CATANZARO Austerità, sobrietà, economicità e divieto di uso a fini politici. Per evitare le distorsioni del passato, produttive anche di sprechi di fondi pubblici senza alcuna attinenza all’interesse dell’amministrazione, la Giunta regionale stringe le “maglie” delle “spese di rappresentanza” approvando un disciplinare che colma anche una lacuna normativa.
In linea generale, nella delibera di approvazione, proposta dall’assessore all’Organizzazione Filippo Pietropaolo, si premette che «la Giunta regionale, nell’esercizio delle proprie funzioni istituzionali, svolge attività di rappresentanza connessa all’esigenza di mantenere alto il prestigio della Regione e suscitare su di essa, sulle sue iniziative e sui suoi obiettivi di intervento l’attenzione e l’interesse degli stakeholders istituzionali e dell’opinione pubblica». E quindi si specifica che «non esistendo, nell’attuale quadro normativo, disposizioni specifiche che indichino i presupposti che devono sussistere perché, nelle varie fattispecie concrete, le spese erogate da una pubblica amministrazione possano correttamente ricondursi alla categoria delle “spese di rappresentanza”, è necessario rifarsi ai principi dettati in materia dalla più recente giurisprudenza contabile che ha delineato i tratti identificativi delle spese di rappresentanza», precisando che «le spese di rappresentanza devono essere sostenute nel rispetto dei principi dell’inerenza, ufficialità, congruità e non devono essere in contrasto con il principio di imparzialità e buon andamento della Pa di cui all’articolo 97 della Costituzione e devono rispettare i valori di efficacia, efficienza, economicità di cui alla legge 241/90 e smi, oltre ai principi della trasparenza e proporzionalità». La delibera di Giunta ricorda poi che «l’amministrazione regionale, al fine di dimostrare una sempre maggiore trasparenza e correttezza e allo scopo di conseguire una gestione finanziaria sempre più sana, ha ravvisato l’opportunità e la necessità di revisionare e codificare in un disciplinare la categoria delle spese di rappresentanza e di altre tipologie di spese diverse da quelle di rappresentanza, nell’intento di perseguire il rispetto dei principi e dei criteri desunti dalla giurisprudenza della Corte dei Conti. Tale disciplinare, apprestando una disciplina generale e astratta, vale a conferire alle relative procedure trasparenza e conoscibilità, giacché l’ente pubblico è tenuto ad effettuare spese di rappresentanza non sulla base di particolari valutazioni operate volta per volta, bensì partendo da obiettivi criteri predeterminati, in via generale, con riferimento ai fini specifici dell’amministrazione».
Il disciplinare della Regione – in tutto sei articoli – dispone anzitutto che «per spese di rappresentanza si intendono quelle spese correlate a situazioni ufficiali, connotate da eccezionalità, che hanno la specifica funzione di mantenere o incrementare il prestigio istituzionale esterno della Regione, inteso quale elevata considerazione, anche sul piano formale, del suo ruolo e della sua immagine nel contesto sociale, interno ed internazionale, per il miglior perseguimento dei suoi fini istituzionali (carattere dell’inerenza); nonché dirette a finanziare manifestazioni della pubblica amministrazione idonee ad attrarre l’interesse di ambienti e soggetti qualificati o dei cittadini amministrati, per il migliore perseguimento dei propri fini istituzionali e per i vantaggi che, ad esso o alla comunità amministrata derivano dall’essere conosciuto e apprezzato nella propria attività di perseguimento del pubblico interesse (carattere dell’ufficialità)». Le spese disposte – è previsto – «devono essere rigorosamente documentate e motivate con esplicita individuazione dell’interesse istituzionale perseguito, del rapporto/collegamento tra l’attività dell’ente e la spesa sostenuta, della qualificazione del soggetto destinatario, che dev’essere deve essere un soggetto esterno rappresentativo dell’organo di appartenenza». E ancora «non sono considerate valide spese di rappresentanza, tra le varie, le spese destinate non a fini promozionali dell’ente, le spese destinate a fini promozionali dei singoli amministratori, le spese non inerenti ai propri fini istituzionali, le spese prive del requisito della eccezionalità, le spese non riconducibili agli organi di vertice (istituzionalmente rappresentativi: il presidente, il vicepresidente e gli assessori), le spese destinate ai propri dipendenti o amministratori, le spese relative all’attività politica». Nel disciplinare si indicano anche le principali tipologie di spese di rappresentanza, come quelle per ristorazione, gemellaggi, ospitalità, omaggi, necrologi, pubbliche relazioni, funzionamento, convegni e mostre e pubblicità: ammissibili con i limiti di cui sopra, vale a dire inerenza, ufficialità, congruità. (redazione@corrierecal.it)
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