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La piadineria della ‘Ndrangheta e gli intrecci societari (tutti calabresi) a Milano

Il locale rilevato da Francesco Mancuso dopo la trattativa con un avvocato di Lamezia. La lettera di Mercurio a “zio Luni”: «L’ho comprata da un paesano che non poteva più gestirla»

Pubblicato il: 03/08/2023 – 14:36
di Pablo Petrasso
La piadineria della ‘Ndrangheta e gli intrecci societari (tutti calabresi) a Milano

VIBO VALENTIA «Io me la sono comprata la piadineria», dice Francesco Mancuso “Bandera” ad Assunto Megna, uomo di riferimento del clan a Limbadi per le questioni economiche. Per Emanuele Mancuso, primo pentito “in famiglia” dello storico casato mafioso, “Bandera” «è un tipo scaltrissimo, che non ti dà confidenza, che non esce mai di casa e se esce, esce solo con la moglie. Io sì e no l’ho visto due o tre volte in vita mia… Diffidente da tutto. Da quando è uscito è difficile che lo vedi. E quindi è difficile poter notare i suoi movimenti». Uno di questi movimenti, i magistrati della Dda di Catanzaro lo rintracciano a Milano. È lì che Mancuso avrebbe «comprato la piadineria». Lo evidenziano anche le osservazioni del giudice per le indagini preliminari, che ritiene «integrata la gravità indiziaria per l’ipotesi accusatoria di una intestazione fittizia» del locale a Milano.
I suoi complici sarebbero Paolo Mercurio, imprenditore di Lamezia Terme che avrebbe rapporti con diversi esponenti del clan vibonese, e Lucia Peluso, che avrebbe assunto fittiziamente la gestione del locale.

L’idea de “La piada di Lussy”

L'idea de "La piada di Lussy"

L’idea de “La piada di Lussy” – prezzi modici (piadina e bibita a 6 euro) e clientela giovanissima – si concretizza con l’acquisizione in contanti della partecipazione sociale da parte di Mancuso, che la rileva da un imprenditore originario della Locride. Da quando inizia l’affare, gli investigatori monitorano gli spostamenti di Mercurio a Milano, «evidentemente per curare di persona» gli interessi in comune con “Bandera” nella città lombarda. È un dato che si rileverebbe anche da Facebook: «Mercurio – evidenzia il gip –sul proprio profilo social di fatto mette in evidenzia un locale in Milano». I documenti, d’altra parte, raccontano «la costituzione di una nuova società a Milano, esercente l’attività di “ristorazione senza somministrazione (con cibi da asporto)”, in cui Mercurio risultava socio fondatore al 50% fino al 10 giugno 2016, fino a quando non ha ceduto le sue quote all’altro socio e amministratore». Si tratta del fratello di un uomo considerato un affiliato alla cosca Mancuso e arrestato nell’ottobre 2003 nell’operazione “Dinasty”. Mercurio ha contatti frequenti con chi gestisce materialmente la piadineria (Lucia Peluso e il marito M. S., non indagato): questi rapporti «riguardano proprio tutte le questioni di interesse gestionale, quali gli incassi e i rapporti con i fornitori, ma numerosi sono anche gli episodi ove M. S. è presso la pescheria di Mercurio a Vibo Marina, in compagnia», tra gli altri, di Francesco Mancuso.

Gli intrecci societari e la ditta venduta a Bandera&co da un avvocato di Lamezia

Gli inquirenti ricostruiscono anche gli intrecci societari che portano “Bandera” a Milano. Gli incroci, in questa storia, sono tutti calabresi. Mancuso acquista da un imprenditore, non indagato, il 30% delle quote di una società che ha per oggetto la somministrazione di alimenti e bevande attraverso la gestione di pubblici esercizi. Questa ditta, fondata da quattro soci tutti della Locride, dopo solo un mese dalla sua costituzione, il 3 marzo 2015 acquisisce il complesso aziendale di un’altra compagine il cui socio accomandante è un avvocato di Lamezia Terme che ne detiene il 98%. È questa la ditta che in precedenza gestiva «la citata piadineria di Milano» prima che diventasse “di Lussy”.

La lettera di Mercurio a “zio Luni”: «Ho comprato una piadineria da un paesano»

PIADINERIA | La lettera di Mercurio a Pantaleone Mancuso

Una volta completata questa acquisizione, Mercurio e M. S. discutono delle modifiche societarie da apportare per estromettere i soci della Locride «per fare un contratto di fitto d’azienda allo stesso M. S. che, per come emerge, detratto il suo stipendio quale gestore del locale, trasmette tutto l’incasso a Mercurio», il quale, da parte sua, risponde alle sollecitazioni di Mancuso. Che quella piadineria sia cosa sua, Paolo Mercurio lo rivela anche in una lettera contenuta nel decreto di fermo dell’operazione “Imperium” e indirizzata a Pantaleone “Luni” Mancuso, che chiama affettuosamente «zio». «Ho acquistato una piadineria al centro di Milano – spiega –. Era di un paesano (l’avvocato di Lamezia, ndr) e, visto che non poteva più gestirla, mi ha fatto l’offerta a me. Così, dopo aver controllato se era un buon acquisto o meno, ho deciso di prenderla. Chi me la gestisce è un mio paesano che abita a Milano. Ma più che l’ho voluto prendere è stato per uno sfizio, altrimenti per impegni ne ho già tanti con il lavoro mio».

Gli incassi della piadineria: 46mila euro in tre mesi

Le carte dell’inchiesta mostrano l’evoluzione dei piani per entrare in possesso della società. Il progetto prende una piega diversa su proposta del commercialista di M. S. Il professionista suggerisce «che a rilevare l’esercizio commerciale fosse la moglie» del gestore, Lucia Peluso (che infatti finirà indagata, mentre la società a cui è riconducibile il locale è stata sequestrata). Il piano viene eseguito e l’8 giugno 2016 «si avvia la ditta individuale “La piada di Lussy”». Il progetto si completa: Mercurio “entra” nei locali, i vecchi soci (che avevano contratto debiti per l’affitto) escono di scena e le attrezzature, grazie a un escamotage contabile, restano nella disponibilità di Mercurio, “socio” di Francesco Mancuso. Lo stesso Mercurio, in una serie di conversazioni intercettate, spiega che il locale gli è stato intestato e fa riferimento a «introiti pari in tre mesi a 46mila euro». Un investimento che deve essere sembrato interessante anche al membro più diffidente della cosca che “governa” il Vibonese. (p.petrasso@corrierecal.it)

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