COSENZA La replica al “cervello in fuga” arriva da un altro laureato che ha, invece, scelto di restare in Calabria. Botta e risposta molto cordiale sulle colonne virtuali del Fatto Quotidiano tra Renato Umeton (il “cervello in fuga”) e Andrea Ricca, laureato Unical che ha fatto la scelta di rimanere. I due sono anche amici d’infanzia, ricorda Ricca. Che racconta come la possibilità di formarsi nel nostro Paese per aiutare i progetti usa sia «uno dei tratti distintivi del sistema Italia: la generosità. Viceversa negli Stati Uniti la disuguaglianza e la discriminazione sono istituzionalizzate nelle scuole e nella sanità e derivano ab origine. In un sistema siffatto, il merito non significa un sistema più giusto, ma cela enormi contraddizioni e ingiustizie. Inoltre, dopo la laurea, tutti competono per accaparrarsi i talenti migliori, dici tu (utilizzano i talenti migliori, dico io) offrendo stipendi sempre più alti: ma per cosa? Per una ricerca orientata ad interessi di parte. In Italia, invece, si preferisce incentivare la libertà di ricerca orientata all’interesse di tutti, come recita l’art. 33 della nostra Costituzione, garantendo i principi di trasparenza e indipendenza».
È la difesa di un sistema, quello italiano, basato su «valori più profondi come la passione, la dedizione, l’altruismo, l’empatia. Sentimenti che riscontro quotidianamente in Calabria unitamente ad esperienze lavorative significative come ingegnere, dopo un ottimo Dottorato di Ricerca conseguito presso l’Università della Calabria e un Master di II livello in Governo del Territorio. L’Italia, in particolare la Calabria, non è solo imbattibile per le vacanze, come riferisci tu; è straordinaria ogni giorno: si può lavorare in edifici storico-artistici con affreschi e vista sul centro storico, come palazzo Arnone a Cosenza, o in costruzioni moderne come la cittadella regionale a Catanzaro, o aprire una finestra dagli uffici del Comune di Tropea e ammirare il santuario di S. Maria dell’Isola che sorge su uno scoglio». In Calabria, spiega Ricca, «è possibile dirigere un cantiere ed emozionarsi nel rinvenire aree e reperti archeologici simboli di storia, cultura e tradizione risalenti a migliaia di anni fa, quando in America c’erano ancora gli indigeni, oppure contribuire, mediante la progettazione di opere di mitigazione dei fenomeni di dissesto idrogeologico, a conservare e valorizzare il patrimonio culturale e ambientale più grande al mondo, che è la vera ricchezza dell’umanità di oggi e delle future generazioni. Per questo, sono felice di aver deciso di restare (nel senso di restanza) e mi dispiace un po’ che tu non abbia avuto, pur avendo tentato, la mia stessa fortuna». (redazione@corrierecal.it)
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