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L’estate di Cutro sulle spiagge del naufragio. «Dimenticare è impossibile»

Dal mare riemergono ancora oggetti dei migranti. L’ultimo è un giubbino nero con 55 lire turche. Nei lidi e nei villaggi tornano i turisti

Pubblicato il: 30/07/2023 – 7:21
L’estate di Cutro sulle spiagge del naufragio. «Dimenticare è impossibile»

CUTRO «Alle tre di pomeriggio del 25 luglio un’onda più forte delle altre ha sbattuto sulla spiaggia di Steccato di Cutro un giubbino nero. Tutti i bagnanti si sono radunati intorno a quel pezzo di stoffa. Andava avanti e indietro, rullato dalla risacca. “Taglia Xs”, ha detto il signore che l’ha tirato fuori dal mare. Poi ha guardato nel taschino: c’erano 55 lire turche, il corrispettivo di 1 euro e 80 centesimi. Nessuno ha più detto una parola». L’incipit del reportage de La Stampa racconta un pezzo di estate a Steccato di Cutro. Cinque mesi dopo, la tragedia dei migranti naufragati sul caicco “Summer Love” si ripresenta in un’estate che non può essere normale. Tutto ciò che riemerge su quelle spiagge riporta alla mente l’alba del 26 febbraio. «La memoria del naufragio è fortissima e ritorna – dice Vincenzo Luciano, barista e pescatore –. Prima della giacca da bambino, era successo per un osso. Sono stato io a chiamare la Guardia Costiera. Per fortuna le analisi della polizia scientifica hanno stabilito che, almeno in quel caso, il naufragio non c’entrava niente: era un osso di cane».

C’è chi, come Antonio Grazioso, «viveva più nel mare che fuori» e adesso ha paura a bagnarsi. Anche Luciano non riesce a fare più il bagno. È ancora troppo forte per lui il ricordo del bambino che credeva di aver salvato. «Respirava ancora. Lo sentivo vivo nelle braccia, l’ho appoggiato sul sedile dell’auto. Ha fatto una schiuma dal bocca e ha smesso respirare. È morto con gli occhi spalancati, sono io che gliel’ho chiusi. Penso che se quella mattina non avessi bevuto il caffè e fossi uscito anche soltanto tre minuti prima, adesso almeno quel bambino sarebbe ancora vivo».
L’inviato de La Stampa racconta che oggi, davanti alla secca su cui si è capovolto il “Summer Love” ci sono gli ombrelloni del lido “Holidays”. La signora Giovanna Macrì dice che in quel luogo «vengono in vacanza soprattutto i calabresi emigrati al Nord. Credo che sia giusto ricordare, così come credo che sia giusto cercare di andare avanti. In questo equilibrio fra memoria e futuro dobbiamo trovare la nostra strada».
«Per noi è un lutto di famiglia», dice il sindaco di Cutro Antonio Ceraso. «Nel nostro Comune sono state seppellite 8 delle 94 vittime accertate». Ci sono morti ancora senza nome come un bambino identificato come «Kr. M. 8». Nei villaggi le prenotazioni vanno bene. Alla reception del “Madama Club Village” Stefania Salerno spiega: «Non dimentichiamo, ma dobbiamo rimboccarci le maniche. Alla Calabria manca sempre qualcosa. Non è il Ponte sullo Stretto, sono le strade, sono i servizi, è la volontà di tutti di migliorare le cose».
A Crotone, intanto, sono rimasti otto scampati al naufragio, sette pachistani e un iraniano. «Stiamo cercando di aiutare tutti, ma certe cose ci amareggiano profondamente» dice al quotidiano torinese Francesca Rocca, la responsabile dell’accoglienza per l’assessorato alle politiche sociali del Comune. Si riferisce alle promesse romane «cadute nel nulla», le rassicurazioni che sarebbero stati facilitati i ricongiungimenti famigliari. Ma quelle promesse sono cadute nel nulla». Gli otto superstiti di Crotone studiano italiano e lavorano. Ma per tutti è impossibile dimenticare. Asif, 37 anni, arrivato dalle campagne pachistane di Swat, quella notte ha perso la stretta di una bambina. Sette costole rotte, incubi continui. Ha deciso di fermarsi in Calabria. «Il mio sogno è diventare un cuoco. A Crotone mi hanno aiutato. Devo dire grazie a tutti». Fa il cameriere e il lavapiatti in un locale del centro.

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