Alcuni lo chiamano Battista, molti amici solo Gegè.
Due volte presidente della Regione Calabria, sottosegretario, deputato, senatore, ma soprattutto uomo della prima ora di Forza Italia, da sempre vicino al Cavaliere e a Marcello Dell’Utri.
Lucido, elegante e attraente, 79 anni portati splendidamente, non li dimostra affatto. Da esperto uomo di Publitalia, qual è stato, comunica con scioltezza, sorprende con alcune considerazioni molto amare.
È ad Orvieto, in Umbria.
Che estate è presidente?
«Sto in campagna ad Orvieto. Un bel posto, ma fa tanto caldo anche qui. Ho una casa da trent’anni (Caligiuri è un esteta del bello ndr)».
Vicino di villa ad un calabrese illustre come Riccardo Misasi…
«Lo incontravo spesso. Un grande uomo politico da ricordare».
Giudizio positivo, non aderisce alla vulgata delle assunzioni dei bidelli e dell’esercizio del sottopotere.
«Un politico di alto spessore. Ha dato alla Calabria l’Unical che è diventata una delle migliori università italiane. E poi l’autostrada che ha sbloccato l’isolamento del Mezzogiorno. Insieme a Giacomo Mancini certo, ma l’uomo aveva visione. Erano grandi uomini politici, poi Riccardo era dotato di grande cultura».
Altro suo “buen retiro” è o è stato Hammamet, in Tunisia..
«Non ci vado più. Ho venduto casa. Ci sono stato l’ultima volta prima del Covid. Ora è totalmente cambiato. Un altro mondo».
In che senso?
«Il turismo benestante italiano e francese è andato via. E’ pieno di pensionati della nostra nazione che con 1500 euro al mese da quelle parti vivono come se ne avessero 4500. La qualità della vita è buona. La gran parte dei vacanzieri ormai sono tutti libici e algerini».
Do per scontato che abbia conosciuto Bettino Craxi?
«Molto da vicino. Un personaggio rude ma molto buono. L’ho molto amato. Ho centinaia di aneddoti e ricordi».
Me ne racconti uno, il più bello.
«Non so se è più bello, ma sono legato a questo. Mi fece un gran cazziatone quando confidai a lui che volevo rifiutare l’incarico di presidente della Regione Calabria. Io non avevo mai voluto fare l’assessore, io sceglievo gli assessori. Si arrabbiò molto. Conosceva bene la politica. Sei fai politica l’affronti. Un grande».
Nelle sue estati c’è anche un tempio del divertimento calabrese, “Il Castello” di Sangineto. Lo gestiva suo fratello, è così?
«Mio fratello Eduardo, l’abbiamo perso troppo giovane a soli 50 anni. Eravamo ragazzi, ovvio che lo ricordo, e ci si divertiva in maniera più semplice e soprattutto molto più sana di adesso. Quando ha aperto non c’era nulla sulla Costa tirrenica cosentina. Per ballare bisognava arrivare al Clubbino a San Nicola Arcella. Era un’altra epoca. Molto spensierata».
La prima estate senza Silvio Berlusconi...
«Ha lasciato molta tristezza. (Scende un velo di commozione). A parte la politica abbiamo trascorso una vita assieme. Abbiamo vissuto per 17 anni nello stesso palazzo. Io abitavo sopra, lui sotto. Mi legano tante cose a lui. La politica, in verità, mi lega più a Marcello Dell’Utri. Era quello che mi disse fondiamo un partito, ti devi occupare della Calabria».
Lei era tra gli scettici della discesa in campo?
«No. L’ho vista bene da subito. Io ero un elettore democristiano storico da un punto di vista ideologico. I soldi c’erano, le idee anche, un buon incontro tra liberali. Ero convinto prendessimo dieci deputati. Tant’è vero che io non mi candidai. Poi mi presentai in seguito alle Regionali».
Avete certamente modificato la politica italiana, ma pur governando molto le riforme annunciate non sono mai arrivate? Concorda?
«Le grandi riforme, come quella della Giustizia, per essere attuate le devi condividere con l’opposizione. E il fatto che la magistratura è compromessa, addirittura corrotta, ha impedito la riforma più importante che è, appunto, quella della Giustizia».
Non nutre speranza neanche ora su Nordio?
«Sarà una riforma all’acqua di rose».
Tra l’altro alcune toghe indagano ancora sul suo amico Dell’Utri e persino su Berlusconi.
«(Ridacchia divertito) La lettera di Marina dice tutto. Sta scritto tutto in quelle parole. Non è possibile che un’istituzione faccia politica».
Parliamo di Calabria. Con lei abbiamo avuto altri quattro presidenti di regione di Forza Italia. Nessuno rinnovato dal voto per cause diverse, ma soprattutto la Calabria è rimasta al palo con i suoi problemi. Come lo spiega?
«Non è una questione di uomini e di donne, guardi il trattamento che stanno riservando a Mario Oliverio. Governare la Calabria è molto difficile se non impossibile. Non sai da dove cominciare. La burocrazia, il personale, ci vorrebbe una bacchetta magica».
È molto triste quello che sostiene. Se ne rende conto?
«Pensi alla sanità, con tutti quei debiti. Conosco la Regione, dall’interno. Roberto Occhiuto ce la sta mettendo tutta; io lo vedo, fa di tutto, ma non so dove potrà arrivare. Non sono ottimista».
Cos’è la Calabria per Giovambattista Caligiuri?
«È una regione che amo molto, bellissima, e ha degli abitanti fantastici. Io vivo a Roma abitualmente e vedo che in tutti i settori abbiamo ruoli da primari non da comprimari. Questa è la migliore Calabria».
Fuori dalla Calabria la migliore Calabria?
«Esattamente così».
Grazie del suo tempo. Le auguro una bella estate.
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