REGGIO CALABRIA Nicodemo Fiorenzi è, in teoria, un impiegato della Forestale di Mammola. I suoi sodali e familiari intercettati nell’inchiesta Malea della Dda di Reggio Calabria hanno, però, pochi dubbi. L’uomo, legato al clan guidato da Rodolfo Scali, risiede stabilmente in Lussemburgo. E nel centro dell’Europa finanziaria avrebbe – scrive il gip nell’ordinanza di custodia cautelare – il compito di «gestire tutti gli investimenti, leciti ed illeciti, compiuti dai mammolesi in quella nazione». Autonoma negli affari quotidiani, la struttura dei mammolesi all’estero resta subordinata alla casa madre per le questioni chiave. Se ne trova traccia anche nell’inchiesta Malea, quando il “locale” di Mammola va in fibrillazione per la richiesta di un Cordì di trasferirsi in Lussemburgo, presenza temuta perché «metteva a rischio gli investimenti che (…) avrebbero potuto fare in quella nazione». «E se facciamo qualche cosa – chiede il “vice” Damiano Abbate a Scali –? Io e mio cognato cogliamo investire 50mila euro, 100mila euro, là che stai tu, che stanno i figli tuoi, a gestirseli loro, devo vedere che ce li devono prendere, che quelli vengono là e fanno i porci comodi loro». Questione di affari, dunque, in un territorio che il clan di Mammola considera di propria pertinenza. Quali siano le attività che riportano alle famiglie espatriate dal piccolo centro aspromontano lo racconta un’inchiesta di Irpimedia. Che parte dal figlio del presunto boss Rodolfo, Salvatore Scali. Il lavoro dell’inchiesta #OpenLux aveva già fatto emergere l’esistenza di un ristorante riconducibile al giovane Scali a Differdange, cittadina al confine con la Francia. Per Antonio Ciccia, uno dei collaboratori di giustizia che hanno permesso agli investigatori – coordinati dal procuratore Giovanni Bombardieri e dall’aggiunto Giuseppe Lombardo – di ricostruire le attività della cosca, sarebbe stato proprio il padre a convincere Salvatore «ad andarsene da Torino verso il Lussemburgo» anziché assumere la gestione di un locale notturno, cosa che lo avrebbe messo quasi sicuramente nei guai. Di questo esodo da Mammola a Differdange esistono tracce che Irpi ricostruisce e che portano a una pizzeria e a una pasticceria aperte e chiuse nel giro di pochi anni, come altre attività analizzati nell’inchiesta #OpenLux. La pizzeria, in particolare, era stata aperta allo stesso indirizzo dove sorgeva il ristorante di Salvatore Scali “Romeo & Giulietta”. Oggi, a quell’indirizzo, sarebbe attiva un’agenzia immobiliare di proprietà di calabresi, segno che almeno l’area è popolare tra gli emigrati dalla Locride.
Anche il 60enne Nicodemo Callà risulta tra gli indagati nell’inchiesta della Dda di Catanzaro e sarebbe stato tra i primi a varcare il confine ai tempi della faida tra i Callà e i Macrì, i particolare dopo l’omicidio di Isidoro Macrì, boss della zona legato ai sidernesi». Dai registi aziendali – rivela Irpimedia – risulterebbe che Callà sia ancora titolare di un’impresa immobiliare registrata nel 2004 come société civile, forma giuridica che non richiede l’obbligo di depositare bilanci. Il suo ex socio sarebbe stato proprietario di un locale a Differdange il cui nome pareva ispirato dal soprannome di Callà, Bomba. Il posto adesso ha cambiato nome ed è gestito dall’azienda di un giovane originario di Mammola e citato nell’inchiesta Malea (avrebbe partecipato a un’estorsione) ma non indagato. Il suo socio è un altro personaggio citato negli atti della Dda per questioni legate al traffico di stupefacenti. Strade che portano da Mammola in Lussemburgo, senza tante fermate. Indirizzi condivisi e soci legati, per questioni di parentela o relazioni, agli uomini che per la Dda di Reggio formano il clan Scali. Gli affari di famiglia nel paradiso fiscale al centro d’Europa continuano. (redazione@corrierecal.it)
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