COSENZA L’arma si inceppa, i pochi colpi sparati non raggiungono Pasquale Inzitari, imprenditore di origine reggina che riesce a sfuggire all’agguato mortale. Era il 25 luglio 2017, quando nel piazzale del centro commerciale «I Portali» di Corigliano Rossano un commando armato entrava in azione con l’obiettivo di uccidere l’imprenditore. A distanza di sei anni, i Carabinieri del Reparto Territoriale di Corigliano Rossano, hanno eseguito questa mattina – nelle province di Brescia, Bologna e Viterbo – un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal Gip del Tribunale di Catanzaro, su richiesta della Dda di Catanzaro diretta dal Procuratore Nicola Gratteri.
Gli investigatori hanno ricostruito la dinamica del tentato agguato mortale, grazie alle preziose dichiarazioni rese da uno degli indagati che ha scelto di collaborare con la giustizia. Si tratta di Gianenrico Formosa. Secondo il racconto fornito, l’imprenditore si sarebbe accorto della presenza di due killer che lo seguivano a bordo di un motociclo, riuscendo a raggiungere un esercizio commerciale all’interno dei “Portali”. Antonio Domenico Scarcella e Francesco Candiloro avrebbero «programmato l’omicidio» offrendo a Formosa «la somma di 20mila euro affinché quest’ultimo accompagnasse Candiloro nel corso dell’azione omicidiaria». Giunti in Calabria, Candiloro e Formosa si sarebbero recati a Coriglìano Rossano, ad attenderli Michelangelo Tripodi (finito in carcere). Insieme effettuano un primo sopralluogo nel parcheggio del centro commerciale dove Pasquale Inzitari svolgeva l’attività lavorativa. Il giorno successivo, Candiloro e Formosa, a bordo di un’auto noleggiata si sarebbero recati nuovamente a Corigliano Rossano, poco dopo raggiunti da Tripodi alla guida di un furgone bianco, al cui interno vi era uno scooter TMax. Il commando è pronto ad entrare in azione e mentre Formosa resta a bordo dell’auto, «Tripodi e Candiloro si allontanano per compiere l’azione omicidiaria».
Il collaboratore di giustizia, fornisce ulteriori elementi utili agli investigatori. Scarcella e Candiloro lo avrebbero incontrato in un bar di Brescia. Sarebbe stato Scarcella a proporre a Formosa di «fare un lavoro delicato» senza fornire ulteriori dettagli e assicurando un compenso di 20mila euro. La proposta viene reiterata, a distanza di qualche giorno, da Candiloro. Formosa inizialmente si mostra titubante, poi accetta ed aiuta i due nel realizzare il delitto. Definiti i dettagli, Formosa e Candiloro scendono da Brescia e raggiungono la Calabria, prima di una breve sosta a Polistena, a casa di Candiloro. Quest’ultimo «in quella occasione era andato a comprare ciò che sarebbe servito per il loro lavoro, ritornando a casa con vari capi di abbigliamenti: scarpe, due fuseaux e delle giacche a vento».
Da Polistena a Corigliano Rossano, i due incontrano Michelangelo Tripodi e a bordo del suo furgone raggiungono il centro commerciale “I Portali”. E’ li che Formosa apprende da Tripodi i dettagli del progetto. «Sul retro avrebbero trovato un Suv parcheggiato dal loro bersaglio, che era solito lasciare il veicolo proprio vicino l’uscita del suo negozio». Il collaboratore di giustizia esterna i propri dubbi «considerando che aveva notato una massiccia presenza di telecamere nella zone dove avrebbero dovuto raggiungere la vittima». Una circostanza che reitererà anche nei minuti precedenti l’agguato senza però ottenere ascolto.
Il 24 luglio 2017, Candiloro e Formosa si recano «da un dentista a Maropati che a proprio nome aveva preso a noleggio una automobile, Renault Captur». La circostanza aveva fatto desumere a Formosa, che il professionista fosse a conoscenza di quanto stesse accadendo. Il giorno seguente, i due lasciano Polistena e si dirigono a Corigliano Rossano raggiungendo il Centro Commerciale dove arriva anche Tripodi. I tre si separano, Formosa si mette alla guida dell’auto noleggiata, Candiloro indossa i vestiti acquistati precedentemente e Tripodi si occupa del motoveicolo nascosto a bordo del furgone. Il commando entra in azione, ma l’agguato non va in porto. Sarà lo stesso Candiloro
a raccontare quanto accaduto: «l’azione non aveva avuto buon esito perché una delle due pistole si era inceppata, che comunque dei colpi erano stati esplosi, ma la vittima era riuscita a rifugiarsi presso il negozio Decathlon dove Tripodi sarebbe voluto entrare per raggiugerlo, ma Candiloro lo aveva dissuaso».
Come anticipato, sono state le dichiarazioni fornite dal collaboratore di giustizia Gianenrico Formosa a fornire elementi utili alle indagini. Addirittura nel corso di un interrogatorio, lo stesso ha «consegnato al pm un paio dei vari fuseaux che Candiloro aveva acquistato per effettuare l’agguato», un paio rimasti nella disponibilità di Formosa. Chi fosse la vittima, il pentito lo ha appreso dalle notizie rese in tv la sera stessa dell’agguato e poi, solamente molto tempo dopo, Candiloro parlerà dell’omicidio del figlio di Pasquale Inzitari, «lasciando sottintendere di conoscere lui stesso chi era stato e pronunciando la frase “gli hanno già fatto male al figlio ma lui non ha ancora capito“».
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