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Procedure di dissesto e di riequilibrio, a livelli record la «fragilità strutturale» dei Comuni della Calabria

Dal 1989 al 2022 oltre la metà degli enti locali della regione ha attivato i meccanismi determinati dalle criticità finanziarie e contabili

Pubblicato il: 15/08/2023 – 7:03
Procedure di dissesto e di riequilibrio, a livelli record la «fragilità strutturale» dei Comuni della Calabria

CATANZARO Dal 1989 al 2022 sono stati 307 i Comuni della Calabria che hanno attivato procedure di dissesto o di riequilibrio finanziario: si tratta in termini percentuali del più alto numero in tutt’Italia, visto che in fenomeno ha coinvolto il 51% degli enti locali nella regione. Il dato emerge dalla relazione annuale della Corte dei Conti sulla gestione finanziaria degli enti locali, relazione che si sofferma anche sulle criticità finanziarie dei Comuni.

La dinamica del fenomeno

Secondo la Corte dei Conti «anche il 2022 registra una forte dinamica del fenomeno. Dal 1° gennaio al 31 dicembre hanno deliberato la dichiarazione di dissesto o attivato una procedura di riequilibrio finanziario pluriennale 70 Comuni (44 nuovi riequilibri e 26 nuovi dissesti). La dinamica del fenomeno è diventata più sostenuta, a partire dal 2012, anno di introduzione della procedura di riequilibrio nell’ordinamento, fattispecie individuata dal legislatore per limitare la ripresa dei dissesti finanziari di molti Comuni, alimentati dalla grande crisi finanziaria e dalle conseguenti manovre restrittive sul comparto che hanno caratterizzato la politica fiscale fino al 2017. Altro elemento che ha scoperto disequilibri finanziari è stata l’entrata a regime, nel 2015, della nuova contabilità armonizzata che, con i nuovi accantonamenti obbligatori, ha inciso significativamente le possibilità elusive del decisore locale e, richiedendo una serie di accantonamenti, ha messo in tensione i bilanci degli enti». Nella relazione i giudici contabili osservano che «la criticità finanziaria, come è stato più volte rilevato nei precedenti referti, ha una forte connotazione territoriale. Si può affermare che in tre Regioni italiane, Sicilia, Calabria e Campania (la prima a statuto speciale e le altre due a statuto ordinario), il fenomeno presenta caratteristiche strutturali, che investono la tenuta stessa del sistema multilivello. In altre Regioni del Centro-sud rileva soprattutto perché coinvolge molte città e centri di grandi dimensioni. Nel resto del paese è un fenomeno marginale».

I dati nelle Regioni del Sud

Nel dettaglio analizzando le tabelle utilizzate dalla Corte dei Conti si nota che «le procedure attivate dal 1989 (anno di istituzione del dissesto finanziario) e dal 2012, (anno di introduzione della procedura di riequilibrio) sono, al 31 dicembre 2022, 1.243 (732 dissesti e 511 riequilibri), di cui 931 riguardano Comuni. La significativa differenza è dovuta alla reiterazione dei dissesti e soprattutto alla forte intersezione tra le due procedure (per vari motivi, come è noto, una quota rilevante delle procedure di riequilibrio degenera nel dissesto)». Risalta – proseguono i giudici contabili – «l’incisività differenziata del fenomeno a livello territoriale. Il valore medio nazionale è del 12%. Nelle tre Regioni prima richiamate la strutturalità emerge con evidenza: in Calabria il 51% dei Comuni ha attivato una delle due procedure contro lo squilibrio finanziario, in Campania il 36% e in Sicilia il 35%. Le altre quattro Regioni, in cui il fenomeno ha assunto un certo rilievo, sono la Puglia (28%), il Molise (24%), la Basilicata (23%) e il Lazio (21%), con una forte accelerazione dei casi di criticità finanziaria in quest’ultima Regione. Nel resto dei territori è un problema marginale». Va poi segnalato l’elevato numero di Città del Meridione interessate da procedure di criticità finanziaria. nel 2022 all’elenco già lungo – ricorda la Corte dei Conti – si è a esempio aggiunta Cosenza che, in presenza di un dissesto ancora aperto ha attivato una procedura di riequilibrio.

I dissesti attivati

La ripartizione territoriale dei dissesti attivati nel quinquennio 2018 – 2022 – spiega quindi la Corte dei Conti – «conferma la prevalenza delle tre Regioni meridionali. Il primato spetta alla Sicilia, con 44 casi, distribuiti in modo uniforme negli anni (9 casi nel 2018, 8 nel 2019, 9 nel 2020, 8 nel 2021 e 10 nel 2022). In seconda posizione, la Regione Calabria, con 35 casi (8 casi nel 2018, 9 nel 2019, 7 nel 2020, 8 nel 2021 e solo 3 nel 2022). La Campania, con 32 dissesti, si colloca al terzo posto (6 casi nel 2018, ben 11 nel 2019, 5 casi nel 2020, 4 casi nel 2021 e 6 casi nel 2022). Queste tre Regioni assorbono poco meno dell’80% dei dissesti attivati tra il 2018 e il 2022». Anche per le procedure di riequilibrio, attivate nel 2012, per i giudici contabili «è interessante evidenziare gli andamenti temporali, territoriali e dimensionali… Dal punto di vista territoriale, come nel caso del dissesto, si assiste a una forte concentrazione del fenomeno in alcune Regioni meridionali. La prima posizione della graduatoria regionale è della Sicilia (47 casi), seguita dalla Campania (45) e dalla Calabria (36). In quarta posizione, la Regione Lazio, con 33 Comuni coinvolti, di cui 15 registrati nell’ultimo biennio». Altri dati. «Al 31 dicembre 2022 – prosegue la relazione –  ben 160 delle 510 procedure di riequilibrio attivate negli anni, pari al 31,3%, sono fallite ed è stato deliberato il dissesto. Le ragioni previste dalla normativa vigente sono molteplici: mancata presentazione del Piano, bocciatura della Sezione regionale, mancato raggiungimento degli obiettivi intermedi. Ma nella prassi molte dichiarazioni di dissesto sono avvenute in fase istruttoria che, con la sua lunghezza, contribuisce ad aggravare lo squilibrio dell’ente…. La localizzazione territoriale dei fallimenti è quasi tutta nel meridione: solo 22 procedure sulle 160 indicate sono state attivate in Regioni del Centro e del Nord (il 13,7%). Si registrano 47 fallimenti in Sicilia, 30 in Campania e 44 in Calabria».

Le lacune dell’impianto normativo

Ma la Corte dei Conti non si limita a un’analisi statistica del fenomeno. «Solo 16 Comuni del Sud (il 34,0%) hanno chiuso la procedura di riequilibrio (in molti casi senza conseguire, peraltro, un effettivo ritorno in bonis). In altre parole, nelle Regioni dove il fenomeno ha caratteristiche strutturali, solo pochissimi Comuni riescono a trovare nella procedura di riequilibrio lo strumento per riacquisire l’equilibrio del bilancio, mentre in quelle in cui è marginale le procedure si chiudono in molti casi anticipatamente. Un chiaro segnale del fallimento dell’attuale impianto normativo e della necessità di riformarlo». Per i giudici contabili «la procedura del dissesto, risalente ed oggetto di molteplici interventi di manutenzione, mostra i suoi limiti comportando un procedimento farraginoso e presentando vari aspetti critici quali: il dualismo tra Osl e decisore che resta in carica per gestire il bilancio riequilibrato, l’opacità dei confini tra Osl e amministrazione ordinaria (rispetto al tempo e alla ripartizione), l’aleatorietà della massa attiva (residui attivi inconsistenti), la rilevanza delle partite passive trasferite al Comune in bonis, che spesso lo fanno ripiombare nella criticità (il rendiconto di gestione rende il Comune nuovamente aggredibile). Altre incongruenze derivano dal fatto che la procedura mutuata sul fallimento viene applicata ad enti che non possono fallire, trascinando il percorso di risanamento in un periodo di durata eccessiva. Tutte queste vicende dimostrano l’esigenza di uno studio approfondito per rivedere e razionalizzare l’intera disciplina del Titolo VIII del Tuel, nell’intento di semplificare la complessa normativa oggetto di stratificazioni successive e di risolvere il tema di fondo della inefficacia delle procedure a fronte di situazioni di conclamata fragilità strutturale dell’ente». (c. a.)

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