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i soldi dei clan

Le truffe finanziarie del clan Grande Aracri in Germania. «Un funzionario della Deutsche Bank ci avrebbe favorito»

Il pentito Colosimo e le acquisizioni societarie della ‘Ndrangheta al Nord: «Servono per aprire linee di credito in Europa. I soldi poi vengono riciclati da asiatici in lingotti d’oro o auto»

Pubblicato il: 19/08/2023 – 14:37
di Pablo Petrasso
Le truffe finanziarie del clan Grande Aracri in Germania. «Un funzionario della Deutsche Bank ci avrebbe favorito»

CROTONE Arrivato appena ventenne negli anni 90 da Cropani, Massimo Colosimo inizia a lavorare in provincia di Parma come tassista. La sua indole, però, non è improntata alla pazienza. Cerca soldi facili: si dà alle truffe finanziarie e conosce Michele Bolognino, uomo dei clan crotonesi in Emilia Romagna. L’incontro avviene tra il 2011 e il 2012. A quei tempi Bolognino è uno dei punti di riferimento al Nord sia per i Papaniciari («in Emilia Bolognino dava conto anche ai Megna», spiega Colosimo) che per i Grande Aracri. Colosimo diventa il suo factotum: partecipa agli affari della ‘Ndrangheta nel campo imprenditoriale e del narcotraffico.

L’acquisizione di società per aprire linee di credito in Germania

Oggi è un collaboratore di giustizia che, nel corso di un interrogatorio del settembre 2020, permette «di analizzare, in maniera completamente diversa dal solito, alcune vicende legate all’acquisizione di società da parte di strutture di ‘Ndrangheta». Il virgolettato è dei magistrati della Dda di Catanzaro che hanno condotto l’inchiesta Glicine-Acheronte, Domenico Guarascio e Paolo Sirleo. «Avevamo sempre evidenziato – scrivono i pm nella richiesta di misure cautelari – le circostanze legate alle acquisizioni societarie da parte della ‘ndrangheta, come mezzo per riciclare il denaro derivante da operazioni illecite». Le parole di Colosimo offrono «una nuova lettura, con una diversa analisi del fenomeno». L’ex tassista di Cropani racconta «una vicenda legata all’acquisizione, da parte delle cosche di ‘ndrangheta Grande Aracri e Trapasso, di una società con sede in Veneto». A cena in un ristorante del Parmense assieme a Salvatore Grande Aracri (nipote del boss Nicolino), Sergio Bolognino (considerato ai vertici del clan al Nord) e altri, Colosimo ascolta gli invitati discutere dell’acquisizione di quella società. E viene «a sapere dalla viva voce dei protagonisti, che la società che volevano acquisire, doveva essere utilizzata per aprire delle linee di credito con istituti bancari tedeschi, attraverso la mediazione di alcuni direttori di banca tedeschi». Così facendo, la cosca avrebbe aperto linee di credito che avrebbero permesso «il prelievo, in banche estere e con la complicità di direttori di banca compiacenti, di ingenti capitali freschi che poi venivano trasferiti materialmente in Italia e che, attraverso soggetti asiatici», sarebbero stati «barattati con lingotti d’oro o reimmessi nel mercato lecito attraverso l’acquisto di autovetture».

I contatti di Grande Aracri con i direttori di banca tedeschi

La ‘Ndrangheta, dunque, non avrebbe “puntato” società al Nord soltanto per il classico riciclaggio, ma le avrebbe utilizzate per spostare in Germania la circolazione del contante. Salvatore Grande Aracri avrebbe anche prospettato a Colosimo la possibilità «di utilizzare sue società per entrare nel sistema delle linee di credito» e avrebbe fornito al socio «documentazione con la quale poteva interloquire direttamente con direttori di istituti di credito tedeschi». Altro business finanziario all’estero sarebbe stato messo in opera da Sergio Bolognino e Alfonso Diletto, altro membro del clan. I due, secondo quanto riferisce il collaboratore di giustizia sarebbero riusciti a farsi accreditare «grosse somme di danaro impegnando, come una sorta di fideiussione, macchinari di società a loro riconducibili. La “particolarità” era dettata dal fatto che i macchinari dati in pegno erano provento di truffe “carosello” poste in essere nei confronti di altre società».

«I commercialisti indicavano a Bolognino le società bisognose di liquidità»

«Sergio Bolognino – rivela Colosimo ai magistrati antimafia – ha effettuato grossi investimenti nel Nord Italia, per conto delle cosche cutresi. Soprattutto nel Veneto, era capace di rilevare grosse aziende in fallimento, immettendo la liquidità necessaria e diventandone socio». In Veneto, quello che viene ritenuto uno dei capi del clan «gode – sono sempre parole del pentito – di ottime conoscenze, fra cui quelle di commercialisti che gli indicano le società bisognose di liquidità finanziaria e però capaci di avere degli investimenti sul mercato».
L’intento di Bolognino, sarebbe stato «quello di rilevare tale azienda, operante nel settore elettrico ma, quel che è più importante, utilizzarla come società garante nell’aperture di linee di credito accese presso istituti bancari tedeschi». Colosimo non ricorda i nomi dei contatti tedeschi citati da Salvatore Grande Aracri. Evidenza, però, «che l’intento di Bolognino e Salvatore Grande Aracri, era quello di creare l’apertura di linee di credito garantite da società» che, «anche se potevano apparire capienti come magazzino, versavano in realtà in grosse difficoltà finanziarie. Salvatore mi spiegò che, per il tramite di fidejussioni falsamente garantite, e grazie alla compiacenza di direttori di banca in Germania, si potevano aprire delle linee di credito, ottenere immediatamente il prelievo di contanti con banconote di grosso taglio e trasportarli in Italia. Qui i cutresi e Bolognino avevano la disponibilità di una rete di soggetti asiatici che, ottenuti i contanti di grosso taglio, li intermediavano attraverso l’acquisto di grosse autovetture o attraverso la fornitura di lingotti d’oro».

«Mi fornirono l’elenco delle banche tedesche disponibili»

Grande Aracri avrebbe fornito a Colosimo «della documentazione, anche per il tramite di posta elettronica, dove sono indicati i nominativi degli istituti di credito ove recarci, in Germania, dove i direttori ci avrebbero favorito. (…) Una di queste banche ricordo essere la Deutsche Bank». Anche in Bulgaria Bolognino, questa volta assieme a Diletto, avrebbe operato «truffe finanziarie e investimenti illeciti all’estero».
«In Bulgaria – riferisce il pentito – avevano a disposizione istituti finanziari che, offrendogli in pegno macchinari in Italia, erano capaci di anticipare grosse somme. Fin qui nulla di illegale, se non per il fatto che i macchinari e le aziende utilizzate, come le mie, erano in realtà falsamente dotate (di quei macchinari, ndr), o per il tramite di fatturazioni di magazzino false, o perché i macchinari posti in pegno erano, in realtà a loro volta, provento di truffe ossia di ordinativi non pagati». (p.petrasso@corrierecal.it)

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