Lo schema è apparso chiaro, per la prima volta, in alcune tra le più recenti inchieste antimafia. E come al solito è stato scoperto quasi per caso, per via di un cittadino cinese fermato a un posto di blocco in periferia con centinaia di migliaia di euro nel bagagliaio. Le verifiche hanno mostrato le relazioni con la ‘ndrangheta e dopo gli approfondimenti investigativi è apparso lo schema. In cambio del cash – ricostruisce un’inchiesta di Repubblica –, gli uomini del clan bonificano lo stesso importo, con l’aggiunta di una percentuale di commissione, ad aziende di Hong Kong o a Shanghai. Il tutto giustificato da fatture false per importazioni di beni.
L’INCHIESTA
Questo canale occulto funziona anche all’inverso, cioè per inviare le somme ai cartelli sudamericani e garantire il pagamento espresso per i carichi di droga approdati nei porti europei. La ‘ndrangheta, di solito pronta a “sposare” le innovazioni per fare business, questa volta si serve di un sistema antico, che torna utile proprio perché basato sul contante. È il “fei ch’ien” ossia il “denaro volante”, unica maniera di mandare i soldi a casa per gli emigrati senza documenti. Ora serve a saldare i conti tra trafficanti di cocaina. Il procuratore nazionale antimafia Gianni Melillo lo ha spiegato così: «In questa dimensione, un potente sistema bancario parallelo e clandestino gestisce dalla rete il volume degli scambi commerciali, il che consente a ogni attore di manovrare le proprie scelte finanziarie, superando le difficoltà e i costi del trasferimento transfrontaliero del denaro».
La tradizione si sposa con le nuove tecnologie. Il sistema per lo scambio del contante è semplice: alla consegna si esibisce una banconota con un determinato numero di serie, poi si contano i soldi e si scrive il totale sulla stessa banconota. A quel punto la si fotografa con il cellulare e si invia l’immagine al committente per chiudere la trattative. La tecnologia compare nelle comunicazioni che avvengono attraverso telefonini criptati. Le polizie europee sono riuscite a bucare i server SkyEcc, aprendo alle Procure un mondo. Repubblica cita le chat tra Francesco Giorgi di San Luca e il suo compaesano Paolo Pellicano su come trasferire i guadagni del narcotraffico: i due rivelano che la commissione è soltanto dell’1 per cento. Giorgi però avverte che a Roma «i cinesi non prendono più di un milione alla volta».
Lucio Aquino, invece, avrebbe organizzato la consegna di un milione a Roma per conto degli ‘ndraghetisti e fornisce il numero del “token”, la banconota di riconoscimento. Ma il suo emissario lo avverte: «Il cinese si è avvicinato con i cinque euro ma non combaciano». È solo un equivoco, chiarito via chat: nello stesso posto c’era l’appuntamento anche con un gruppo di riciclatori napoletani, rimasti bloccati nel traffico. «Arrivano cinesi da tutte le parti…», è il commento di Aquino.
C’è un altro aspetto degli scambi che contribuiscono ad alimentare questo magma di contante. La Guardia di finanzia in Emilia Romagna ha individuato una catena di “cartiere”: ditte intestate o riconducibili a cittadini cinesi che emettono fatture false e smistano cash. «Due soli di questi gruppi – ricostruisce Repubblica – hanno sfornato documentazione per 127 milioni di euro, bonificando all’estero 45 milioni. Altri invece si lanciano su aziende in crisi: sottraggono i beni, le fanno fallire e cedono i crediti d’imposta». L’ultimo rapporto dell’Uif, l’Unità di informazione finanziaria di Bankitalia ha analizzato 62 operazioni sospette e fatto emergere una rete composta da 1.600 soggetti con un’operatività per 270 milioni di euro che mandano fondi verso le banche della Repubblica popolare. Poi entrano in scena i collettori: «In genere imprese di recente costituzione, nonostante ciò già cessate o in procinto di esserlo – scrivono i detective di via Nazionale – che talvolta rappresentano l’ultimo anello della catena dei trasferimenti, essendo beneficiarie del rientro in Italia delle somme fatte espatriare». Il cerchio si chiude così: «Le evidenze acquisite dimostrano frequenti scambi finanziari con nomi inclusi nella banca dati della procura antimafia».
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