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Mariangela Sicilia, archeologa e soprano. «Ho iniziato cantando Mina nelle piazze in Calabria»

Da Marzi alla grande opera, l’artista si racconta al “Corriere della Sera”. «In paese c’era uno di tutto, io sognavo quello che sto facendo»

Pubblicato il: 15/08/2023 – 18:01
Mariangela Sicilia, archeologa e soprano. «Ho iniziato cantando Mina nelle piazze in Calabria»

COSENZA «Da piccola cantavo Mina nelle piazze ai concorsi calabresi locali. Quando sono passata alla lirica, mi è capitato di cantare a un matrimonio ortodosso albanese. Con la lirica è stato un approccio graduale. Ascoltavo i vinili di mio nonno dei cori verdiani. Dopo il Conservatorio ho avuto come insegnanti Carmela Remigio e Leone Magiera, il pianista che era legato a Pavarotti». La storia di Mariangela Sicilia come cantante d’opera è strana, tutto fuorché lineare. Iniziata con le canzoni di Mina e proseguita con gli scavi archeologici. Lo racconta, in un’intervista, al Corriere della Sera. E ricorda le sue origini: è nata a Marzi, piccolo centro di 900 abitanti nel Savuto, a venti minuti da Cosenza. Terra di talenti, con tutta evidenza, visto che ha dato i natali a Mauro Fiore, premio Oscar per la fotografia di «Avatar», e al nonno dell’attore Stanley Tucci. Della vita in paese Mariangela Sicilia ricorda che «c’era uno di tutto, il negozio di alimentari, il bar. L’unica nota di colore erano i bottoni della merceria. Io fantasticavo guardando le stelle dalla mia stanza. Sognavo quello che sto facendo».

La sua carriera operistica pare aver spiccato il volo. Tre i ruoli da protagonista segnalati dal Corriere: «La Juive» di Halévy con cui il 21 settembre aprirà la stagione del Regio di Torino; il 24 ottobre come Donna Elvira nel «Don Giovanni» di Mozart che Riccardo Muti riprende al Massimo di Palermo; «La Rondine» di Puccini il 4 aprile alla Scala, diretta da Riccardo Chailly. Grandi impegni in arrivo, ma cosa c’entra l’archeologia con l’opera? «Durante il Covid – spiega Mariangela – non avevo niente da fare e mi sono iscritta ad Archeologia. Sono laureanda. Ma già a fine liceo costruii il piano B, se le cose non fossero andate bene in musica, studiando restauro. Ora faccio gli scavi al Palatino. Fino a 13 metri in profondità. Mi alzo alle cinque del mattino, che è l’ora in cui noi cantanti andiamo a letto dopo la recita, e vado. Ho trovato il bucchero, che è una ceramica etrusca, e diversi cocci di cui rilevo l’epoca. Mi appassiona lo studio dell’acustica dei teatri antichi, l’amplificazione naturale. Così penso a cosa ci hanno lasciato e cosa dimentichiamo. In Italia mi piacerebbe che l’opera venisse vista per l’importanza che ha avuto, e non essere considerata come una cosa vecchia e ristagnante. È una battaglia che nasce a scuola, ricordo quanto penai con i professori per il fatto che secondo me Da Ponte e altri librettisti dovrebbero avere lo stesso rispetto dei poeti».

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