MARATEA Osservo tra le fronde degli alberi il mare del golfo illuminato dal sole, luccicante, abbagliante. Le cicale non si fermano un attimo. È estate piena. Mi tornano in mente i celebri versi di Montale mentre saluto Rocco Papaleo nella sua splendida casa a Maratea, un tiro di schioppo dalla Calabria, di cui parleremo spesso nel corso della conversazione realizzata attorno ad un tavolo sotto un patio tra gli alberi, affacciato sul mare. Beviamo acqua fresca, Rocco rolla e fuma tabacco.
La casa alla Darsena l’ha scoperta per caso pagaiando in canoa. Mi racconta che con alcuni volontari hanno appena ripulito la discesa comune che porta al mare.
«È sempre una promessa mancata il Sud. Si potrebbe sempre fare meglio. Sono stato ad un festival sul Lago di Garda a Bardolino. Tutto perfetto. Anche troppo. Però quello che hanno lo fanno fruttare».
Come la costa Adriatica?
«Un mare che neanche lo puoi chiamare mare. Però tutto funziona e attrae».
Quindi le tue vacanze a Maratea…
«Una sorta di orizzonte perfetto, come puoi vedere. Ho sempre sognato di avere un posto mio qui, al Porto in particolare, con tutte le suggestioni dei porti. Conto di venirci spesso».
La tua Lauria e Maratea così contigue alla Calabria. Che rapporto c’è tra questi confini?
«C’è osmosi. Ci sono somiglianze e influenze reciproche. Con la chiusura della strada di collegamento costiero per la frana abbiamo constatato quanto pesano i rapporti reciproci».
Da calabrese ti chiedo se Maratea fosse stata Calabria sarebbe stata preservata urbanisticamente allo stesso modo?
«Questo non lo so. Osservo però che a Praia a Mare hanno realizzato un bel lungomare con stupenda vista panoramica».
Anche Praia a Mare un tuo luogo?
«L’ho molto frequentata. Noi di Lauria non abbiamo solo Maratea come sbocco a mare; andavamo molto sulla spiaggia di Fiuzzi».
Magari a ballare anche alla discoteca “Iguana”?
«Certamente. Un posto fantastico dove dalla consolle mettevano anche i Doors. Non capitava dappertutto. (Sorridiamo complici di ricordi comuni). Praia la vedevamo commerciale, Maratea un posto elitario…».
Ma non esclusivo che ti escludeva?
«Quando io ero giovane era un posto da benestanti. La vedevamo come un luogo per ricchi, incantevole ma esclusivo. Quando sono partito per Roma e l’estate tornavo a Lauria venivo spesso a godermi le spiagge qui».
Un itinerario che richiami nel tuo ultimo film “Scordato”?
«Ho letto una frase di Fellini che dice io sono autobiografico anche quando parlo di una sogliola. (Risata comune). Più autobiografia aggiungo nelle mie opere e meglio funzionano».
Un film diverso dai tuoi precedenti?
«Ho deciso di prendere un rischio. Di deludere tutte le aspettative».
Operazione riuscita mi pare?
«Infatti questo mi ha incoraggiato, tentare cioè di realizzare qualcosa di anomalo. Una storia con un impianto drammatico puntellata di comico. Non per calcolo, ma perché come autore contemplo i due aspetti. Temevo l’ardire della proposta, infatti i boss del cinema non l’hanno compresa».
Capita spesso, come sai…
«Lo hanno relegato alla bassa stagione delle uscite in sala levando potenzialità commerciali che invece il film ha mostrato di avere».
Pubblico e critica lo hanno molto apprezzato.
«L’altro giorno mi ha telefonato Marco Bellocchio con cui devo realizzare un cortometraggio, io non lo conosco, e mi ha detto: il tuo film mi ha stupito».
Un bel riconoscimento, ma “Scordato” è anche un film generazionale?
«Un film personale con l’ambizione di essere generazionale. Questo però lo deve dire chi lo guarda, non io».
Ma il pubblico l’ha detto e soprattutto lo ha scritto sui social. A proposito di Calabria tu sei stato uno studente dell’Unical ad Arcavacata…
«Se fossi rimasto da quelle parti mi sarei laureato».
È andata meglio andando a Roma dai. Ma che ricordi hai di quella esperienza universitaria?
«Bellissimi. Un ateneo pieno di facilitazioni. La dimensione del campus all’americana di vivere tutti insieme era fantastica».
Cosa studiavi?
«Ingegneria. Abitavo nelle Maisonettes con cinque altri studenti della mia facoltà. Si condivideva studio e tempo libero. Ricordi piacevoli. Tante amicizie. Ho conosciuto le varie Calabrie».
Gratifichi un punto fermo della mia indagine giornalistica.
«La Calabria come il campanilismo tra Potenza e Matera. Mi ha colpito un dialogo che ho avuto con un palmese autorevole durante le riprese del film che abbiamo da poco girato con i Manetti».
Racconta…
«Cercavo di spiegargli la mia esperienza calabrese universitaria, come avevo scoperto queste varie Calabrie conoscendo studenti di ogni provenienza legando in modo particolare con quelli reggini per varie circostanze; ma la sua costante era quella di ribadire che solo quelli di Palmi sono i migliori».
In che senso?
«Come quando vado in giro per il mondo e incontro i lucani che mi dicono siamo i migliori. Non si comprende in che cosa. Un nostro difetto meridionale».
Però Palmi ti ha adottato durante le riprese del film e tu ti sei integrato quasi fossi a Lauria…
«Ho dovuto apprendere a parrata parmisana, diversa dal reggino, e ho avuto bisogno di un’immersione filologica. Mi hanno trattato benissimo essendo l’attore più mainstream del set».
Un Papaleo day ogni giorno..
«Tutti mi fermavano, ho fatto selfie con tutto il paese».
Alla Varia ti hanno invitato?
«Ovviamente sì, purtroppo non posso andare. Deve essere emozionante parteciparvi».
Culturalmente che impressione ti ha offerto Palmi?
«Ho visitato la casa di Repaci. Bisognerebbe ristrutturarla, ma quel terrazzino a strapiombo sul mare ti mozza il fiato. Comunque ho notato un certo fermento culturale. L’Accademia teatrale di Palmi non a caso è sorta da quelle parti».
Insomma anche nel Sud qualcosa è cambiato?
«Il sistema ha ancora storture, ma ci sono buone eccezioni. Tu conosci in Calabria Giampaolo Calabrese..»
Sì.
«L’ho conosciuto quando ha organizzato un mio spettacolo all’aperto a Cosenza davanti al Rendano. Per come si è presentato, per come parla, come mi ha fatto visitare la città, mi sembra che sia un buon esempio del nuovo che va incoraggiato».
Peschiamo dalla tua memoria delle belle estati…
«Da giovane sono stato molto eoliano per molti anni».
Isola di riferimento?
«Ginostra. Il lato b di Stromboli. Le altre toccata e fuga».
Un altro luogo memoriale e memorabile?
«Le isole Tremiti amate da Lucio Dalla. Ho abitato nella sua casa, quello dello studio nell’isoletta di San Nicola, quella più arcaica. La c’è la vasca da bagno che gli ha ispirato la composizione di “Come è profondo il mare”. Mi ci sono messo anch’io nella vasca da bagno ma non mi ha ispirato nulla». (Ridiamo di gusto mentre le cicale imperterrite continuano a frinire).
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