino sia importante sentirsi rassicurati dal fatto che ci possano essere degli approfondimenti e che nessuno è intoccabile. Non lo siamo neanche noi che svolgiamo questo lavoro. Se un magistrato sbaglia – di esempi ce ne sono stati – naturalmente deve rispondere di quello che fa».
Un sostituto procuratore, dice Annamaria Frustaci, deve essere terzo e imparziale. «Io non riuscirei a immaginare una figura di sostituto diversa, che non sia terza e imparziale. Innanzitutto per coscienza, perché noi dobbiamo accertare tutto a trecentosessanta gradi. Non possiamo ipotizzare di avere difronte una persona che svolge un ruolo così delicato che qualcuno, spesso, ha paragonato alla cardiochirurgia interna per quanto può cambiare la vita di una persona. Noi non possiamo immaginare un’idea di sostituto procuratore diverso da un’immagine terza e imparziale. Ogni volta che ho un’indagine difronte e mi viene prospettata un’ipotesi alternativa, ho sempre coltivato e verificato quello che mi è stato detto perché penso che se mi trovassi in quella condizione vorrei avere difronte un interlocutore che lo facesse. Fare questo lavoro significa anche mettersi nei panni dell’altro, ascoltare chi sia ha difronte, che sia la vittima, la persona offesa, che sia l’indagato o l’imputato che sta coltivando una diversa tesi». La possibilità che si possa commettere un errore di valutazione è un rischio che «con cui ci dobbiamo confrontare e che possiamo limitare al massimo se abbandoniamo le presunzioni e svolgiamo il nostro lavoro come il cittadino ci chiede di fare». Un lavoro che, dice Annamaria Frustaci, si svolge «ascoltando e verificando». (redazione@corrierecal.it)
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