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l’inchiesta

Il pasticcere-killer e il commando al servizio della ‘ndrangheta: 150mila euro per uccidere un ex affiliato

Nelle chat criptate i propositi di far saltare in aria con una bomba Rodolfo Ferraro per fare «un regalo di Natale al boss Crea». Il “delitto della montagna” e l’ipotesi di coinvolgere un gruppo di…

Pubblicato il: 13/08/2023 – 13:22
di Pablo Petrasso
Il pasticcere-killer e il commando al servizio della ‘ndrangheta: 150mila euro per uccidere un ex affiliato

REGGIO CALABRIA Pasticcere e killer di ‘ndrangheta, la doppia vita di Francesco Candiloro prende forma negli atti giudiziari di quattro Procure. Il 44enne calabrese che risiede nel Bresciano da oltre 20 anni era stato già arrestato nel 2021. È stato condannato all’ergastolo in primo grado per la morte di Marcello Bruzzese (nella foto sopra il luogo del delitto), fratello di un collaboratore di giustizia, ucciso a Pesaro il giorno di Natale del 2018. E ha sul groppone un’altra condanna, a sei anni e otto mesi, decisa dal Tribunale di Brescia: avrebbe pianificato l’omicidio («non concretizzatosi») di un ex componente della cosca Crea. Il legame con la cosca Crea si ripropone in due inchieste dell’antimafia calabrese: l’indagine della Dda di Catanzaro sul tentato omicidio di Pasquale Inzitari e quella della Dda di Reggio Calabria sulla latitanza del boss Domenico Crea. È in quest’ultimo contesto che si riannodano i fili della militanza criminale del pasticcere-killer «a disposizione della cosca per la realizzazione di azioni di fuoco ai danni dei nemici del sodalizio».  

Le tre azioni strategiche per gli affari del clan

Candiloro «è (stando alla sentenza di primo grado, ndr) uno degli autori materiali dell’omicidio di Marcello Bruzzese». Il gruppo di fuoco arruolato per porre fine alla vita del fratello del collaboratore di giustizia Girolamo usava «un sistema di comunicazioni riservato» e «documenti falsi». Metodi da commando militare. Tre azioni strategiche per il clan di Rizziconi: la ritorsione verso un pentito, il tentato omicidio di un imprenditore che si era ribellato alle richieste estorsive, l’attentato alla vita di un ex affiliato. Segno che Candiloro – coinvolto in tutti i casi – rientra nella ristretta cerchia di persone «che godono della massima fiducia da parte dei vertici della cosca». 

I 150mila euro per il “delitto della montagna”

Le indagini sulle attività criminali al Nord mostrano il legame del pasticcere con gli autori materiali del delitto Bruzzese. La prova sarebbe nelle «chat intercorse sulle utenze cripate». Messaggi che avrebbero «consentito di svelare» che, dopo l’omicidio del fratello del collaboratore, «Candiloro e Tripodi vengono coinvolti da Larosa nella pianificazione di un ulteriore attentato («lavoro») da eseguirsi con un bazooka («il paz») o con dell’esplosivo in «montagna», delitto da eseguirsi per «fare un regalo a fratello per Natale». Per i magistrati il beneficiario sarebbe Domenico Crea, e il regalo sarebbe consistente anche per i tre presunti assassini, che «avrebbero ottenuto un compenso pari a 150mila euro» per colpire un obiettivo «che le indagini non hanno permesso di individuare esattamente». 

La scelta delle armi e l’ipotesi di un bazooka

Il progetto prosegue e il 14 maggio 2020 Larosa e Candiloro sembrano valutare «se affidare il lavoro a terze persone (verosimilmente di origine serba) o se farsi aiutare da un ulteriore soggetto, identificato come “il pelato”». Nel resto della chat, i due parlano, «con ogni probabilità, di una somma troppo elevata chiesta dai serbi per compiere il delitto, rispetto alla quale Larosa scrive che avrebbe potuto commissionarlo a soggetti della sua area a meno della metà del prezzo». Gli amici discutono anche dell’opportunità di eseguire il «delitto della “montagna” con modalità tradizionali o mediante un “giocattolo”». Per gli investigatori la scelta è tra «comuni armi da fuoco» e «un’arma da guerra identificabile come un bazooka», «un Paz usa e getta» come viene definito in un’altra chat criptata. Le indagini non permettono in un primo momento di individuare «esattamente l’obiettivo e il luogo dell’attentato».

Due pentiti svelano il mistero

La “montagna” resta un mistero irrisolto fino alla comparsa sulla scena di due pentiti: Gianenrico Formosa (è lui «il pelato» a cui fanno riferimento) e Philip Spinel racconteranno agli inquirenti che l’obiettivo dell’attentato è Rodolfo Ferraro, un vecchio affiliato al clan Crea che vive in provincia di Belluno. Le intercettazioni servono comunque a disegnare il profilo dei “compari” e lo scopo dei loro movimenti (cioè piazzare un ordigno esplosivo sotto l’auto di Ferraro). Nelle loro chiacchiere virtuali ci sono le «difficoltà di esecuzione del delitto» e il tentativo, da parte del commando, di trovare l’esplosivo necessario a portarlo a compimento. «Devo fare un regalo a fratello per Natale se riesco. Così si sciala», dice Tripodi. Anzi, «se trovo due giocattoli due regali devo fargli. Uno un bazooka. E l’altro il C4. E il fratello almeno se li fa ridendo. Al 41. Gliel’ho promesso e io mantengo sempre, lui lo sa». Gli obiettivi, dunque, sarebbero addirittura due. E il “fratello”, secondo gli elementi raccolti in un’informativa dei carabinieri di Ancona, sarebbe il boss Domenico Crea, che, «ristretto in una struttura carceraria, avrebbe potuto trascorrere più lietamente le festività».

La vendetta perché «tempo ci vuole ma le soddisfazioni ce le prendiamo»

Tripodi, nella chat con Gianluca Tassone, latitante arrestato a Barcellona il 5 settembre 2021 al quale chiede di reperire l’esplosivo, specifica che il materiale «avrebbe dovuto essere idoneo a distruggere un’autovettura blindata». I mesi passano e a febbraio 2021 il delitto della “montagna” è ancora un’ipotesi. Pare «legato al contesto ‘ndranghetista rizziconese», serve per far «contento» il boss Domenico Crea. Una vendetta, quella contro Rodolfo Ferraro, perché «tempo ci vuole ma le soddisfazioni a modo nostro una alla volte ce le prendiamo», dice Tripodi. Il gruppo di fuoco è ben assortito: se Tripodi vanta di poter reperire documenti falsi (che avrebbe dato al capoclan latitante e con i quali egli stesso sarebbe andato in Albania), il pasticcere Candiloro sarebbe in grado di trovare «armi da fuoco illegali» e anche «una Magnum 45 e due calibro 9 che riferiva di aver già testato». Nota a margine: le ultime due pistole sono dello stesso calibro utilizzato per l’omicidio di Marcello Bruzzese. (p.petrasso@corrierecal.it

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