CATANZARO Un’auto sporca di sangue, un corpo morto sul sedile posteriore, due killer che devono sbarazzarsi della tappezzeria incriminata. Particolari che rimandano dritti a una delle più famose scene del film “Pulp fiction” quando i due sgherri, dopo aver ucciso per sbaglio un ragazzo, vengono mandati da Mister Wolf a ripulire l’auto e se stessi. «Sono il signor Wolf, risolvo problemi», si presenta lui.
Ma esistono racconti in cui la realtà supera di diverse spanne la fantasia. E ha raccontare questa storia, il 10 febbraio scorso, è stato Tommaso Mazza, 73 anni, interrogato dal pm della Dda di Catanzaro Andrea Buzzelli.
Mazza era già stato sentito, il 4 febbraio 2021, nell’aula bunker di Lamezia Terme, nel corso del maxi processo Rinascita Scott.
È un ex esponente di spicco del clan dei Gaglianesi di Catanzaro, ha affermato di avere acquisito la dote di ‘ndrangheta nel 1991 e di essere diventato collaboratore nel 1995.
Collegato con la bunker, Mazza riferisce anche particolari riguardanti la faida di Mileto, in provincia di Vibo, tra Prostamo-Pititto-Iannello contro i Galati, capeggiati da Carmine Galati. «Conoscevo Carmine Galati ma ricordo che lì ci stavano anche Michele Iannello, Nazzareno Prostamo, e Pasquale Pititto», racconta Mazza che specifica che Galati era vicino alla famiglia Mancuso. «Pititto e Iannello avevano avuto un agguato e si erano salvati perché viaggiavano su un’auto blindata e in un altro agguato fu ammazzato per sbaglio il fratello di Michele», ricorda il collaboratore. Peppe Mancuso disse a Pititto e Iannello che se avessero fatto «uccidere un proprio uomo, Evolo, poi avrebbero avuto l’autorizzazione ad eliminare Galati. I due si sono fidati e tesero una trappola a Evolo. Dissero, al ragazzo di aver trovato un fucile in grado di trapassare la carena dell’auto blindata di Galati e lo portarono con loro con la scusa di fargli vedere l’arma». Lo fecero salire in macchina e Pititto gli sparò alla nuca dal sedile posteriore. Alla fine i Mancuso non diedero nessun permesso. «Io provai a fare capire a Michele Iannello che la famiglia Mancuso faceva il doppio gioco ma non potevo espormi più di tanto», riferisce il collaboratore.
A due anni da questa deposizione nel maxi processo, la Dda risente Tommaso Mazza che non si smentisce. E le sue parole finiscono negli atti di un’altra grossa operazione contro le cosche vibonesi: Maestrale-Carthago. Nella foto numero 6 che gli inquirenti gli mettono davanti, Mazza riconosce Pasquale Pititto «di San Giovanni di Mileto».
«Siamo stati detenuti insieme nel 1988 nel carcere di Vibo Valentia – dice – e poi siamo rimasti amici una volta scarcerati. Ci siamo frequentati in quanto lui veniva a Catanzaro ed io andavo da lui a Mileto. È il cognato di Nazzareno Prostamo, Giuseppe Prostamo, Michele Iannello e Giuseppe Iannello (un altro fratello di questi è stato ucciso). Era il periodo della faida di questi con i Galati e ricordo che Giuseppe Prostamo aveva bisogno di una macchina blindata. Sapevo che al concessionario Alfa Romeo ce n’era una in vendita e lo chiamai perché andasse a comprarla», comincia il racconto.
«Carmine Galati era alleato dei Mancuso e poiché Pasquale Pititto, un azionista tra i più agguerriti del gruppo, voleva ucciderlo, Luigi Mancuso e Peppe Mancuso gli dettero l’autorizzazione a condizione che, prima di commettere questo omicidio, avessero eliminato per loro conto un ragazzo, di cui al momento mi sfugge il nome. Effettivamente Pititto tese una trappola a questo ragazzo, insieme a Michele Iannello e lo ammazzarono. La vittima si chiamava Evolo, ora che mi ricordo. Venne fatta salire in macchina con la scusa di portarlo a vedere un’arma che avrebbe potuto trapassare un’autoblindata e, lungo il viaggio, dal sedile posteriore Pititto lo uccise».
Pititto e Iannello trovano il loro Mr Wolf proprio in Tommaso Mazza: i due vanno a Catanzaro «con l’auto utilizzata per l’omicidio, che era sporca di sangue ed io gli indicai dove poter andare a smontare e sostituire la tappezzeria – racconta oggi Mazza –. Preciso che tra noi c’era molto rispetto reciproco, come era solito tra gli azionisti».
Nella faida contro i Galati, i Prostamo subiscono perdite e incidenti importanti. Tommaso Mazza riferisce che «Pititto subì un agguato a seguito del quale rimase sulla sedia a rotelle. Lo stesso fratello di Michele Iannello venne scambiato per quest’ultimo e venne ucciso. Questi erano convinti che la famiglia Mancuso fosse loro alleata e gli avrebbe dato protezione ma non era così, in quanto questa faceva il doppio gioco ed era anzi più vicina ai Galati». (a.truzzolillo@corrierecal.it)
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