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Il colpo di scena

Avrebbe diffamato il boss Graviano, indagato Massimo Giletti

Il conduttore tv finisce nel mirino della Procura di Terni: «Massima fiducia nella giustizia»

Pubblicato il: 04/08/2023 – 16:07
Avrebbe diffamato il boss Graviano, indagato Massimo Giletti

TERNI «Ho sempre fiducia nella giustizia, certo alle volte penso che viviamo in un Paese all’incontrario, ma ormai non mi stupisco più di nulla». Massimo Giletti è attonito al telefono con l’Agi. Ha ricevuto, un paio di giorni fa, dai carabinieri la notifica dell’atto che lo vede indagato, insieme alla giornalista Sandra Amurri, per diffamazione dalla procura di Terni.
Un reato al quale, alle volte, vanno incontro i giornalisti. Ma che, almeno in questa occasione, lascia abbastanza interdetti. A querelare Giletti, infatti, non sarebbe stato uno qualunque, ma Giuseppe Graviano, detenuto nel carcere umbro dove sta scontando diversi ergastoli per Mafia. Il fascicolo sarebbe poi stato secretato.
La notizia del procedimento è stata anticipata da EtruriaNews. Non è escluso che, dopo gli opportuni accertamenti investigativi, l’indagine possa essere archiviata.
Nel corso della trasmissione “Non è L’Arena” in onda su La 7 Giletti aveva intervistato Salvatore Baiardo, considerato uomo dei Graviano, che “annunciò” l’arresto di Matteo Messina Denaro.

Chi è Giuseppe Graviano

Giuseppe Graviano, nato a Palermo 59 anni fa, ha avuto – secondo i magistrati che lo hanno condannato all’ergastolo – un ruolo centrale nell’organizzazione delle stragi del 1993 a Roma, Firenze e Milano e nell’omicidio di don Pino Puglisi.
Graviano è stato arrestato dai carabinieri di Palermo, il 27 gennaio del 1994, a Milano. Nel 1997 la Corte d’Assise di Caltanissetta lo condanna all’ergastolo per la strage di Capaci, insieme, fra gli altri, a Totò Riina, Bernardo Brusca, Leoluca Bagarella e Bernardo Provenzano.
Due anni più tardi, nel 1999, Graviano è ergastolano per la strage di via D’Amelio: secondo vari pentiti, sarebbe stato lui ad azionare il telecomando dell’autobomba che ha ucciso il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della scorta.
Nello stesso anno arriva una nuova condanna: insieme al fratello Filippo è accusato di essere il mandante dell’omicidio del prete anti-mafia don Pino Puglisi. Un nuovo ergastolo arriva nel 2000, per gli attentati dinamitardi del 1993 a Firenze, Milano e Roma.

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