Ci sono momenti dei riti e delle feste dei nostri paesi in cui il tempo sembra, davvero, annullarsi. E sentimenti, emozioni, affetti, ricordi, presenza di quelli di prima, che continuano a parlare, e di quelli che ancora, ad ogni età, continuano e pregare, danno (anche a chi non è “devoto”) un senso di eternità. Ieri l’attimo quando fratelli che “portavano” la statua della Madonna si sono fermati davanti alla mia abitazione per “salutare” mia madre che, pure alla sua età miracolosa e con le sue malattie, sembrava capire, pregava e piangeva.
Ho vissuto una profonda emozione. Ero con mia sorella, che da anni, assieme a me, cura e accompagna mia madre e, al balcone, sulla porta di casa, sostavano altri familiari per ringraziare la Madonna e tenere la porta aperta al passaggio della statua.
Tenevo la mano a mamma e pensavo a tutte le sorelle e ai fratelli assenti, che parlavano e mi interrogavano. Poi sono uscito e sono andato ad abbracciare Rina, che dalla sua casa, piangeva e parlava, al passaggio della Madonna, con la figlia Maria Rosaria e la nipote Angela, che sono andate via nel pieno della vita.
Sognavo di andare davanti alle porte chiuse e vuote per “prendere il posto” degli assenti e per fare vivere in qualche modo la loro casa. Quello che si è da bambini, con tutte le identità che prendiamo negli anni, con i cambiamenti, le fughe, i ritorni, ti resta sempre per sempre. Non può essere mai cancellato, dovunque tu sia e chiunque sia diventato. L’ingresso in chiesa della Madonna, a conclusione di una litania cantata dai devoti e suonata dalla banda, mentre ogni angolo, ogni balcone, ogni terrazza con i fedeli e le persone venute anche da lontano e da paesi vicini, diventava ospitavano un mare di emozioni e commozione. Da bambino, quando indossavo la “mozzetta” della mia Confraternita (quella del SS. Crocifisso) volavano gare e ironie con gli amici dell’altra Confraternita (quella della Madonna del SS. Rosario). Feste e confraternite, nei paesi, raccontavano e riassumevano incontri e divisioni, oltre a creare aggregazione, socialità, memoria, cultura, sentimento religioso, partecipazione e organizzazione del fratello che se ne andava e, poi, ricordo dei “fratelli assenti”.
Le feste si sono dilatate, trasferite, riorganizzate, inventate nei paesi dell’esodo. Soprattutto tra paese di qui e paese di Toronto le due confraternite hanno contribuito al mantenimento di legami antichi e a creazione di rapporti nuovi.
Le confraternite, in paesi sempre più vuoti, specie d’estate, quando tornano gli emigrati, continuano a favorire incontri, memorie, legami tra vivi e defunti, partiti e rimasti. E oggi molte congreghe s’interrogano su nuove possibili forme di vita, trasmissione di cultura, socialità e accoglienza. Qualcosa rimane, qualcosa deve cambiare, qualcosa deve essere inventato.
Il recupero dei paesi non significa ristrutturazione di case vuote o gettate di cemento inutile: bisogna rifondare comunità, ricreare luoghi di socialità, aggregazione e accoglienza
(tratto da un post del 2018)
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