Sebbene nel 2023 il Mezzogiorno sia destinato a rimanere la ripartizione geografica che in Italia registrerà l’aumento del Pil più contenuto (+1 per cento circa rispetto al +1,1 nel Centro e al +1,2 per cento circa nel Nord), lo stesso, comunque, supererà quello della Francia (+0,8 per cento) e, in particolar modo, della Germania (-0,3 per cento) che ormai è in piena recessione tecnica. Se calcoliamo la media semplice del tasso di crescita di Parigi e Berlino, il risultato si attesta al +0,25 per cento; ciò implica che anche il nostro Sud crescerà quattro volte più di Francia e Germania messe assieme. Lo sottolinea l’Ufficio studi della Cgia. Ancorché questo confronto sia un semplice caso di scuola, possiamo comunque affermare con soddisfazione che ci troviamo di fronte alla rivincita degli ”ultimi”. Insomma, non siamo più l’ultima ruota del carro europeo e sebbene il rallentamento dell’economia in corso quest’anno stia investendo tutta Europa, l’Italia si sta difendendo meglio degli altri, anche per merito del Sud. Ma c’è dell’altro. Persino il Regno Unito rimarrà alle nostre spalle; nella classifica della crescita economica relativa al 2023 dovrebbe fermarsi al +0,4 per cento. Un risultato storico che dimostra come il Belpaese e in particolar modo il Mezzogiorno abbiano superato meglio dei nostri principali competitor gli effetti negativi provocati dalla pandemia, dalla crisi energetica e dal boom dell’inflazione
Secondo l’Ufficio studi della Cgia, il ”riscatto” del Sud e in generale del nostro Paese è ascrivibile ad almeno tre fenomeni. Il primo riguarda l’entità degli aiuti messi in campo dagli ultimi esecutivi per fronteggiare a livello nazionale la crisi pandemica e gli effetti del caro-energia. Tra ristori, contributi a fondo perduto, cassa integrazione, bonus economici, assunzioni nella sanità, etc., tra il 2020 e il 2022 sono stati erogati almeno 180 miliardi di euro. A questi vanno aggiunti altri 91 miliardi che nel 2022-2023 sono serviti a mitigare i rincari delle bollette di luce e gas. In buona sostanza, in quest’ultimo quadriennio lo Stato ha erogato oltre 270 miliardi di euro che sono riusciti, in buona parte, ad ”anestetizzare” le difficoltà economiche ”piovute” addosso agli italiani in questo inizio di decennio. Il secondo, invece, riguarda la ripresa dei consumi delle famiglie e quella degli investimenti nelle costruzioni che, nel biennio 2021-2022, hanno interessato soprattutto il Mezzogiorno. Il terzo, infine, è riconducibile al forte aumento degli investimenti fissi lordi avvenuto nel Sud che, grazie anche alle risorse messe a disposizione dal Pnrr, ha interessato, in particolar modo, il comparto delle costruzioni. Nonostante i segnali positivi appena richiamati, la situazione generale del Sud rimane ancora critica. Come nel resto del Paese è in atto un forte rallentamento dell’economia che, a causa dell’inflazione e del conseguente aumento dei tassi di interesse deciso dalla Bce, potrebbe spingerci verso un autunno pieno di insidie. Non dimentichiamoci, inoltre, che le criticità che da sempre affliggono il Mezzogiorno sono ancora in attesa di una soluzione. Il tasso di disoccupazione, soprattutto giovanile e femminile, rimane molto elevato, il livello di povertà ed esclusione sociale è preoccupante, il deficit infrastrutturale costituisce un ostacolo allo sviluppo e l’efficienza della Pubblica Amministrazione è tra le peggiori d’Europa. Tuttavia, i segnali in grado di dar corpo a una svolta ci sono e potrebbero consolidarsi se nei prossimi tre anni riusciremo a spendere bene tutte le risorse che il Pnrr ha destinato al Mezzogiorno. Tra il 2019 (anno pre-pandemico) e il 2023, il nostro Paese ha registrato un livello di crescita nettamente superiore a quello registrato dai principali paesi europei nostri competitor. Se dal confronto la crescita del Pil in Italia è aumentata del 2,1 per cento, in Francia si è attestata al +1,2 per cento, mentre in Germania è stata solo del +0,3 per cento. Anche il Regno Unito, sebbene non sia più in Ue, può contare su un differenziale di crescita risibile pari al +0,1 per cento. Ancorché le distanze tra le nostre regioni siano ”millimetriche”, nel 2023 a trainare la crescita del Pil sarà la Lombardia con una previsione di crescita del +1,29 per cento. Seguono il Veneto con il +1,24 per cento, il Trentino Alto Adige con il +1,23 per cento, il Lazio con il +1,18 per cento e il Piemonte-Valle d’Aosta con il +1,17 per cento. Chiudono la graduatoria la Campania con il +0,86 per cento, il Molise con il +0,84 per cento e, infine, la Basilicata con il +0,82 per cento. Le regioni che non hanno ancora recuperato il crollo del Pil avvenuto nel 2020 (anno dello ”scoppio” della pandemia) sono la Calabria con un differenziale negativo rispetto al 2019 dello 0,25, il Molise dello 0,83, la Valle d’Aosta dello 0,88, la Liguria del 2,02 e, in particolar modo, la Toscana che deve ancora ”riconquistare” ben 3,22 punti di Pil. A livello provinciale, invece, guida la graduatoria della crescita 2023 Ascoli Piceno con un incremento del valore aggiunto rispetto all’anno scorso del 2,10 per cento. Seguono Milano con il +1,86 per cento, Venezia e Trapani entrambe con il +1,85 per cento, Sondrio con il +1,81 per cento e Verona con il +1,76 per cento. In coda, invece, scorgiamo al terzultimo posto Macerata con il +0,25 per cento, al penultimo Vibo Valentia con +0,07 per cento e, infine, Gorizia con il +0,04 per cento.
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