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‘Ndrangheta, l’odio dei “compari” del clan Crea per l’ex sindaco Bartuccio

Il disprezzo di Pillari, “coordinatore” della latitanza del boss, e di un altro degli arrestati per l’ex primo cittadino antimafia di Rizziconi

Pubblicato il: 11/08/2023 – 18:19
‘Ndrangheta, l’odio dei “compari” del clan Crea per l’ex sindaco Bartuccio

REGGIO CALABRIA Ossessionato dalle indagini, al punto di abbassare la paletta parasole anche di notte. Dotato di un telefono criptato per parlare con il capo latitante. E contraddistinto dal disprezzo per l’ex sindaco antimafia che ha denunciato la “sua” cosca. Domenico Pillari è «il principale regista della latitanza di Domenico Crea, di cui ha curato gli interessi economici sul territorio di appartenenza, garantendo, al contempo, il mantenimento dei rapporti con gli altri affiliati in libertà». Molti suoi allontanamenti nel periodi in cui il boss si è sottratto all’arresto sono definiti «sospetti» dai magistrati della Dda di Reggio Calabria, coordinata dal procuratore Giovanni Bombardieri. E sarebbero durati «per periodi consistenti, durante i quali non ha mai avuto interlocuzione con i propri familiari». Da presunto coordinatore della fuga del capoclan, Pillari – la cui figura è uno degli elementi centrali dell’inchiesta “Declino”, che ha portato agli otto arresti odierni – «coordina le attività di tutti i soggetti che si sono alternati nel favoreggiamento della latitanza di Crea, impartendo ordini e programmando incontri riservati». Un “uomo di rispetto” che per il gip Valerio Trovato «è dotato di fama e carisma criminale tale da essere in grado di mantenere i rapporti con le altre consorterie del territorio alleate con la famiglia Crea, tanto da interfacciarsi in maniera paritaria con soggetti del calibro di Giovanni Sposato e Luigi Mancuso». Dalla sua partecipazione a un summit nella masseria del patriarca Teodoro Crea sono passati dieci anni. Nei quali, evidentemente, l’uomo ha accresciuto il proprio profilo criminale. È un personaggio cauto, Pillari. 

L’ossessione di Pillari per le intercettazioni

Il giudice per le indagini preliminare lo definisce «attento e aduso ad adottare precauzioni al fine di evitare di essere attenzionato dagli inquirenti: non usa né l’utenza fìssa né il telefono cellulare, non ha mai avuto incontri concordati in precedenza con gli altri indagati né organizza direttamente incontri riservati ma si serve di una rete di mediatori, raramente riceve in casa propria altri soggetti affiliati o contigui al sodalizio, ha l’accortezza di abbassare paletta parasole, anche in orario notturno, allorché si trova all’interno dell’autovettura». Sa di poter essere intercettato, «tanto che parla a bassa voce con il figlio di argomenti riservati anche all’interno della propria abitazione e», attraverso il figlio, «provvede alla bonifica delle autovetture in uso». Come altri indagati nell’inchiesta antimafia «ha in uso una scheda olandese criptata con la quale mantiene le comunicazioni con Domenico Crea e con gli altri soggetti interessati». Ci sono altri passaggi dell’ordinanza che «colorano negativamente» la figura di Domenico Pillari. Si tratta delle «manifestazioni di disprezzo nei confronti di Antonio Bartuccio, ex sindaco di Rizziconi che ha denunciato l’ingerenza della cosca Crea nella vita politica dell’ente» e delle «forti critiche alle condanne inflitte a esponenti del sodalizio a seguito della decisione definitiva della Corte di Cassazione nell’ambito del processo Deus». 

Il disprezzo di Tripodi per l’ex sindaco che ha «fatto mandare tutti in galera»

Pillari non è l’unico a esprimere il proprio disprezzo nei confronti dell’ex primo cittadino costretto da anni a una vita blindata. Anche un altro degli indagati, Salvatore Tripodi (anche lui arrestato), ha parole di scherno per il politico. Ne discute con un altro uomo, non indagato. Bartuccio, nella conversazione, viene definito un «cornuto e un pentito, perché colpevole di aver “fatto mandare in galera tutti quanti”». Tripodi spiega poi di recarsi nella ferramenta del padre dell’ex sindaco «al solo fine di dimostrare la propria adesione di facciata alla battaglia di legalità condotta» da Bartuccio. Il suo interlocutore, sorridendo, «afferma che “Salvatore è un bravo ragazzo, lavoratore, è un bravo cristiano, la coda non gliel’hanno tagliata, non è malandrino, non fa parte dell’onorata’”», tanto che Tripodi – la sintesi è sempre del gip – «risponde compiaciuto “me l’hanno tagliata e me l’hanno cucita”, solo per la circostanza di non essere ancora stato arrestato, tanto che “se viene e parla Micu Iannaci mi arrestano veramente, però”». (ppp)

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