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Cicco Simonetta, padrone di Milano

Esistono tante “Via Simonetta”. A Milano, a Catanzaro, a Caccuri, per esempio. Simonetta chi?È la storia di un uomo la cui vita fu segnata da un castello. Anzi, da due castelli. Quello da dove par…

Pubblicato il: 21/08/2023 – 8:39
di Bruno Gemelli
Cicco Simonetta, padrone di Milano

Esistono tante “Via Simonetta”. A Milano, a Catanzaro, a Caccuri, per esempio. Simonetta chi?
È la storia di un uomo la cui vita fu segnata da un castello. Anzi, da due castelli. Quello da dove partì e quello, a oltre mille chilometri di distanza, dove perì tragicamente. La vicenda di Francesco (detto Cicco e Cecco) Simonetta si colloca tra il XIV e il XV secolo e prende l’avvio a Caccuri, piccolo centro del Marchesato. Il paese, posto a 663 metri sul livello del mare con circa 1.800 abitanti, è appollaiato su una rupe che guarda a est le vallate del Tacina e del Neto verso il Jonio e a ovest verso i primi contrafforti della Sila.
Arrampicandosi per le viuzze pulite del paese si arriva in un sentiero di pietre che ha sostituito il vecchio ponte levatoio, superando il quale si entra nel primo portale che conduce al castello. Due cortili comunicanti introducono nella doppia rampa di scale munite di portico che fanno guadagnare l’ingresso al maniero. Nel secondo cortile, di fronte all’ingresso, c’è il portale che conduce alla cappella. Detto in pillole: il castello, realizzato sulla rupe intorno al IV secolo dove pare esistesse già un presidio bizantino, appartenne alla famiglia Ruffo che possedeva le vaste terre del Marchesato.
Nel 1418 Polissena Ruffo sposò Francesco Primo Sforza al quale portò in dote il castello di Caccuri. Questo matrimonio rappresentò la prima saldatura tra il potere del Sud rappresentato dai Ruffo e il potere del Nord rappresentato dagli Sforza. Polissena Sforza si trasferì poi alla corte di Milano seguita dal caccurese Cicco Simonetta (1410-1480) che divenne un famoso uomo politico per l’incarico che ebbe di segretario del duca di Milano Francesco Sforza e, alla morte di questi, fiero avversario del figlio Ludovico il Moro nel suo tentativo di usurpazione del ducato ai danni del fratello prima e del nipote dopo. Quando il Moro riuscì nel suo intento, lo accusò di molti crimini e lo fece decapitare sul rivellino del castello di Pavia. Ecco i due castelli che segnarono il destino del Simonetta di cui scrisse il Machiavelli nel XVIII capitolo delle Istorie Fiorentine: ‘…messer Cecco, uomo per prudenza e per lunga pratica eccellentissimo…’ “.
Il sodalizio Ruffo-Sforza ad un certo punto si ruppe e il castello di Caccuri ritornò pienamente ai Ruffo che lo tennero sino al 1500. La struttura passò poi ad altre famiglie, tra le quali gli Spinelli e i Cavalcanti (1600-1700), questi ultimi pare avessero discendenze senesi. La presenza nel castello di stemmi fregiati di giglio richiamano i Cavalcante toscani. Intorno al 1800 assume la proprietà del castello e delle terre circostanti la famiglia Barracco.
Torniamo a Cicco Simonetta. Per Paolo Colussi, che gli ha dedicato uno studio particolareggiato, divenne il capro espiatorio di Ludovico il Moro. Scrive Colussi: «Dell’infanzia di Cicco Simonetta sappiamo pochissimo. Nasce forse nel 1410 (la data non è certa) a Caccuri sulle pendici della Sila, vicino al lago Ampollino. Anche il luogo di nascita è incerto, nel firmare talvolta Cicco si intitolerà “di Rossano” oppure “di Policastro”, probabili luoghi di origine della sua famiglia. Già dal 1418 o poco più tardi (nel 1421), giovanissimo, Cicco entra al servizio dello Sforza, ingaggiato dallo zio Angelo assieme ai suoi due fratelli Andrea e Giovanni. Degli altri due suoi fratelli – Matteo e Cassandra – non sappiamo invece nulla. L’educazione di Cicco è molto curata. Studia con i padri Basiliani, impara il greco e l’ebraico. Più tardi darà prova di conoscere anche lo spagnolo, il tedesco e il francese. Si laurea in diritto civile e canonico, probabilmente a Napoli. Difficile capire il suo ruolo a fianco dello Sforza in questi primi anni, nei quali il grande condottiero, ormai divenuto capo delle milizie del padre (morto nel 1424) si destreggia tra le diverse leghe (viscontee e antiviscontee) che si alternano seguendo le sconvolgenti e tortuose alchimie politiche di Filippo Maria Visconti».

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